“Nessuno escluso”. Questo è il titolo del progetto di inclusione inaugurato ieri, 17 settembre, presso la Casa circondariale femminile “Germana Stefanini” di Roma Rebibbia. A sostenere l’avvio del programma nazionale, Giovanni Russo, Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) del Ministero di Giustizia, il gruppo editoriale Giuffrè Francis Lefebvre e l’Associazione Antigone, riuniti lo scorso 31 gennaio per siglare un Protocollo di intesa. Lo scopo dell’iniziativa è richiamare l’attenzione e l’interesse della comunità penitenziaria sui temi di carattere giuridico e costituzionale. Il progetto, nato con l’obiettivo di estendersi al maggior numero di istituti di pena della Penisola, sarà testato inizialmente su piccola scala, a partire proprio dal carcere femminile di Rebibbia. Per tale ragione, tutte le comunità che ospitano detenuti, saranno dotate di pubblicazioni cartacee e digitali afferenti a temi normativi e costituzionali nelle rispettive biblioteche. A beneficiarne le persone recluse, per una maggiore comprensione del sistema giudiziario italiano e una partecipazione più attiva del proprio percorso, fino al loro reinserimento nella società.
Nessuno escluso vuole richiamare l’interesse della comunità penitenziaria sui temi di carattere giuridico e costituzionale
Giovanni Russo, Capo del DAP, ha definito questo progetto: «una delle tappe nella rivoluzione dell’esecuzione della pena in chiave moderna». In tal modo, si intende dare un senso di continuità tra l’istituto carcerario e la società. Il carcere, ha affermato, «deve essere utile a chi è condannato, ma anche a chi infligge la condanna. Dobbiamo interrompere quella filiera che dà vita al circolo vizioso dove non si attiva il recupero». Giuffrè Francis Lefebvre, leader nell’editoria professionale e legale, che oggi fa parte del gruppo multinazionale Lefebvre Sarrut, e l’Associazione politico-culturale Antigone, impegnata sin dagli anni Ottanta per i diritti e le garanzie nel sistema penale, forniranno le risorse editoriali e culturali a sostegno del progetto. Saranno infatti allestiti dei punti stabili di formazione e informazione, nonché previsti cinque incontri con docenti universitari, magistrati ed esponenti del Terzo settore. Il focus verterà su tematiche costituzionali rilevanti come la pena, la rieducazione, l’uguaglianza, la dignità umana e la solidarietà.
“Rieducazione” è la parola che utilizza la Costituzione per identificare il concetto della pena. Lo sforzo a cui si deve tendere è l’interiorizzazione del valore della legalità. Lo ribadisce il Prof. Marco Ruotolo, ordinario di Diritto costituzionale presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Roma Tre, «il detenuto deve ricucire quel legame con la legalità e per questo va rieducato; la legalità e la cultura della legalità devono soddisfare questa premessa. Manca una cultura costituzionale della pena».
Alle biblioteche delle carceri saranno forniti testi su temi normativi e costituzionali
«La Costituzione è la più bella del mondo», dichiara la Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Milano, Dott.ssa Giovanna di Rosa, «e l’art. 2 della Costituzione un valore inderogabile». Parola chiave: “responsabilità”. Delle parole, delle Istituzioni e della società, nel sostenere il percorso di recupero. La sanzione non dovrebbe servire a reprimere, ma a re-includere, a riabilitare, a ricostruire quel legame organico tra esseri umani e società. «L’esecuzione della pena è stata sempre considerata l’ultimo anello della catena», sottolinea l’On. Andrea Ostellari, Sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia, «invece, va riportata all’attenzione mediatica per iniziative positive, come il protocollo di intesa». E ancora «il mondo dell’esecuzione penale deve abbandonare le bandiere ideologiche. Mantenere al centro il tema della persona e del percorso di recupero da adottare». Nessuno deve essere lasciato solo. «Esiste uno spirito costituzionale, bisogna non ignorare la voce di chi è in carcere perché sta soffrendo la pena».
Lo scopo è fornire ai detenuti una maggiore comprensione del sistema giudiziario italiano e una partecipazione più attiva del proprio percorso
Vedere le carceri è un dovere morale», sottolinea il Presidente dell’Associazione Antigone, Dott. Patrizio Gonnella, che ringrazia per la disponibilità del DAP al dialogo e l’impegno pro bono della Giuffrè. Ricordiamo ancora che Antigone, sin dalla sua nascita svolge attività di osservazione, ricerca e produzione dati nel campo della privazione della libertà. Sulle loro pagine ufficiali è possibile infatti consultare molti dei report prodotti dagli Osservatori negli ultimi anni. Tali attività sono finalizzate alla promozione dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario.
L’evento si conclude rafforzando i tre princìpi cardini del programma: in primo luogo, il senso di umanità della pena: il detenuto va visto come persona con una sua dignità. In secondo luogo, il recupero, attuato attraverso strumenti come la formazione e gli spazi adeguati, poiché proprio nella cultura è riposto il fondamento per la libertà individuale. Infine, insegnare a dare speranza a chi è recluso, perché oggi sappiamo che la maggioranza di coloro i quali riescono a fruire in carcere di una qualche formazione, non torna a delinquere.