HomeDonneGender gap e IA, superare bias e stereotipi con...

Gender gap e IA, superare bias e stereotipi con una maggiore presenza delle donne

di
Gian Maria Fara*

Tutte le rivoluzioni tecnologiche hanno portato con sé grandi cambiamenti e altrettanto grandi timori nei contemporanei che per primi le hanno conosciute. Anche quelle degli ultimi anni, in quanto il livello di conoscenza di cui siamo in possesso ha consentito la realizzazione di notevoli progressi scientifici e tecnologici in un intervallo di tempo relativamente breve se paragonato al passato, quando tali eventi si succedevano più lentamente, lasciando forse il tempo di metabolizzare quelle stesse rivoluzioni tecnologiche e dunque sociali, politiche, economiche. È accaduto con l’automazione del lavoro, e i timori per i lavori che sarebbero scomparsi con essa, per poi comprendere che ne sarebbero nati di nuovi, legati ai nuovi strumenti a disposizione. È accaduto, in tempi ancor più recenti con Internet, che ha radicalmente cambiato non solo il nostro modo di lavorare, ma il nostro modo di stare al mondo, il rapporto con la realtà e dunque la comunicazione, la politica, che oggi è racchiusa nei 280 caratteri della piattaforma un tempo conosciuta come Twitter. Oggi, il tempo di metabolizzare i cambiamenti si è decisamente ridotto, e con esso la capacità di comprenderne pienamente gli effetti sulla realtà.

Un italiano su tre ha una vaga idea di che cosa sia l’Intelligenza Artificiale e una quota simile afferma di non saperne nulla 

Quegli stessi timori di un tempo si riversano oggi sull’Intelligenza Artificiale, complice la scarsa conoscenza sull’argomento. Dal 36esimo Rapporto Italia, veniamo a conoscenza del fatto che un italiano su tre ha una vaga idea di che cosa sia l’Intelligenza Artificiale (33,9%) e una quota simile afferma di non saperne nulla (31,9%). Fra i più informati, prevalgono quanti affermano di saperne abbastanza (25%), ma solo un italiano su dieci si dichiara molto informato sull’argomento (9,2%). Eppure, l’Intelligenza Artificiale per importanza e portata può senza dubbio essere paragonata alla nascita del World Wide Web, e come quest’ultima sta già plasmando il presente in una prospettiva futura. Ma stavolta, con l’IA, abbiamo la possibilità di giocare d’anticipo, di incidere sulle fondamenta di questa prossima rivoluzione tecnologica, e provare a governarne le storture. L’Intelligenza Artificiale è creatrice di paradigmi basati su una moltitudine di dati e informazioni che non sono altro che la nostra esperienza, il nostro modo di vivere, il mondo che abbiamo costruito fin qui. In sintesi: riproduce per noi una rappresentazione della realtà compatibile con quella che conosciamo. Per questo motivo, questioni come il linguaggio inclusivo, le disuguaglianze, discriminazioni e narrazioni stereotipate di minoranze e gruppi sociali entrano a pieno titolo nel dibattito in corso sull’Intelligenza Artificiale e le sue conseguenze, specialmente in àmbito professionale.

Questioni come il linguaggio inclusivo, le disuguaglianze e discriminazioni entrano a pieno titolo nel dibattito in corso sull’Intelligenza Artificiale

È nel mondo del lavoro che emergono in maniera evidente le disuguaglianze, dal momento che possono essere rappresentate attraverso dati, studi e rilevazioni più completi e costanti nel tempo, e dunque esso può essere preso come punto di partenza per comprendere gli effetti dell’Intelligenza Artificiale su questioni aperte come il gender gap, ovvero sulla vita delle donne e sul loro work life balance, su un’equa retribuzione ed accesso ai ruoli apicali nell’impresa così come in politica e nelle società contemporanee. Il gender gap è presente a tutti i livelli e su scala globale, tocca tanto i paesi in via di sviluppo che le economie più avanzate, sebbene con paradigmi diversi – è bene ricordarlo, poiché non avrebbe senso operare paragoni sulla base di contesti totalmente diversi, che presentano sintomi diversi della stessa “malattia”. Ma ciò che sappiamo oggi può aiutare a comprendere in che modo e su quali aspetti intervenire nell’applicazione dell’IA. È diffusa la preoccupazione sul rischio che l’Intelligenza Artificiale possa perpetrare ed acuire la disparità di genere, partendo dall’assunto che in tutto il mondo le donne già oggi percepiscono retribuzioni più basse rispetto a quelle degli uomini, occupano meno posizioni dirigenziali, partecipano meno nei campi della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica, ovvero le cosiddette discipline STEM. E non solo: le donne sono svantaggiate anche nell’uscita dal mondo del lavoro, sul piano previdenziale, poiché occupano più degli uomini posizioni lavorative precarie, oltre a dedicare in media più ore settimanali a lavori non retribuiti di assistenza a figli, familiari, o alla gestione domestica.

Il digital gender gap nelle economie avanzate si traduce in scarsa presenza femminile nelle carriere e nell’imprenditorialità digitali

A ciò va aggiunto il divario digitale di genere: rispetto agli uomini, a livello globale le donne hanno meno possibilità di accesso a Internet e alle competenze digitali necessarie per utilizzare efficacemente le tecnologie avanzate. E se nei paesi in via di sviluppo il digital gender gap si manifesta come mancato accesso alle tecnologie digitali, nelle economie avanzate si traduce in scarsa presenza femminile nelle carriere e nell’imprenditorialità digitali. Nel nostro Paese, ad esempio, solo il 43% delle donne possiede competenze digitali di base, contro una media europea del 52%, e solo il 20% ha competenze avanzate rispetto alla media europea del 25%[1]. Ciò si ricollega a un pregiudizio legato all’istruzione e molto in voga nei decenni passati, che voleva le donne più “portate” per gli studi umanistici, e gli uomini per le discipline scientifiche – oltretutto senza alcun riscontro nella realtà, dal momento che le studentesse in discipline STEM hanno risultati pari o superiori a quelli dei colleghi maschi. Questo diffuso atteggiamento che sosteneva la scarsa predisposizione delle donne verso le discipline “maschili” ovvero scientifiche, ritenute più concrete, esatte, legate alla razionalità più che all’immaginazione, dà l’idea di quanto uno stereotipo possa incidere sulla vita di milioni di giovani donne e sulla società tutta. Gli effetti, li vediamo ancora oggi: solo una donna su sei in Italia ha conseguito una laurea in aree STEM, mentre gli uomini sono uno su tre[2].

Il gender gap sta già incidendo nel dibattito sull’Intelligenza Artificiale: ad oggi, le donne sono meno coinvolte nei processi di progettazione

Dunque, il gender gap sta già incidendo nel dibattito sull’Intelligenza Artificiale: ad oggi, le donne sono meno coinvolte nei processi di progettazione relativi a questa nuova tecnologia, sarebbe a dire che siamo già proiettati in un futuro plasmato dagli uomini. Oggi, le donne occupano solo il 29% delle posizioni presenti a livello globale in Ricerca e Sviluppo in àmbito scientifico, mentre solo il 18% dei relatori in conferenze sull’IA sono donne e oltre l’80% degli studiosi di Intelligenza Artificiale sono uomini. Tale rappresentanza, insufficiente e marginale, del punto di vista femminile è una premessa pericolosa per il prossimo futuro: il rischio è che vengano perpetrati stereotipi di genere, disuguaglianze, o semplicemente che passino inosservati una serie di comportamenti sessisti che sono stati normalizzati per troppo tempo, ma che oggi appaiono chiari in tutta la loro inadeguatezza. La marginalità delle donne nei processi di sviluppo e costruzione dell’IA è già visibile: ne sono un esempio le voci femminili di molti assistenti vocali generati con IA, che eseguono i comandi indicati dagli utenti e confermano uno stereotipo della donna “accudente”, che si occupa della casa e della cura degli altri. Oppure nell’IA applicata alle Risorse Umane, quando gli algoritmi tendono a riproporre modelli e strutture già esistenti in azienda, perpetrando schemi e assetti che possono escludere le donne da determinate posizioni poiché sono state sempre occupate da uomini. Questi sono solo due esempi di come possiamo “portare con noi” nel futuro errori e disuguaglianze, e di come, allo stesso tempo, riconoscendoli, possiamo scegliere di lasciarli indietro, nel passato.

Le donne occupano solo il 29% delle posizioni presenti a livello globale in R&S in àmbito scientifico e solo il 18% dei relatori in conferenze sull’IA sono donne

È già tempo di riflessioni e di un confronto aperto sul rapporto tra Intelligenza Artificiale e disuguaglianza di genere, in quanto gli algoritmi possono essere guidati e addomesticati senza necessariamente ripetere modelli che siamo pronti a mettere in discussione. Vi sono, in questo senso, diverse vie possibili da seguire: in primis il supporto e la promozione delle discipline STEM tra le giovani studentesse, normalizzando l’idea che non esistano aree di studio o professioni “maschili” o “femminili”. Se questo rappresenta il primo degli obiettivi della Scuola italiana nell’àmbito del dibattito su IA e disuguaglianza di genere, in altri contesti scientifici, accademici e aziendali è importante promuovere le donne come figure non laterali bensì partecipi e pioniere nei processi di sviluppo dell’IA. Per farlo, è importante toccare una serie di questioni, in una sorta di effetto domino dove ogni passo ne implica un altro: affrontare la questione del divario retributivo di genere per attirare più lavoratrici nel settore, sostenere la crescita professionale delle donne fino ai ruoli apicali e decisionali, adottare misure concrete a supporto della maternità come asili nido aziendali e politiche familiari a lungo termine, più flessibilità e garanzie contrattuali per le madri lavoratrici.

Gender gap e IA, gli algoritmi possono essere guidati e addomesticati senza necessariamente ripetere modelli che siamo pronti a mettere in discussione

E se non c’è niente di più ingannevole di un fatto evidente, non dobbiamo cadere nell’evidenza della realtà che conosciamo, assumendola come unico paradigma per costruirne un’altra rappresentazione, nuova, artificiale e intelligente. Un approccio critico e vigile sulle disuguaglianze di genere ci mette in condizione di sfruttare il vantaggio che l’Intelligenza Artificiale ci concede, di anticiparne e orientarne le mosse, nell’eterna partita a scacchi tra uomo e progresso tecnologico.

*Gian Maria Fara, Presidente dell’Eurispes.

[1] WiD (Women in Digital) 2022.

[2] Dati Istat 2023.

Leggi anche

Per rimanere aggiornato sulle nostre ultime notizie iscriviti alla nostra newsletter inserendo il tuo indirizzo email: