La precarizzazione come fenomeno sociale
La crisi pandemica ha messo drasticamente in luce un fenomeno che, per troppo tempo, è stato ignorato: la precarizzazione. Molte sono le analisi di questo concetto da un punto di vista economico; ma che cosa ci dice questo fenomeno quando viene analizzato come un concetto sociale, come una perdita del valore di comunità? Quale importanza ha questo valore e che cosa implica, nei termini della precarizzazione, la sua perdita? È attorno a queste domande che si concentra la riflessione di Lennart Nörreklit*, professore emerito presso l’Università di Aalborg, (DK), nel Rapporto 2022 della Rete europea sulla precarietà SUPI.
La vita come dialogo
«La vita è un processo di interazione degli esseri con l’ambiente» spiega Nörreklit. «Se la vita prospera, l’interazione si rivela come una forma di interazione intelligente in cui l’uno assimila e riflette l’altro. Questo è un processo intelligente. È un dialogo». La vita infatti si svolge nelle relazioni, la cui base elementare è proprio il dialogo, l’interazione tra due esseri viventi. L’importanza del dialogo risiede nella fusione degli orizzonti, nella trasmissione di valori, è il motore con cui si sviluppano il carattere e la conoscenza. Paradossalmente, anche quando siamo soli avviene un dialogo, quello interiore e personale.
L’unicità dei valori intrinseci
Siamo portati a pensare che tutto possa essere sostituito, senza considerare che l’unica eccezione a questa regola sono proprio i valori. I valori intrinseci, infatti, quelli che non sono strumentali per qualcos’altro, si basano sull’unicità, sulla loro impossibilità ad essere sostituiti. Se noi esseri umani siamo dei “custodi” rispetto ai valori che abbiamo, la loro perdita ci causa dolore; ed è la minaccia di questa perdita che ci ha portato a sviluppare l’organizzazione sociale e gli strumenti tecnologici, valori strumentali ma necessari per preservare quelli intrinseci.
La comunità erosa: il teatro sociale
Secondo l’analisi di Nörreklit: «il dialogo stabilisce la comprensione comune, la comprensione del motivo per cui le persone si sentono e agiscono in un certo modo. È a causa dei loro valori, delle situazioni e delle possibilità di far rispettare i valori che le persone agiscono in un determinato modo invece di un altro». Una comunità perciò, vista come l’unità sociale di base, è formata da persone che preservano i valori intrinseci e creano relazioni attraverso il dialogo, arrivando ad essere custodi di quelli che diventano i valori comunitari. «Un teatro è diverso», specifica poi Nörreklit, «in esso gli attori non si preoccupano di essere custodi di valori fondamentali, ma di posizionarsi in relazione agli altri». Si crea così un teatro sociale, un ambiente dove l’attore-leader vuole prevalere sugli altri, dove il potere governa con la menzogna, controllando i media, la ricerca, la giustizia. Il senso di comunità sparisce, la coesione sociale e la comprensione vengono meno, non c’è più empatia né supporto reciproco. È nello scenario del teatro perciò che rientra il fenomeno della precarizzazione, uno scenario tempestato di minacce sociali e il cui funzionamento è solo e sempre nelle mani dei leader, che tralasciano e dimenticano le persone nel precariato.
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I pilastri della società moderna e la precarizzazione
La scienza e l’economia capitalista sono i due grandi pilastri della società moderna, due poteri che operano tramite princìpi di astrazione e generalizzazione, ossia attraverso un potere alternativo rispetto all’importanza del dialogo e dei legami relazionali. Se il potere strumentale predomina, come avviene nel teatro sociale, i valori intrinseci sono compromessi e la vita diventa, di conseguenza, precaria. L’astrazione e la generalizzazione infatti sono la base delle teorie scientifiche. Attraverso questo linguaggio, il mondo è ridotto ad una struttura fisica senza alcun riferimento al valore, dove prevale la ricerca di leggi universali piuttosto che la costruzione del dialogo e dell’interazione che lega le persone. L’economia monetaria capitalista invece si basa su un principio di sostituibilità. Ciò rende possibile l’economia di scala, dove il mondo è utilizzabile come risorsa da sfruttare e le persone sono viste come forza lavoro, anche loro sostituibili. Le relazioni personali e il valore del dialogo sono considerati come delle perdite di tempo, degli ostacoli al libero sfruttamento delle persone. Questo porta ad una disgregazione della comunità, ad una perdita dei valori, dei legami familiari, dei rapporti, ad un aumento del fenomeno della precarizzazione sociale. Esiste poi un terzo pilastro che si sta lentamente affermando oggi: lo sviluppo tecnologico e l’Intelligenza Artificiale, un’innovazione che porta con sé un grande cambiamento economico e sociale ma che, come strumento di controllo, renderà quasi impossibile la distinzione tra realtà e finzione.
La precarietà esistenziale
«Il lockdown rappresenta la chiusura delle “comunità live”», continua poi Nörreklit, «di conseguenza, si assiste alla sostituzione di “comunità live” con “comunità web”. Durante il lockdown mondiale, tutti vivono in una “stanza cinese”, cioè un luogo nel quale la comunicazione si svolge soltanto in un ambiente nascosto, senza alcuna semantica né alcuna azione pratica; è quindi il luogo nel quale non c’è alcuna distinzione tra finzione e realtà». Per molti gruppi professionali, il lockdown non ha rappresentato soltanto un allontanamento dalla comunità, ma anche un modo per evadere dallo stress causato da pessime condizioni di lavoro. L’alienazione dalla realtà creata dal lockdown ha prodotto così una precarizzazione esistenziale, in cui la vita di tutti è stata bloccata in un mondo simbolico, privando le persone di una reale comunicazione. Le videoconferenze e i contatti online hanno portato a creare una “comunità di rete” che però presenta i tratti della finzione e del teatro sociale: non si entra realmente in contatto con la persona, bensì soltanto con la sua immagine. «La precarizzazione è il processo che le persone sperimentano quando scoprono che la loro vita sta scivolando inarrestabilmente in una finzione» aggiunge Nörreklit. Durante il lockdown, ogni persona è rimasta chiusa nella sua personale stanza cinese, sperimentando soltanto un simulacro di comunità, una finzione dove i valori non hanno importanza.
Il compito della scienza: servire al dialogo
La perdita della comunità e la sua trasformazione in un teatro sociale hanno dunque creato il fenomeno della precarizzazione esistenziale. Il trauma causato dalla pandemia e dal lockdown sarà difficile da superare e, forse, per certi versi, manca anche la volontà di farlo. Se nella comunità viene riconosciuto il potere dell’aiuto, della premura e del supporto reciproco, nella società di oggi questo potere viene negato, trasformato in qualcosa di impersonale e subordinato alle ragioni di interesse. È necessario ripensare al ruolo della scienza, oggi proiettata a promuovere l’evoluzione umana attraverso dei meccanismi che, paradossalmente, portano ad una ulteriore precarizzazione della vita. Il compito della scienza dovrebbe comprendere invece il dialogo della vita, le sue benedizioni, la sua vulnerabilità, la sua stessa possibilità, inclusa quella di coltivarla e arricchirla. «L’epistemologia deve analizzare la possibilità di comprendere e supportare il profondo legame relazionale tra gli individui e la formazione dei valori intrinseci», conclude Lennart Nörreklit, «l’attenzione epistemologico-scientifica sulle necessità di tali relazioni dovrebbe essere subordinata a un’analisi delle possibilità che gli individui hanno di costruire delle relazioni giustificate da valori intrinseci». L’etica, la dignità e la vita sono valori che si definiscono attraverso il dialogo, il solo mezzo in grado di costruire la comunità e decostruire le finzioni del teatro sociale.
*Lennart Nörreklit, Sociologo, Professore emerito, Università di Aalborg – Danimarca.
Riferimento: Rete Europea SUPI sulla Precarietà Sociale 2022 (Berlino-Roma).
**Ida Nicotera, Dipartimento Internazionale dell’Eurispes.