L’Autorità Nazionale Anticorruzione prende l’iniziativa e studia l’individuazione di nuovi criteri oggettivi per la classificazione dei fenomeni corruttivi. Così come sono stati misurati fino ad oggi, attraverso criteri quasi esclusivamente percettivi, ne esce una immagine fortemente negativa dell’Italia, anche agli occhi degli investitori internazionali. L’Eurispes attraverso le pagine elettroniche del suo magazine online propone la videointervista con il Presidente Giuseppe Busia per approfondire l’argomento. È stata questa l’occasione per affrontare anche il tema del Pnrr e del ruolo dell’Autorità a sostegno delle imprese nella elaborazione dei capitolati per le gare di appalto, al fine di rispettare i dettati del Codice.
Ad un certo punto, l’Autorità di valutazione dei contratti pubblici diventa ANAC, Autorità Nazionale Anticorruzione. Dal 2014 non sono passati neanche 10 anni e Le chiedo: questo Paese è più, o meno, in mano a corrotti e corruttori?
Fortunatamente non lo è, e sono stati fatti molti passi in avanti per evitare che lo sia. Non si parla solo della corruzione in senso stretto, ma anche della cattiva amministrazione e gestione delle risorse pubbliche. Noi lavoriamo per creare delle regole che prevengano la corruzione e il cattivo uso delle risorse pubbliche: ne abbiamo, più che mai, bisogno adesso, dal momento che stanno arrivando, oggi, grandi investimenti pubblici che passano per i contratti pubblici. Dobbiamo concentrarci affinché queste risorse vadano spese bene e affinché i cittadini abbiano più servizi: questo è il nostro lavoro, creare regole che siano e che vadano verso una buona amministrazione, una buona gestione.
Secondo le ultime classifiche internazionali siamo al 42esimo posto fra i paesi al mondo interessati dal fenomeno corruttivo. I criteri di valutazione, gli indicatori del fenomeno, sono attendibili e, soprattutto, attuali?
Sono criteri basati sulla percezione della corruzione. Quello che noi stiamo facendo è rinforzare questi criteri, usati a livello internazionale, con criteri oggettivi, o aggiungere e basare la misurazione della corruzione su criteri oggettivi. La misurazione non è solo una questione tecnica, ma è anche sostanziale: capire il fenomeno della corruzione – che è un fenomeno molto complesso – aiuta a combatterla meglio e ad evitarla. Questo permette di avere una buona amministrazione e fa sì che le risorse pubbliche siano destinate a servire i cittadini e fornire migliori servizi. Noi portiamo avanti un progetto molto importante, finanziato dall’Unione europea, che raccoglie l’attività di Istituzioni pubbliche, di Università, di altri soggetti che si sono messi insieme attorno a questo lavoro che sta organizzando l’ANAC per arrivare a dare degli indicatori oggettivi. Questo è già – nel momento in cui si hanno degli indicatori oggettivi – una misura di prevenzione della corruzione, perché aiuta a combatterla, e conviene. Conviene al nostro Paese, almeno sotto due profili: uno perché restituiremmo al mondo un’immagine veritiera di quello che è il nostro Paese evitando, quindi, alcuni problemi che sorgono proprio a causa della percezione che, a volte, non restituisce – soprattutto in paesi liberi, che hanno il coraggio di parlare della corruzione – un’immagine corretta, e questo pesa sugli investimenti internazionali. Per questo abbiamo chiesto, e l’ultimo G20 del quale avevamo la Presidenza ha approvato, importanti documenti in questo senso, che, se condivisi, consentono un metodo comune di misurazione oggettiva della corruzione e, quindi, un’immagine più fedele del nostro Paese. Secondo aspetto, conviene perché combattere la corruzione fa sì che le risorse siano spese meglio, che non ci sia il costo occulto della corruzione e, soprattutto, fa sì che tutti i cittadini e le risorse destinate ad acquistare beni, ai servizi o alle opere, siano spesi in modo adeguato.
Come diceva, il G20 ha gettato le basi per nuovi criteri oggettivi. Ma come si fa, effettivamente, a conciliare la realtà di un Paese dove l’azione penale è obbligatoria, la Magistratura autonoma e l’informazione libera (per fortuna) ed evitare fenomeni distorsivi?
È proprio quello che dicevo, ossia passando dalla percezione a criteri oggettivi. In un paese libero, che fa molte inchieste sulla corruzione, quest’ultima rischia di essere più percepita e per questo in alcuni indici può risultare più presente rispetto a paesi che ne parlano meno, la combattono meno e nei quali, quindi, è meno evidente. Avere elementi oggettivi che, come detto, stiamo cercando di realizzare, dal punto di vista scientifico – mettendo insieme le buone pratiche, e abbiamo chiesto, con un compendio, anche agli altri paesi del G20 di contribuire mostrando ciascuno le sue buone pratiche – attraverso un insieme di indicatori condivisi, comuni, che consentano di guardare il mondo, i diversi paesi, in modo equanime e, quindi, avere uno strumento per combattere e prevenire più efficacemente la corruzione e, allo stesso tempo, avere una fotografia reale di quella che è la realtà in quelli che sono i diversi paesi.
Questi nuovi indicatori sono riferiti anche a settori particolari della società?
Sono riferiti anche all’istruzione, all’ambiente complessivo, perché, ripeto, avere l’idea della corruzione non solo come reato, ma come cattiva gestione della cosa pubblica, comporta la necessità di considerare i diversi elementi. Per questo, ad esempio, noi abbiamo raccolto dati e informazioni dall’Istat, dal Ministero della Giustizia, unito la nostra banca dati con altre banche dati, proprio per realizzare e avere elementi che possano restituire una fotografia veritiera. Questo è quello a cui dobbiamo puntare e questo è quello a cui stiamo lavorando.
Draghi sta garantendo l’attuazione del PNRR da infiltrazioni criminali. I progetti sono partiti: si sono viste le prime criticità o, meglio, i primi pericoli?
Al di là dei casi concreti, il pericolo più grande che abbiamo è che la fretta, la necessaria velocità con cui giustamente stiamo realizzando queste opere, questi contratti, prevarichi la volontà di fare bene. Il fare bene, invece, è l’unica garanzia perché i fondi che sono destinati alle prossime generazioni arrivino davvero a creare un Paese più forte, con infrastrutture più forti (sia materiali sia immateriali), con una cultura e la capacità di realizzare meglio, anche realizzare più in fretta, ma senza sacrificare questo valore essenziale che è il combattere i fenomeni distorsivi quali quelli che chiamiamo, in generale, corruzione, che sprecano le risorse pubbliche e fanno sì che il danno si ripercuota, in primo luogo, sui più deboli (i quali sono anche i più penalizzati, chi ha maggiore merito rimane indietro, creando, alla fine, disgregazione sociale). Quello che dobbiamo garantire è, invece, la fiducia nelle Istituzioni, e questo lo si fa solo se si ha una buona amministrazione, trasparente, che si rivolge ai cittadini, offre loro servizi e li fa partecipare alla propria attività. Essendo rapidi, essendo veloci, ma essendo anche trasparenti, aperti e pronti al progresso. Questo è il vero portato del Next Generation EU e delle buone misure di prevenzione alla corruzione.
La “a” di ANAC sta per “Autorità”, ma mi viene da pensare anche al termine “Agenzia”, cioè disponibile ad aiutare le aziende pubbliche a non sbagliare nel loro operato.
È verissimo; noi stiamo lavorando molto nell’attività di collaborazione, di apertura, di affiancamento. L’ANAC è un centro di competenze in materia di contratti pubblici, in materia di buone regole dell’amministrazione. Noi abbiamo, e stiamo potenziando, la cosiddetta attività di vigilanza collaborativa. Quando c’è un grande progetto da realizzare non sempre le Amministrazioni hanno le capacità e le competenze tecniche per gestire contratti complessi; noi ci affianchiamo a loro, loro mandano gli atti prima di emanarli e noi diamo dei suggerimenti. Stessa cosa stiamo promuovendo per l’implementazione della normativa anticorruzione: l’idea che abbiamo è quella di offrire e affiancare le Amministrazioni perché operino meglio. Alla vigilanza più tradizionale, quella che comunque continua, si affianca questa attività di aiuto e sostegno alle Amministrazioni.
Si chiama “whistleblowing” il fenomeno del dipendente pubblico che denuncia un illecito scoperto nel corso della sua attività lavorativa. Il numero dei casi è significativo?
Il numero dei casi è abbastanza significativo ed è un fenomeno che sta crescendo. La cosa importante è capire e valorizzare questo istituto. I whistleblowers sono soggetti che all’interno della loro organizzazione, magari anche a rischio di perdere alcune possibilità di avanzamento di carriera, in nome della correttezza, denunciano e segnalano cosa non va. Collaborano, quindi, alla realizzazione del bene pubblico per questo vanno protetti e ANAC lavora proprio in questo senso. Adesso va recepita la direttiva del 2019, perché questa rafforza l’istituto; abbiamo collaborato con il Governo per scrivere gli schemi di decreto legislativo e dobbiamo attuarla, non solo perché è un dovere europeo – purtroppo è recentemente scaduto il termine per il recepimento – ma soprattutto perché rafforza questa cultura della legalità e della buona amministrazione che è cultura della buona gestione della cosa pubblica.
Sconfiggere direttamente e definitivamente il fenomeno della corruzione mi sembra un’utopia. Le chiedo: ogni paese avrà sempre una quota fisiologica di corruzione che non si potrà togliere di mezzo?
Ci sono alcuni studi che prevedono anche questo, ma il nostro compito è quello di far sì che si comprenda l’importanza del combattere la corruzione. Al di là dei valori combattere e prevenire la corruzione è un qualcosa che conviene, fa risparmiare denaro, aiuta a migliorare l’amministrazione, aumenta la coesione sociale e garantisce una società in cui le persone, le imprese, i cittadini, le Pubbliche amministrazioni operano in modo più corretto; una società in cui viene valorizzato il merito, non viene calpestata, nel nome di regole non rispettate, la dignità o le possibilità delle persone, e quindi porta ad una società più giusta. Il male non si elimina, ma noi dobbiamo, tutti insieme, capire quanto è importante lavorare per prevenire la corruzione e quanto questo convenga.