Che cos’è l’overeducation? Come possiamo misurarla? L’overeducation può essere concettualizzata come un sovrainvestimento nell’istruzione o un sottoutilizzo delle competenze educative. L’accesso al mondo del lavoro è influenzato dalla struttura del sistema educativo e dai meccanismi istituzionali di domanda e offerta. Occorre considerare le divergenze dell’occupazione a livello territoriale, l’invecchiamento della popolazione e la polarizzazione tra lavoratori con alte competenze e ben retribuiti e lavoratori con basse competenze scarsamente retribuiti. Più stratificato, standardizzato è il sistema educativo, più forte sarà il payoff dell’istruzione. Nonostante il crescente interesse per l’overeducation, non esiste però una misura univocamente riconosciuta per quantificare questo fenomeno. Un indicatore soggettivo si basa sull’autovalutazione da parte dei lavoratori, i quali non hanno un criterio uniforme di analisi e possono avere reticenza nel rispondere. D’altra parte, la soggettività permette al ricercatore di cogliere sfumature che gli indicatori oggettivi non sono in grado di cogliere. Un indicatore oggettivo per misurare l’overeducation si basa invece su una analisi del lavoro svolto, sulle caratteristiche del lavoratore e sul tipo di istruzione richiesti. Tali indicatori possono essere molto utili nel valutare l’overeducation come sottoutilizzazione delle abilità. Tuttavia, la natura delle conoscenze e delle abilità è mutevole e soggetta a sovrastima o sottostima.
Il sottoutilizzo delle competenze educative: i laureati nel mercato del lavoro
Nel 2021 l’Ocse stimava che solo il 29% della popolazione italiana tra i 25 e i 34 anni è in possesso di un titolo di studio terziario, ben al di sotto della media Ocse (45%). Secondo le rilevazioni di Almalaurea, nel 2023 a tre anni dal conseguimento del titolo si studio, il tasso di occupazione raggiunge il 90,3% tra i laureati di primo livello e l’85,9% tra i laureati di secondo livello, con un aumento rispettivamente, di +2,0 e +0,3 punti percentuali rispetto al 2021. Il Governo italiano ha sottolineato come il Processo di Bologna abbia contribuito all’espansione della partecipazione all’istruzione terziaria, alla riduzione del tasso di abbandono universitario, alla diminuzione dell’età media alla laurea e all’aumento dei tassi di laurea. In sintesi, se da un lato la laurea facilita l’accesso al mondo del lavoro, dall’altro molti laureati occupano posizioni per le quali sarebbe sufficiente un titolo di studio inferiore.
Nel 2023 circa il 34% dei laureati risulta sovraistruito rispetto all’occupazione che svolge
L’Istat già nel 2018 evidenziava un disallineamento tra sistema produttivo e sistema formativo nell’analisi del triennio 2014-2016: era del 53,4%, di cui il 31,6% sovraistruito e il 21,8% sottoistruito. Sempre secondo le rilevazioni Istat, nel 2023, tra gli occupati laureati, circa 2 milioni di persone (il 34% del totale) risultano sovraistruite rispetto all’occupazione che svolgono, con un’incidenza maggiore per gli under 50. Tra i più giovani (25-34 anni), sono più frequentemente sovraistruiti gli stranieri (52% contro il 36,9% degli italiani) e le donne (39,8% rispetto al 34,5% degli uomini). La distribuzione di overeducation nella classe di età 25-34 anni mostra incidenze particolarmente elevate per gli impiegati e per i tecnici (rispettivamente il 37,2% e 36,3%), più contenute per le professioni nei servizi (17,4%) ed esigue per gli operai e le professioni non qualificate. L’overeducation raggiunge un picco del 45,7% tra i laureati socio-economico-giuridici e scende al 18,2% tra coloro che possiedono un titolo terziario in agricoltura, veterinaria, medicina, farmacia, un livello inferiore anche ai laureati in discipline STEM (27,6%).
L’overeducation raggiunge il 45,7% tra i laureati socio-economico-giuridici e scende al 18,2% tra i laureati in agricoltura, veterinaria, medicina
Tra il 2019 e il 2023, la quota dei sovraistruiti è cresciuta di 1,1 punti percentuali, con un aumento più consistente tra gli occupati ultracinquantenni (+3,1 punti a fronte mentre i giovani hanno visto una riduzione del -2,6%). Diminuiscono in particolare le donne, i dipendenti, gli occupati nel settore edile, dell’informazione e della comunicazione e delle attività finanziarie. La percentuale aumenta, invece, in maniera marcata tra gli autonomi, i pubblici dipendenti e gli occupati nel settore di alberghi e ristorazione (dati Istat 2024). Secondo il Rapporto Unioncamere-Excelsior sui fabbisogni professionali 2019-2023, il livello di istruzione richiesto dalla domanda di lavoro è aumentato negli ultimi anni. Il Rapporto afferma che, nel periodo 2019-2023 la carenza di laureati è stata solo parzialmente compensata dal pool di laureati disoccupati disponibili. Il sistema educativo e quello produttivo sono ancora fortemente separati e il mercato italiano dipende principalmente da manodopera non qualificata. Anche le tecnologie, che secondo gli scenari più pessimistici cancelleranno posti di lavoro e aumenteranno il mismatch, non genereranno valore senza una umanizzazione del lavoro.