″Ricostruire il ruolo sociale degli insegnanti”, intervista al Presidente Luciano Violante su scuola e istruzione

scuola

Al fine di realizzare il Secondo Rapporto nazionale su Scuola e Università dell’Istituto Eurispes, sono state condotte delle interviste in profondità a personalità istituzionali, appartenenti al mondo della politica, dell’Università, della ricerca, dell’impresa, sul tema dell’istruzione in Italia, del suo futuro e delle sfide da affrontare in merito alla dispersione scolastica o alla formazione dei docenti. Pubblichiamo di seguito l’intervista condotta con Luciano Violante, già Magistrato e Presidente emerito della Camera dei Deputati.

Presidente, come valuta la spesa pubblica destinata all’istruzione in Italia? Perché, secondo lei, proprio quello della scuola è stato uno dei settori maggiormente colpiti, negli anni, da tagli?

Le conseguenze dei tagli in un àmbito strategico come quello della scuola non si vedono nell’immediatezza, fatto molto grave per un Paese che vuole assicurarsi un futuro. Agli insegnanti è stato così tolto prestigio sociale, aggravando una situazione che presenta, come è noto, molte criticità.

Rivolgendo lo sguardo alle passate riforme dell’istruzione, quali sono stati a suo avviso i passaggi più rilevanti?

Dovendo soffermarmi sul percorso evolutivo del sistema scolastico, direi in estrema sintesi, l’abolizione, avvenuta molti decenni fa dell’avviamento scolastico, perché ha segnato un cambio di passo. Altro aspetto che va ricordato: l’adozione dell’autonomia che è stata un bene.

Quali sono i fattori che influiscono maggiormente sull’apprendimento e, in generale, sui risultati positivi e negativi degli alunni?

Il reddito è la prima componente che pesa sulla performance degli studenti, insieme all’ambiente familiare. Bisogna agire su questi fattori con politiche mirate se vogliamo ottenere risultati di innalzamento della qualità nel prossimo futuro.

Uno dei punti cruciali del dibattito sul sistema dell’istruzione nel nostro Paese è quello relativo alla formazione dei docenti scolastici ed universitari. Sembra impossibile immaginare un modello che non affidi la qualità dell’istruzione alle capacità ed alla buona volontà del singolo docente. Come si esce da questa impasse?

A tutti i livelli gli insegnanti devono essere meglio pagati e sottoposti a valutazioni periodiche. Non vedo altra strada per uscire dalla improvvisazione e dagli “interventi spot”.

In che misura ed in che modo, a suo avviso, le prospettive demografiche incideranno sul sistema scolastico del nostro Paese?

Bisogna intensificare i livelli della qualità, aspetto che riguarda anche il divario Nord-Sud: sono questioni che vanno affrontate con strumenti nuovi, capaci di rispondere alle esigenze del tempo presente.

A suo giudizio, la scuola primaria e quella secondaria di primo grado si dimostrano efficaci nel fornire basi solide nelle diverse discipline e preparare gli alunni alle scuole superiori? E le superiori all’Università?

La primaria ‒ anche a giudicare dalle statistiche di cui disponiamo ‒ sembra andare nella giusta direzione, la secondaria di primo grado manca di identità per varie ragioni che non è possibile trattare in un’intervista; le superiori e le Università potremmo affermare che mantengono un livello medio accettabile.

L’Italia si segnala per elevati tassi di abbandono e dispersione scolastica. A suo giudizio, quali sono le principali cause del fenomeno, quali le strategie più urgenti da adottare?

Disagio sociale, mancato convincimento della utilità degli studi, sono aspetti particolarmente gravi rispetto alle quali bisognerebbe correre ai ripari, se vogliamo dare una sterzata al sistema scuola.

Qual è e quale sarà nell’immediato futuro l’impatto delle tecnologie sul sistema scolastico?

Dovrà cambiare il modo di insegnare. I nuovi strumenti impongono metodologie nuove, linguaggi diversi, la tecnologia va conosciuta e governata e portata in classe con consapevolezza.

A suo giudizio, l’offerta universitaria in Italia è adeguata alle richieste del mercato del lavoro?

La questione più grave che va denunciata risiede nel fatto che non viene garantito il diritto allo studio. Andrebbero ‒ anche per creare un ponte di collegamento tra formazione e lavoro ‒ incentivate le formazioni telematiche di qualità.

Nell’istruzione superiore, la classica dicotomia fra pubblico e privato si è arricchita di nuovi soggetti (academy aziendali, società di consulenza, business school, start up digitali, piattaforme educative globali, eccetera). Come valuta questa diversificazione dell’offerta?

In generale la valuto positivamente. In prospettiva credo che vada eliminato il valore legale del titolo di studio.

Qual è, a suo avviso, la principale sfida che la scuola italiana si trova ad affrontare nei prossimi anni?

La ricostruzione del ruolo sociale degli insegnanti. Ad un ceto professionale demotivato non si può chiedere nulla, teniamolo bene in mente.

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