Ospite della rubrica Il punto a Mezzogiorno, Florindo Rubbettino, Presidente dell’omonimo gruppo editoriale fondato nel 1972 da suo padre a Soveria Mannelli, un piccolo paese della Calabria tra Catanzaro e Cosenza.
La sede regionale calabrese dell’Eurispes ha recentemente segnalato il problema dell’abbandono scolastico e dello spopolamento che interessa soprattutto le aree interne della nostra Regione. Che cosa ne pensa e cosa suggerisce per invertire una tendenza che sta assumendo, sempre più, connotati drammatici?
Quello di cui parliamo è un processo di lungo termine, che si è potuto osservare in Italia già dagli anni Cinquanta, con uno spopolamento crescente di quella spina dorsale del nostro Paese che è l’Appennino. Abbiamo visto un progressivo processo di urbanizzazione e di litoralizzazione che, in qualche modo, ha prosciugato questa grandissima porzione di territorio italiano. Eppure, queste aree sono territori dotati di grandissime risorse: culturali, naturali, patrimoni unici e irripetibili. Chi resta diventa un baluardo della conservazione di questi territori. Dal mio punto di vista, oggi le aree interne – soprattutto nell’epoca del Covid e del post – hanno acquistato una nuova centralità, perché abbiamo visto tutti quanto gli spazi vuoti, o comunque gli spazi poco popolati, abbiano riacquistato valore e centralità. Il problema è come consentire a questi territori di attirare di nuovo le persone, le stesse che sono andate via perché non trovavano le opportunità giuste in questo territorio. Diventano allora centrali tre aspetti, individuati, tra l’altro, anche nella Strategia Nazionale Aree Interne, ossia: occuparsi di istruzione e formazione; della sanità; della mobilità. A ciò aggiungerei un elemento che sta acquisendo un’importanza cruciale, come l’infrastrutturazione digitale. Senza questi asset di base purtroppo non possiamo aspettarci che questi territori tornino a vivere. Mi auguro che un aiuto arrivi dalla Strategia Nazionale Aree Interne che, devo dirlo, in una Regione come la Calabria è in enorme ritardo, e credo che questo dipenda anche dalla responsabilità di quelli che io chiamo i rentier del sottosviluppo, cioè coloro che lucrano dal sottosviluppo. Mi riferisco non solo alla politica, ma anche alla burocrazia. La Strategia Nazionale Aree Interne, congiunta al Recovery Plan possono rimettere al centro questi territori, che già di per sé sono dotati di straordinarie ricchezze. Spesso si pensa che i luoghi di azione della creatività siano le aree urbane. Certamente è così, perché in quei contesti si hanno molte più opportunità; però, un bellissimo viaggio nel nostro Paese ci porterebbe a scoprire, invece, la ricchezza di questi territori. Oggi più che mai l’allarme lanciato dall’Eurispes è necessario.
Lei è stato Presidente dei giovani imprenditori calabresi; da giovanissimo si è trovato al timone di un’azienda molto nota e che gode di un’ottima reputazione nel panorama nazionale e internazionale. Quali sono i fattori e gli elementi che hanno consentito ad un’azienda calabrese di raggiungere risultati così importanti?
Innanzitutto, credo che il successo sia una condizione di estrema precarietà, perché noi imprenditori siamo naturalmente esposti alla competizione e alla concorrenza, e dobbiamo sempre cambiare e innovare. Il successo per un imprenditore non è una condizione di stabilità, ma è una condizione di estrema fragilità se non vengono costruite le condizioni per mantenerlo. E, come sempre, credo che alla base non ci sia una ricetta unica, ma sia un mix, un’alchimia di tante cose messe insieme. Nel nostro caso potrei dire che abbiamo sempre creduto nel fattore persona, nel valore umano, ossia la differenza che possono fare le persone in un’azienda. Abbiamo sempre coltivato questo valore attraverso la formazione e la cura delle persone. Poi, chiaramente, c’è anche il tentativo di andare a occupare spazi lasciati liberi. Penso al campo editoriale nel quale ci siamo ritagliati un nostro spazio andando a coprire delle nicchie che erano state lasciate libere da altri imprenditori. Alla fine anche queste sono forme di innovazione: innovare in campo editoriale significa sperimentare nuove idee e progetti, nuovi modi di raccontare, così come nel mondo industriale significa fare ricerca e sviluppo. Creatività, ricerca e sviluppo, innovazione, formazione e capitale umano sono sicuramente gli asset principali per poter costruire le basi del successo.
Molto spesso la Calabria viene raccontata per stereotipi, modelli e riferimenti non proprio positivi, anzi molto negativi. È rappresentata quasi come una Regione afflitta e irrecuperabile. Le chiedo, da editore che ha pubblicato e pubblica saggi e romanzi di tantissimi autori calabresi e sulla Calabria, quale narrazione farebbe Lei, oggi, della sua terra?
Naturalmente credo che la Calabria sia una Regione con tantissimi problemi, con un retaggio storico che viene da lontano e che dispiega i suoi effetti anche sul presente, con tantissime criticità. Queste criticità vanno analizzate, raccontate, spiegate. Da editore calabrese, ossia da intermediario culturale, ho un ruolo che contribuisce, in qualche modo, a costruire non solo la rappresentazione esterna di questa Regione, ma anche come questa viene percepita dagli altri. Non dobbiamo dimenticarci che le rappresentazioni vanno a costruire anche una raffigurazione dei calabresi stessi, per cui se continuiamo ad alimentare cliché e stereotipi che spesso arrivano da uno sguardo esterno – o perché non si ha voglia di approfondire, o perché basati su un’idea deformata della realtà – finiamo col fare nostri tali cliché, e gli stessi calabresi si autoconvincono di vivere in una Regione disperata, diversa, irrecuperabile. Non è così, per fortuna. Per cui quello che manca è una narrazione dall’interno reale e positiva di questa Regione. Una narrazione che parta dalla voce di chi l’ha vissuta e osservata nei secoli. La Calabria ha una grande tradizione di narratori, giganti della letteratura che hanno raccontato l’anima di questa terra. Questa è, sicuramente, la prima cosa da fare; poi, ovviamente, bisogna anche dare voce al presente. Oggi la Calabria ha tante voci contemporanee, non solo letterarie, ma anche artistiche, di chi studia questa Regione dall’interno. Credo che si debba spingere proprio su queste leve, affinché si realizzi una narrazione diversa. La nostra terra dovrebbe smettere di rincorrere. Quando pensiamo al Sud in generale e alla Calabria in particolare usiamo sempre termini come “divario”, “ritardo”, “rincorsa”. Ecco, credo che già dal punto di vista lessicale questo approccio sia sbagliato, perché ci dà l’idea che dobbiamo raggiungere qualcuno che è più avanti di noi e in un Paese come l’Italia che purtroppo è fermo da decenni non è una bellissima prospettiva pensare di dover raggiungere qualcuno che è fermo. Per una volta questa Regione dovrebbe avere l’ambizione di scavalcare, di fare altro, di applicare un pensiero nuovo, laterale, creativo. Credo che debba costruire un pensiero nuovo, avendo l’ambizione di puntare ad un qualcosa di innovativo, da realizzare anche grazie alla sua storia, al suo paesaggio, alla sua centralità nel Mediterraneo, per esempio. Ci sono tantissimi fattori che si potrebbero mettere a sistema però, ovviamente, ci vorrebbe un pensiero strategico che guidi questi processi.