Giochi: focus “distanziometro” ed effetto espulsivo

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Torniamo a parlare della dicotomia salute/sicurezza che, a nostro avviso, dovrebbe focalizzare il dibattito pubblico sul gioco legale e il gioco illegale.

Nell’articolo pubblicato nel luglio scorso abbiamo richiamato l’importanza di una riflessione sul valore della legalità e sul ruolo delle reti legali in questa area di rilevanza pubblicistica; in particolare, a fronte di interventi normativi a livello regionale che mirano al contrasto delle dipendenze patologiche connesse al gioco d’azzardo ma che si traducono, nei fatti, in un indebolimento, fino in alcuni casi alla chiusura, degli esercizi che offrono gioco pubblico nei territori urbani, aprendo così spazi alla diffusione delle offerte illegali. 

Giochi: i criteri della distribuzione del gioco pubblico sul territorio

Il tema dei criteri della distribuzione del gioco pubblico sul territorio è prioritario e dovrà essere affrontato e risolto prima dello svolgimento delle prossime gare per l’assegnazione delle concessioni, già scadute e prorogate (anche) dall’ultima Legge di Bilancio per il 2023. Fino a quel momento, a seguito delle iniziative giudiziarie delle imprese di settore, la “questione territoriale” è rimessa al giudice amministrativo, ancora una volta supplente di un legislatore nazionale “ricalcitrante”.

Infatti, è nelle aule di giustizia che si discute se le normative regionali, che attraverso lo strumento del cosiddetto “distanziometro” stabiliscono ‒ a tutela della salute ‒ l’ubicazione degli esercizi che offrono gioco pubblico a una determinata “distanza minima” da determinati luoghi “sensibili” (tra cui scuole ed ospedali ma anche “compro oro”, bancomat, centri sportivi, chiese e parchi pubblici), sono costituzionalmente legittime e rispettose del principio di proporzionalità, nella misura in cui sacrificano il diritto delle imprese di gioco, circoscrivendo le aree in cui è possibile insediare gli esercizi in percentuali anche al di sotto dell’1% delle aree urbane.  

Osservatorio Giochi: un’analisi della giurisprudenza in merito al distanziometro

L’analisi della giurisprudenza, svolta dall’Osservatorio Giochi, Legalità e Patologie dell’Eurispes, restituisce un quadro che per certi aspetti è definito, con l’affermazione di princìpi ormai consolidati, e che per altri è ancora in divenire, con una lenta e progressiva evoluzione da un piano tutto teorico ad uno più aderente alla realtà e alla concretezza dei territori e delle loro caratteristiche.

In questo solco, va segnalato il correttivo recentemente introdotto dal Consiglio di Stato al proprio orientamento, attraverso la precisazione che il principio di proporzionalità è violato (dalla disciplina delle distanze minime), non soltanto quando lo spazio di insediamento dell’offerta di gioco è totalmente inesistente (per il numero e la dislocazione dei “luoghi sensibili”), ma anche quando è impossibile o estremamente gravosa la delocalizzazione delle attività esistenti, per insufficienza quantitativa di spazi o per limitazioni urbanistico-edilizie. È stato, quindi, precisato che l’accertamento va condotto in concreto e non in astratto (cfr.  Sez. V, Sentenze n. 11036 del 16.12.2022 e n. 11426 del 28.12.2022).

Tuttavia, nonostante il correttivo, il giudice amministrativo, sulla base degli accertamenti tecnici disposti (e contestati dagli operatori di gioco sia nei presupposti sia nelle conclusioni), continua ad escludere un effetto “espulsivo” del gioco pubblico dai territori urbani, ad opera del “distanziometro”, rilevando che è adeguata anche una percentuale minima del territorio urbanizzato disponibile per la localizzazione dell’offerta di gioco.

Ne deriva che il tema del bilanciamento degli interessi in campo e del criterio di valutazione dell’interesse imprenditoriale in questione, pur a fronte del prevalente interesse pubblico alla tutela della salute, si traduce in un mero calcolo percentuale per cui, secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa esaminata, anche lo “zero virgola” garantisce la sopravvivenza dell’offerta di gioco legale a livello territoriale, senza nessun’altra considerazione di fattori sociali ed afferenti alla sicurezza e all’ordine pubblico.

Le sentenze pubblicate nell’ultimo bimestre del 2022 dai Tribunali Amministrativi Regionali, analizzate dall’Osservatorio, vanno nella medesima direzione di affermare la legittimità della mappatura dei luoghi “sensibili” disposta dai Comuni interessati (in applicazione delle normative regionali) e dei provvedimenti emanati nei confronti di esercizi/sale giochi ubicate al di sotto delle distanze minime previste.

Distanziometro, una questione ancora aperta

In estrema sintesi, la conclusione raggiunta nei casi esaminati è che il “distanziometro” regionale è legittimo e non produce un effetto espulsivo del gioco legale dai territori urbani considerati.   

Se lo scontro giudiziario è, quindi, destinato a durare, risulta lampante agli occhi degli osservatori che la sede deputata ad affrontare e risolvere la “questione territoriale” è quella politica e non quella giudiziaria, connotata inevitabilmente, quest’ultima, da confini e limiti formalistici di valutazione insuperabili che prescindono da un esame a 360°, invece necessario per trovare il bandolo della matassa ed iniziare a dipanarla. La risposta alla domanda “Quid est veritas?” rimane, pertanto, ancora aperta, non potendosi ricondurre ad un solo calcolo percentuale.

Giochi: regolamentare, non vietare

D’altra parte, sono più che mai attuali le riflessioni contenute nell’articolo Giochi Pubblici: “L’irresistibile convenienza della legalità”, pubblicato a novembre 2021, dove si evidenziava la necessità di superare la titubanza e l’indecisione dello Stato rispetto ad un fenomeno che lo Stato stesso ha deciso di regolamentare (e non solo vietare) e quindi di includere nell’economica legale.

Il primo studio realizzato dall’Osservatorio Giochi dell’Eurispes (“Gioco legale e contrasto delle Dipendenze” (2018) ha stigmatizzato la stratificazione normativa e le ragioni dei “vuoti” decisionali e di governo che hanno portato ad una sorta di abdicazione della tutela della salute pubblica, nell’area dei giochi pubblici, alla competenza regionale, come se si trattasse non più di una materia di competenza “concorrente”, bensì di esclusiva pertinenza locale.

Vale la pena ricordare che, sul piano dei princìpi generali, la Corte Costituzionale ha affermato che qualora non risulti possibile comporre il concorso di competenze statali e regionali mediante un criterio di prevalenza, non è costituzionalmente illegittimo l’intervento del legislatore statale, «purché agisca nel rispetto del principio di leale collaborazione che deve in ogni caso permeare di sé i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie» [cfr. sentenze n. 44 del 2014, n. 237 del 2009, n. 168 e n. 50 del 2008].

Appare, allora, legittima l’aspettativa di vedere il legislatore nazionale riappropriarsi del proprio ruolo di decisore, in un’area caratterizzata da un’interconnessione tra gli interessi pubblici in campo, se è vero come è vero che le misure di contrasto delle dipendenze patologiche introdotte dalle Regioni e dai Comuni, ed in particolare il “distanziometro”, possono impattare sulla sicurezza dei territori e sull’ordine pubblico (si vedano le conclusioni raggiunti negli studi dell’Osservatorio), la cui tutela spetta in via esclusiva allo Stato ‒ questa volta senza possibilità di “rinuncia”.

*Avvocati Chiara Sambaldi e Andrea Strata, Direttori dell’Osservatorio Permanente su Giochi, Legalità e Patologie dell’Eurispes.

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