Consapevolezza del valore del cibo contro il caporalato: intervista all’On. Susanna Cenni

caporalato Cenni

Caporalato, politiche agricole, sfruttamento del lavoro, immigrazione: temi che accomunano cronaca quotidiana e visione politica, soprattutto in relazione al PNRR. Contro il caporalato non operano solo le leggi, ma è necessaria una diffusa educazione alla sostenibilità ambientale e consapevolezza del valore del cibo. Intervista all’On. Susanna Cenni, Vice Presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati e responsabile Agricoltura del Partito Democratico.

Dopo due anni di audizioni e indagini conoscitive è stato approvato un documento conclusivo delle commissioni riunite Lavoro e Agricoltura della Camera sul fenomeno del caporalato. Un lavoro che Lei stessa ha definito importante. Quali sono i risultati e le proposte di questo documento?

Indubbiamente un lavoro lungo ed importante, iniziato con un Governo, vorrei ricordarlo, che annunciava di voler “mettere mano” alla legge sul caporalato (199/2016), cosa che, per fortuna, non è avvenuta. I risultati sono contenuti in quasi 30 pagine di sintesi e in alcune indicazioni di lavoro piuttosto chiare che hanno ricevuto un voto unanime nelle due commissioni riunite. Si conferma che la 199/2016 è una buona legge, ma che risulta in parte non attuata: occorre intervenire sulle distorsioni del mercato e su una competitività che si continua a giocare sul ribasso dei prezzi; è necessario intervenire sulle norme per l’ingresso dei lavoratori immigrati; bisogna incentivare e valorizzare le filiere trasparenti e le imprese che aderiscono alla rete del lavoro agricolo di qualità; servono più ispettori per i controlli e servizi per la presa in carico dei denuncianti. Auspicavamo la condizionalità sociale nella nuova PAC, una battaglia vinta in questi giorni.

La legge 199/2016 contro lo sfruttamento del lavoro costituisce un avamposto fondamentale, come molte indagini, inchieste e processi stanno dimostrando. Che cosa fare per la sua completa applicazione?

In parte lo dice la conclusione della indagine. È un pilastro fondamentale, ma occorre davvero applicarla completamente, farla funzionare in tutta la sua articolazione, anche con un ruolo più attivo dell’INPS sul territorio. A tal fine, credo che gli interventi previsti dal piano varato dai Ministri competenti debba procedere con sollecitudine e che le opportunità previste anche nel PNRR debbano essere pienamente utilizzate per gli alloggi e per consegnare il prima possibile al passato la vergogna dei ghetti in cui i braccianti continuano a vivere in condizioni disumane.

Insieme al tema del caporalato persistono in Italia norme che contribuiscono a definire il carattere di vulnerabilitàe ricattabilità dei migranti impiegati nel settore agricolo e non solo. Tra queste, ad esempio, la legge Bossi-Fini del 2002 e il Decreto Flussi, recentemente criticato dal Presidente della Corte di Cassazione, Dott. Giovanni Salvi, in un’intervista rilasciata all’Eurispes. Qual è la sua opinione al riguardo, e che cosa fare?

Penso che il tempo di cambiare quelle norme sia ormai maturo. Abbiamo subìto, ad inizio legislatura, un decreto sicurezza peggiorativo, solo in parte migliorato dal Conte 2 che, ad esempio, affronta il tema della convertibilità dei permessi di soggiorno rilasciati per altre ragioni in permessi di lavoro. Si è fatto un primo passo in avanti con le norme sulla regolarizzazione. Ne abbiamo visti, però, anche i limiti. Adesso, come abbiamo scritto nella relazione, servono norme per gestire in modo ordinato e continuativo le modalità di ingresso di lavoratori e lavoratrici stranieri per ragioni di lavoro nel nostro Paese. Vorrei far notare che da alcune settimane si torna a dare l’allarme per la mancanza di manodopera nell’agricoltura. Ecco, ricordiamoci, anche a raccolta terminata, che stiamo chiedendo l’aiuto di persone.

Lo sfruttamento lavorativo coinvolge uomini ma, sempre più spesso, anche donne. Come intervenire su questo specifico e drammatico tema?

Sono, come noto, molto sensibile al tema. I rapporti elaborati sul caporalato dall’Osservatorio Placido Rizzotto, dall’Eurispes, i racconti di Borrometi sulla provincia di Ragusa, il lavoro di Omizzolo sull’Agro Pontino, ed altri dati, sono una testimonianza di quella drammatica dimensione di ulteriore sfruttamento che riguarda le braccia ed i corpi delle donne. È del tutto evidente che si cerca di combatte tutto questo con un sistema territoriale di presa in carico delle donne/vittime: prima accoglienza, assistenza sanitaria, tutela legale, supporto sociale. Il primo, grande messaggio deve essere la sconfitta dell’isolamento di queste donne. Ho provato ad inserire alcuni spunti in merito nella mia proposta di legge 2930 dell’8 marzo 2021, in cui, all’art 4 – che norma la redazione del Piano per le azioni a sostegno delle donne in agricoltura –, si prevedono «reti di contrasto e prevenzione dei fenomeni di molestie e violenza anche in raccordo con i consultori, i centri antiviolenza, le aziende sanitarie locali». Conto, comunque, di poter ascoltare e parlare direttamente con alcune di queste donne per raccoglierne le testimonianze e i suggerimenti necessari a sconfiggere questo drammatico fenomeno criminale.

La provincia di Latina è da anni caratterizzata da varie forme di sfruttamento, in alcuni casi anche di schiavismo. Recentemente, con l’operazione “No Pain”, la Procura locale, per mezzo dei Carabinieri dei NAS, ha arrestato, tra gli altri, un medico di base e una farmacista di Sabaudia che rilasciavano prescrizioni ai braccianti indiani allo scopo di comprare, senza avere le relative patologie, medicinali per sopportare ritmi e orari di lavoro particolarmente intensi. Come intervenire per impedire fenomeni di questo tipo?

Ciò che queste vicende ci hanno consegnato è il ritratto di imprese e di uno sfruttamento senza scrupoli, basato sull’utilizzo di esseri umani come meri macchinari senza alcuna relazione umana, senza rispetto non solo dei diritti sindacali, ma dei diritti umani. Ma evidenziano anche reti di connivenza spaventose. Spero che i responsabili siano perseguiti adeguatamente. Servono controlli, tracciabilità e serve davvero una grande regia tra Forze dell’ordine, Istituzioni e sindacati, affinché connivenze e silenzi vengano sconfitti e si imponga la cultura diffusa della legalità. Ed è fondamentale che i lavoratori e le lavoratrici, i braccianti e le braccianti, di qualsiasi nazionalità, non siano isolati, ma maturino la consapevolezza dei loro diritti.

Il 2 giugno del 2018 l’allora Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, affermò pubblicamente: «la pacchia è finita!», rivolgendosi ai migranti presenti in Italia. Quello stesso giorno venne ucciso a fucilate il 29enne maliano Soumalia Sacko a San Calogero (provincia di Vibo Valentia) per aver tentato di recuperare qualche lamiera in una fabbrica. Quanta responsabilità ha la politica sovranista nell’aver generato, in questo Paese, un clima discriminatorio che può aver prodotto episodi gravissimi come la morte di Soumalia Sacko?

Una enorme responsabilità. Purtroppo a quella violenta tragedia ne sono seguite altre, anche recenti. Penso a Borgo Mezzanone, agli incendi nei ghetti. Penso anche alla morte, nei giorni scorsi, di Camara Fantamadi, 27 anni, morto dopo aver lavorato sotto un caldo infernale, mentre rientrava. Davvero una pacchia. Come accadde anche a Paola Clemente. Pochi euro l’ora, condizioni di lavoro disumane, quando ci sono, contratti fittizi. Il tema delle condizioni del lavoro nei campi, nell’edilizia, nella logistica, sta esplodendo in maniera molto forte. E sappiamo che la crisi pandemica ha aggravato questo quadro. Confido nella presenza di Andrea Orlando alla guida del Ministero del Lavoro. Non si tratta solo di norme, ma della rimessa in campo di una cultura e di una coesione sociale che metta con forza al centro le persone e le tutele in una fase complessa come quella che stiamo vivendo. Non possono esserci ripartenza né resilienza senza coesione sociale.

Come interverrà, secondo Lei, il PNRR nel sottrarre uomini e donne dalla morsa del caporalato e dello sfruttamento?

Il tema è ripreso e si fa un chiaro riferimento, come dicevo precedentemente, agli interventi sugli alloggi nella Missione 2. Nel PNRR ci sono espliciti obiettivi nella Missione 5 con il Piano Nazionale per la lotta al lavoro sommerso che richiama il piano triennale contro il caporalato. Sono citati obiettivi precisi: affinamento delle tecniche di raccolta dati e condivisione per avere circolazione delle informazioni tra le varie autorità, misure di sostegno alla trasformazione del lavoro irregolare in regolare, rafforzamento dei sistemi di controlli – anche attraverso l’assunzione di nuovi ispettori. Una prima scadenza è prevista nel 2022 con l’incremento delle ispezioni e la misurazione della efficacia delle misure. Certo, poi occorrerà vigilare anche sui decreti attuativi, perché è evidente che dentro gli appalti, a seconda di come si fanno, possono annidarsi nuove opportunità di sfruttamento e sommerso, e il massimo ribasso non aiuterebbe in questa battaglia.

Agricoltura e GDO. Come superare pratiche sleali e interessi economici che si sviluppano a discapito dei diritti del lavoro e dell’ambiente?

Il tema delle dinamiche dei prezzi nei prodotti alimentari è una delle ragioni alla base dello sfruttamento del lavoro in agricoltura (e non solo) e delle difficoltà delle tante piccole imprese agricole che non riescono ad avere un reddito dignitoso dalla loro attività. La GDO può, se vuole, giocare un ruolo virtuoso. Alcune catene hanno iniziato ad investirci con filiere che valorizzano la dignità del lavoro, il rispetto dell’ambiente e la tracciabilità. Non tutte, purtroppo, lo fanno. Alla Camera, oramai due anni fa, è stata approvata una mia proposta di legge per vietare le aste a doppio ribasso, limitare il ricorso al sottocosto, incentivare le filiere etiche e trasparenti che investono sulla qualità del lavoro e sull’adesione alla rete del lavoro agricolo di qualità. Quel testo nacque dopo l’emersione del ricorso alle aste al doppio ribasso da parte di Eurospin. Il testo, purtroppo, non è ancora stato approvato dal Senato. Nel frattempo il nostro Paese ha recepito la direttiva europea contro le pratiche sleali, ma occorre che il Governo dia attuazione alla delega, perciò siamo, ancora una volta, in piena stagione di raccolta senza norme che vietano quelle aste.

In sostanza, dobbiamo fare di più. E non solo come singoli Paesi. Costruire sistemi alimentari in grado di garantire cibo di qualità a tutti, equi, sostenibili ambientalmente e socialmente, sarà la sfida da vincere a livello globale. Dobbiamo impegnarci a far si che la mole importante di risorse che avremo a disposizione con la nuova programmazione Pac e con il PNRR si muova in questa direzione. E costruire una cultura ed una educazione diffusa, la consapevolezza del valore del cibo, di cose c’è dietro, imparare a riconoscere e scegliere, a lasciare sugli scaffali prodotti a prezzi troppo bassi anziché riempirci ossessivamente i nostri carrelli al supermercato. Anche perché quelle quantità di “offerte” troppo spesso diventano rifiuti e spreco alimentare.

Lintervista è disponibile anche in inglese

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