Erroneamente molti credono che il Capodanno cada nella notte fra il 31 dicembre e il primo di gennaio. Queste persone confondono la forma con la sostanza: formalmente, il passaggio di calendario avviene effettivamente lì, in quel pezzo di tempo nel quale si passa dalla tavola con le lenticchie al terrazzo con le bottiglie – per sparare qualche botto, od osservare (con silenziosa invidia) chi li spara per noi. Sostanzialmente, invece, il nuovo anno inizia al rientro dalle vacanze estive. Sì, a settembre, proprio lì, quasi alla fine del calendario, quando, ebbri di sole, ricongiunti a un ritmo del tempo più vicino alla natura (e perciò più lento), iniziamo ad applicare tutti quei buoni propositi di cambiamento che abbiamo maturato: di fronte a un tramonto marino, davanti alla lunga indeterminatezza grigia di un panorama montano, o, più semplicemente, in una notte sudaticcia e insonne dentro casa.
Ci siamo lasciati alle spalle un tempo brutto, compresso e accelerato
Eccoci qui, insomma: luglio 2021. Ci siamo lasciati alle spalle un tempo brutto, compresso e accelerato: brutto perché di questo virus non ne possiamo più e solo il pensiero di averci ancora a che fare avvilisce, innervosisce e spinge alla ribellione; compresso, perché il tempo del lockdown – di qualunque colore sia stato tinto, rosso, giallo o bianco – è sembrato un tempo chiuso in se stesso, circolare e sferico, privo di ogni capacità di slancio, di proiezione in avanti, verso una qualsivoglia missione – anche uno straccio di orizzonte sarebbe andato bene ma no, nulla, nemmeno quello. Accelerato, infine, perché tutto questo tempo circolare, sospeso e chiuso, nel momento stesso in cui ci ha aperto la via che ci conduce al sentiero della vita “normale” (concetto, questo, tutto da ripensare, come l’espressione new normal indica) ci ha proietttati in uno spazio nel quale molti gesti del nostro campionario di abitudini e comportamenti, sono apparsi immediatamente superati, vecchi, irrimediabili.
Lockdown e smart working hanno spezzato la consuetudine quotidiana dell’altro
Siamo cresciuti (i giovani) e invecchiati (i diversamente giovani): il brutto è che, eccetto noi stessi, nessuno ha potuto accompagnare questo progresso con la propria percezione, perchè lockdown e smart working (tutte parole inglesi, che tristezza ma perché?) hanno spezzato la consuetudine quotidiana dell’altro. Ce la siamo vissuta ad soli, insomma.
In questo Capodanno estivo, perciò, ci iniziamo a preparare all’incontro, al riallacciare, con il nuovo anno, quella consuetudine quotidiana dell’altro, non mediata dallo schermo, entro la quale ci immergeremo diversi da come ne siamo usciti. I nostri occhi scruteranno i cambiamenti intervenuti nel volto e nel corpo di chi abbiamo davanti e sappiamo bene che questi faranno altrettanto coi nostri: nessuno se lo dirà, una coperta di silenzio (più o meno pietoso) coprirà i giudizi e i pensieri che si nasconderanno dietro i saluti, gli abbracci (con mascherina) e le espressioni di giubilo per la ripresa della consuetudine.
Luglio 2021: un segnalibro indeterminato nel libro della nostra esistenza
Verso che vita stiamo andando? Dove conduce lo scivolo ferragostano? Nessuno lo sa. Non la Politica, che è impegnata a riprendere confidenza con le leve del potere vero –scoprendolo georeferenziato, mediatizzato e reticolare – dopo decenni di appiattimento e abdicazione alle logiche e ai signori dell’economia finanziaria globale. Non la Società, scossa nel profondo dalla rivoluzione demografica, fatta di invecchiamento e denatalità, certo ma soprattutto di ridefinizione delle celle basilari della popolazione – quelle di genere (e lì sì che sono dolori). Non l’Economia, meno che mai gli economisti, ingabbiati da una morfologia teorica quantitativa e ideologica, incapace di individuare il punto di origine del grande cambiamento in atto -cioè l’umanità, le persone, noi, io che scrivo tu che leggi.
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Il nuovo anno, quello che inizia a settembre, comincia a costruire un mondo nuovo, nuovo perchè fatto da noi, donne e uomini nuovi, un po’ cambiati – che ne siamo consapevoli o no. Il nuovo quotidiano avrà le sembianze di chi non vuole più fare ogni giorno lo stesso tragitto nel traffico per andare nello stesso luogo di lavoro in cui ha convissuto per anni con le stesse persone; risuonerà della voce delle persone che s’incontrano all’aperto per stare assieme e che sanno che dovrà ancora passare molto tempo prima di farlo senza pensieri (e mascherine), come “prima”; condurrà i gesti di sempre in modi rinnovati dalle app dello smartphone, con il progressivo spegnersi silenzioso di ogni nostalgia per com’era prima. Il nuovo quotidiano vivrà in mura domestiche oggetto di cure quotidiane e straordinarie, sfilando quote di consumo agli spazi esterni. Una nuova vita in casa, dominata dal “come al”: il caffè “come al” bar, grazie a cialde e macchine di decantazione; la ginnastica “come al” centro sportivo/palestra, grazie al tapis roulant e alle macchine tecniche; il film “come al” cinema grazie a schermi enormi e apparati sonori potentissimi e poi: il lavoro “come in” ufficio, la didattica “come a” scuola e via dicendo. Basta poter spendere e il gioco è fatto.
Un Capodanno estivo che segnerà il primo anno del new normal
Il nuovo anno settembrino sarà fatto così, sarà il primo anno del new normal della nostra vita quotidiana. Almeno in questa parte di mondo che calpestiamo noi. Dell’altra non sappiamo e la sensazione è che ce ne importi poco. Non ci staremo malissimo nel new normal, in fondo, se avremo il coraggio e la saggezza di abbandonare il desiderio dello status quo ante: non esistono luci in fondo al tunnel perché non ci sono tunnel che stiamo percorrendo. Un piccolo virus, per conto della Storia, ci ha solo spostati dentro un nuovo quadro del grande gioco della vita. Un quadro progredito, con difficoltà apicali ma anche prospettive di un mondo migliore. Il resto sta a noi.
*Alberto Mattiacci, Presidente del Comitato Scientifico dell’Euirispes.