Fmi e Ocse valutano l’amministrazione finanziaria italiana

Nei due rapporti FMI e Ocse, commissionati per avere una valutazione dello stato di salute dell’Amministrazione Finanziaria italiana, emergono alcune “criticità” e alcuni utili spunti di riflessione. Al di là delle affermazioni di mero principio, generali o programmatiche, i punti su cui, condivisibilmente, l’FMI invita ad appuntare l’attenzione (soprattutto sotto il profilo del contrasto all’evasione) sono:

– Intraprendere concrete azioni per affrontare alla radice le cause dell’accumulo dei debiti fiscali.

– Incrementare l’efficacia dell’attività di controllo e di indagine sulle frodi fiscali.

Un settore su cui non possono essere più ammessi ritardi, secondo l’FMI, riguarda quello delle frodi IVA. Anche tale conclusione è senz’altro condivisibile, anche considerato che, come sottolinea l’FMI, il gap IVA in Italia è stato stimato tra i più alti dell’UE (31%) e gli omessi versamenti di IVA sono una quota significativa (circa il 35%) dello stock dei ruoli in carico ad Equitalia nel 2014, pari a 188 miliardi di Euro.

In tale contesto l’attenzione principale andrebbe focalizzata sulle frodi IVA intracomunitarie, cosiddette “missing-trader” (frodi carosello), poste in essere attraverso società fantasma, create ad hoc con l’intenzione fraudolenta di non pagare l’IVA, e permettere ad altri anelli della catena della frode di dedurre l’IVA e ottenere il rimborso o ridurre una passività, con anche società interposte al solo scopo di rendere difficoltose le indagini. Anche per tale motivo tra le misure ora proposte dal Governo vi è l’anticipazione della dichiarazione Iva, per allineare gli F24 ed intercettare per tempo i mancati versamenti. Le società “cartiere” e “filtro” nascono però per la “gestione” di un limitato numero di operazioni illecite e scompaiono poi velocemente, rendendo così estremamente difficoltosa l’individuazione degli effettivi responsabili dei fatti illeciti. E comunque, anche quando vengono rinvenuti i rappresentanti legali delle cartiere, si tratta per lo più di soggetti insolvibili, se non addirittura incapaci di intendere e di volere. A conferma di ciò si evidenzia del resto che lo stesso rapporto riconosce che “la missione è stata informata che molte delle maggiori imposte, sanzioni e interessi derivanti da verifiche e indagini svolte dalla GdF è in definitiva inesigibile (ad esempio, i rilievi in relazione a casi di frode IVA) e semplicemente si aggiunge ad una già notevole quantità di imposte inesigibili da riscuotere”. E allora al di là di anticipare di intercettare tempestivamente la frode, sarebbe opportuno anche avviare tempestive misure cautelari e, come suggerisce anche l’FMI implementare un corretto uso degli input provenienti dal VIES.

Il Sistema VIES è infatti il sistema elettronico di scambio dati sull’IVA a disposizione dei contribuenti italiani. Su tale sistema il contribuente può, inserendo la partita IVA del soggetto estero, verificare la corrispondenza tra partita IVA e denominazione del cliente straniero, nonché se la partita IVA è ancora attiva, oppure è stata chiusa ed in quale data. Le procedure di cancellazione delle partite IVA, secondo l’FMI, sono infatti troppo lente per fermare le frodi IVA in una fase iniziale e non riescono ad assicurare la rapida cancellazione dei missing traders dal sistema, laddove invece la cancellazione ha dimostrato di essere molto efficace nel bloccare le frodi.

Il problema poi in tali casi risiede anche nella definizione di buona fede dei soggetti apparentemente convolti nella frode (quelli che acquistano dalle cartiere). In tal senso si potrebbe per esempio intervenire sotto il profilo della prova contraria da ritenersi sufficiente a dimostrare la buona fede, magari recependo l’indirizzo della Cassazione in base al quale essere molto rigorosi sulla necessità di verifica della correttezza del numero identificativo Iva per fruire dell’esenzione di imposta negli scambi intracomunitari.

L’Ocse infine suggerisce, tra le altre, di adottare un controllo più strategico sull’amministrazione fiscale, orientando le Convenzioni con le Agenzie su indicatori di alto livello piuttosto (contrasto ad evasione fiscale di grandi contribuenti ed internazionale in primis). E questo anche perché il valore dell’evasione fiscale relativa all’IVA viene stimata da Confindustria in 40 miliardi di euro. Inoltre se l’Italia fosse capace di ridurre della metà la sua evasione fiscale, allocando le risorse riscosse in favore della riduzione dell’onere fiscale complessivo, il PIL crescerebbe del 3.1% e potrebbero essere creati più di 335.000 posti di lavoro. A comprova dunque che è proprio su tale fronte che va appuntata la massima attenzione, anche normativa.

 

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