Due anni di pandemia hanno significato molto per l’economia del Kazakhstan. Anche se negli ultimi due anni il governo ha adottato misure per mitigarne gli effetti sul sistema economico con azioni di sostegno alle imprese e alle famiglie, le tensioni sociali erano in aumento. A parte una piccola fetta di popolazione che vive nelle grandi città e che dispone di elevati redditi derivanti principalmente da rendite relative allo sfruttamento delle enormi risorse naturali del paese, la maggior parte delle persone vive in condizioni di notevole insicurezza economica e una percentuale sempre più ampia si colloca ad un livello minimo di sussistenza.
Nelle grandi città si vedono sempre più insegnanti e laureati accettare qualsiasi tipo di lavoro
Guardando al reddito pro-capite medio ($9,100 all’anno), il Kazakhstan sembra essere un paese benestante. La Banca Mondiale lo colloca tra gli upper middle-income countries. Ma il problema risiede nel modo in cui questa ricchezza è distribuita tra la popolazione. Le disuguaglianze economiche si sono infatti notevolmente accentuate negli ultimi anni. Nelle grandi città si vedono sempre più insegnanti e laureati accettare qualsiasi tipo di lavoro. Sono in molti ormai che sopravvivono di trasferimenti sociali e di prestiti forniti da parenti ed amici, nella consapevolezza che non avranno mai modo di restituirli.
In tali circostanze, è bastato un nulla a far scatenare la rabbia della gente. La decisione del governo di togliere i massimali sul prezzo del GPL, inducendone di fatto un raddoppio, ha scatenato la protesta in provincie quali Zhanaozen, dove la maggioranza della popolazione ha l’auto a gas. La protesta si è rapidamente estesa a diverse altre città del paese dove la gente è scesa in piazza chiedendo al governo di tornare sui propri passi. Sebbene le autorità abbiano accettato quasi subito le richieste della popolazione, era ormai troppo tardi. La protesta è così degenerata in moti violenti ed armati, molto probabilmente fomentati da forze interne che hanno cercato di approfittarne per destabilizzare alla base la sicurezza del paese. A tutt’oggi non è affatto chiaro quali siano le vere motivazioni che hanno fatto degenerare una protesta pacifica in una carneficina. Inoltre, tutto è avvenuto alla soglia del trentesimo anniversario dell’indipendenza del Kazakhstan dall’ex Unione Sovietica. Dopo un primo periodo di assestamento, verso la fine degli anni Novanta, potendo sfruttare l’enorme potenziale di risorse minerarie, il Kazakhstan ha iniziato a crescere con rapidità aumentando il potere d’acquisto di una emergente classe media. Al confronto con gli altri paesi dell’Asia Centrale, il Kazakhstan è andato assumendo un ruolo sempre più importante come leader regionale, da un punto di vista non solo economico ma anche politico e geostrategico.
La mancata diversificazione economica tra i problemi del Kazakhstan
Come spesso avviene in questi casi, il modello di sviluppo non ha tuttavia favorito la diversificazione economica. Il Kazakhstan rimane fortemente dipendente dagli idrocarburi: nel 2020 rappresentavano circa il 21% del Pil e il 70% delle esportazioni. Inoltre, il paese produce più del 40% dell’uranio mondiale. Il settore manifatturiero è quasi inesistente, e mentre in passato il Kazakhstan era considerato il granaio dell’Unione Sovietica, oggi l’agricoltura, con circa 25 milioni di ettari di terreno inutilizzati, tecnologie obsolete e insufficienti canali di irrigazione, produce meno del 5% del Pil del paese. Il problema principale risiede nella bassa produttività del lavoro. Si sono, poi, perse per strada molte tecnologie e skills presenti nelle grandi fabbriche che in passato producevano per l’intera Unione Sovietica. Inoltre, pur con un alto livello di istruzione, scarsi investimenti in ricerca e sviluppo hanno contribuito alla stagnazione dei livelli di produttività.
Un ulteriore tratto fondamentale dell’economia è l’enorme ruolo svolto dalle imprese pubbliche e a partecipazione statale – se ne contano circa 6,500 – in tutti i comparti produttivi. Quelle del settore minerario ed industriale (Samruk-Kazyna) e finanziario (Baiterek) sono dei giganti che non hanno dovuto sottoporsi alle regole del mercato, spesso gestiti da managers inesperti, ma con le giuste affiliazioni politiche. A ciò si accompagna una mancanza strutturale di iniziativa e imprenditorialità privata e, in particolare, di piccole e medie imprese (PMI) dinamiche ed efficienti. Nonostante nell’arco degli anni le autorità abbiano introdotto una lunga serie di programmi volti a privatizzare le imprese statali, diversificare l’economia, stimolare l’imprenditorialità privata e sviluppare le PMI, il risultato è stato pressoché nullo.
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L’amministrazione del Presidente Kassym-Jomart Tokayev sembra essere decisa a migliorare le cose attuando una serie di riforme strutturali del sistema economico e finanziario collegate in vario modo a riforme del sistema politico. Dal suo insediamento nel marzo del 2019, Tokayev ha cercato di introdurre una svolta attraverso una serie di provvedimenti le cui direzioni di base hanno riguardato la lotta alla corruzione, l’ammodernamento dell’apparato pubblico, la riduzione del ruolo svolto dalle imprese pubbliche nell’economia, l’aumento dei livelli di concorrenza e il sostegno all’imprenditoria privata e alle PMI – tutti interventi volti ad accelerare il processo di democratizzazione ed aumentare la centralità del mercato.
Le proteste del gennaio 2022 hanno contribuito ad accelerare tale processo riformatore, spingendo per un aumento della sua componente sociale e redistributiva. Tokayev ha annunciato un pacchetto di riforme politiche da settembre, mentre quelle economiche dovrebbero iniziare già dalle prossime settimane. Servirà monitorare l’evoluzione di questo processo e come questo impatterà le dinamiche dei principali gruppi di potere economico del paese.
Che cosa significa per l’interesse nazionale italiano?
Considerando l’enorme potenziale di sviluppo del Kazakhstan l’Italia può rafforzare i rapporti economici con il paese, offrendosi come partner in questo delicato processo di riforme strutturali volte all’innovazione della struttura produttiva. La fase di rinnovamento economico iniziata con gli scontri di gennaio, fa intravedere la possibilità che il Kazakhstan intraprenda un sentiero che lo allontani sempre di più dal sistema dirigistico e clientelare, conducendolo ad uno interamente basato sul sistema di mercato.
Emergono quindi varie opportunità di rafforzare i rapporti già esistenti con l’Italia e di iniziarne di nuovi in campi quali il settore manifatturiero e quello agricolo, la formazione professionale di personale tecnico, e lo sviluppo energetico. L’attuale presenza economica italiana si concentra negli idrocarburi, dove ENI è supportata da un nutrito numero di PMI nella stessa filiera.
L’Italia possiede conoscenze e tecnologie necessarie al Kazakhstan per diversificare la propria economia
L’Italia possiede un’ampia gamma di conoscenze e di tecnologie necessarie al Kazakhstan per diversificare la propria economia sviluppandone il settore agricolo e quello manifatturiero. In agricoltura, l’expertise italiano nelle colture estensive, i frutteti, i vivai, e nell’allevamento degli animali può essere determinante per le esigenze di sviluppo del paese. Nel settore manifatturiero, l’Italia può offrire tecnologie e competenze su macchinari, utensili e semilavorati industriali. Il trasferimento delle tecnologie e del know-how italiano verso la realtà locale può avvenire anche tramite un ruolo sempre più attivo delle nostre università e dei nostri istituti di formazione professionale sostenendo le borse di studio Bolashak che il Kazakhstan ha appena deciso di reindirizzare verso l’acquisizione di competenze tecniche.
L’Italia potrebbe, poi, sostenere il Kazakhstan nella transizione dal carbone, che a oggi alimenta circa il 70% della rete elettrica, al gas, all’idrogeno e alle rinnovabili. Imprese del gruppo ENI sono già presenti con impianti fotovoltaici e per lo sfruttamento dell’energia eolica. Il settore offre inoltre interessanti opportunità per la costruzione di impianti per la produzione di combustibili meno inquinanti quali gas, idrogeno, e ammoniaca. Le imprese italiane, con le loro tecnologie avanzate, potrebbero svolgere anche un ruolo importante nell’opera di rafforzamento della rete elettrica del paese, oggi a macchia di leopardo, di miglioramento tecnologico e di potenziamento della capacità produttiva. Rimane sottointeso che una strategia di intensificazione dei rapporti economici italo-kazaki richiede un attento vaglio delle responsabilità del governo e dei possibili errori fatti nella gestione dei presunti attacchi terroristici che hanno sconvolto il paese all’inizio di gennaio.
* Giovanni Capannelli è Managing Director di GreenPoint Central Asia e consigliere del Governatore della National Bank of Kazakhstan. Dal 2016 al 2020 è stato Country Director del Kazakhstan per l’Asian Development Bank.