Oggi, in occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile, occorre fare alcune riflessioni sulla condizione dei minori, in Italia in particolare. Ci sono leggi che derivano da un lungo percorso storico e rappresentano bene il livello di civilizzazione di un paese o di un’intera regione politica. Una di queste è, senza alcun dubbio, l’articolo 32 della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Convention on the Rights of the Child – CRC) il quale afferma, in modo chiaro, che gli Stati parte riconoscono il diritto di ciascun bambino, bambina, ragazzo e ragazza a essere protetto contro lo sfruttamento e a non essere costretto a svolgere lavori che comportino rischi, a mettere a repentaglio la sua educazione, di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale. Si noti che, all’interno di questa norma così elaborata, non vi è alcun riferimento alla nazionalità. Lo sguardo e l’impegno previsto sono infatti volti a tutelare l’infanzia sempre, a prescindere dal luogo in cui si nasce e dal sistema economico o politico dentro il quale si cresce. Ciò che conta, in tal senso, è soltanto l’essere minori, da cui deriva un complesso di tutele fondamentali e insuperabili. Il carattere etnico, culturale, economico o di altra natura non conta. La norma, inoltre, non si limita a riconoscere i diritti dei bambini quali elemento centrale della civiltà del diritto ma sprona gli Stati ad adottare misure legislative, amministrative, sociali ed educative per garantire l’applicazione di tale articolo in tutte le sue parti, generando una convergenza in termini di ratio e di produzione legislativa in grado di uniformare la portata di tale provvedimento ben oltre i confini dei singoli Stati. A questo scopo, ad esempio, si deve stabilire, sul piano normativo, un’età minima di ammissione all’impiego, prevedere un’adeguata regolamentazione degli orari di lavoro e delle condizioni lavorative e pene o sanzioni appropriate nei riguardi degli sfruttatori per garantire l’attuazione effettiva di tale articolo. Insieme a questa produzione normativa, si devono prevedere anche strumenti investigativi, di controllo e monitoraggio adeguati su tutto il territorio di propria competenza, al fine di evitare qualunque eccezione che possa portare bambini e bambine a vivere l’orrore dello sfruttamento, della povertà indotta per speculazione o violenza, anche di natura sessuale, degli adulti o per qualche loro specifico interesse.
Anche in Occidente, Italia compresa, si stenta a far rispettare il diritto dei minori a un’infanzia serena e protetta
Ciò nonostante, il mondo non sembra sufficientemente impegnato su questo tema. Questa latitanza non riguarda solo paesi governati da regimi dittatoriali o caratterizzati da livelli di povertà economica gravissimi. Anche l’Occidente, infatti, Italia compresa, stenta a far rispettare il diritto dei minori a un’infanzia serena e protetta. Il Comitato ONU, già nelle Osservazioni Conclusive del 2003, ad esempio, manifestava una motivata preoccupazione per l’alta diffusione del lavoro minorile in Italia e raccomandava al nostro Paese di sviluppare «una strategia globale con obiettivi specifici e mirati finalizzati alla prevenzione ed eliminazione del lavoro minorile attraverso, tra l’altro, delle attività di sensibilizzazione e l’individuazione dei fattori che lo causano». Ancora oggi, purtroppo, le disuguaglianze territoriali e le varie forme di povertà economica, sociale e culturale colpiscono i bambini e le bambine sin dalla nascita, condizionandone il percorso di crescita anche in Italia. Si tratta di minori di origine straniera e italiana che lasciano troppo presto gli studi dell’obbligo, che vivono condizioni abitative precarie o che sono impiegati in lavori manuali di varia natura (bracciantato, accattonaggio, edilizia, ristorazione). Queste disparità si manifestano in modo piuttosto evidente nella grave differenza di speranza di vita alla nascita che marca una distanza di oltre tre anni tra i bambini che nascono in Campania e quelli che nascono invece nella Provincia di Trento. A questo dato va sommata la mortalità infantile. Nonostante l’Italia sia tra i migliori paesi a livello mondiale, persiste una rilevante e inaccettabile forbice tra la Calabria (4,16‰) da una parte e l’Umbria (1,15‰) dall’altra.
Le disuguaglianze territoriali e le varie forme di povertà economica, sociale e culturale colpiscono i bambini e le bambine sin dalla nascita
Secondo il Rapporto “Coltivare ora il nostro futuro. L’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”, realizzato dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) a ottobre 2024, l’Italia segna un’evoluzione insoddisfacente per gran parte dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 (denominata “Goal”), insieme a radicali disparità regionali per la maggior parte degli Obiettivi, in evidente contraddizione con il principio chiave dell’Agenda di “non lasciare nessuno indietro”. Per quanto riguarda, ad esempio, il Goal 1 “Sconfiggere la povertà”, in Italia la povertà assoluta colpisce 5,7 milioni di persone, con un’incidenza maggiore nel Mezzogiorno e conseguente maggiore esposizione dei minori a una condizione che li espone al grave disagio abitativo, povertà economica, crisi alimentare e sanitaria nonché a forme varie di violenza e sfruttamento. Secondo lo studio citato, nel 2023 il numero di minorenni che appartenevano a famiglie in povertà assoluta era pari a 1,3 milioni, cioè un minore su sette. Il dato riguardava soprattutto quelli che vivevano in famiglie numerose, spesso monoreddito e in aree depresse sotto il profilo economico e sociale, premettendo un destino caratterizzato dalla marginalità o dalla migrazione obbligatoria verso altre aree del Paese o verso l’estero.
Nel 2023 il numero di minorenni che appartenevano a famiglie in povertà assoluta era pari a 1,3 milioni, cioè un minore su sette
Anche secondo l’ultimo Rapporto annuale dell’Istat si sono toccati livelli allarmanti, con giovani sempre più in difficoltà. La povertà assoluta, in particolare per quanto riguarda la condizione delle famiglie, dei bambini e degli adolescenti, raggiunge livelli mai toccati negli ultimi dieci anni. Nel 2023, ad esempio, l’incidenza della povertà assoluta più elevata si è osservata tra i minori di 18 anni: il 14% di bambini, bambine e adolescenti sono poveri. È il dato più alto dal 2014. In definitiva, i minori di 18 anni che si sono trovati in povertà assoluta nel 2023 risultano, secondo l’istituto di statistica nazionale, in percentuale molto più della media della popolazione italiana, pari al 9,7%, manifestandosi il paradosso del progresso civile, ossia col diminuire dell’età, cresce l’incidenza della povertà assoluta. Sono considerate in questa condizione le famiglie e le persone che non possono permettersi le spese minime per condurre una vita accettabile, definite attraverso un paniere stabilito ancora dall’Istat che uniforma e specifica le variabili sociali assunte a livello nazionale. Si considerino, ad esempio, tutti i minori che vivono nei circa 150 “ghetti” diffusi nel Paese, cioè aree del disagio assoluto, privati del loro diritto alla serenità e a uno sviluppo psico-fisico adeguato.
Circa 1 milione e 127 mila ragazzi e ragazze in Italia vive in condizione di deprivazione materiale e sociale
Negli ultimi dieci anni, inoltre, l’incidenza della povertà assoluta a livello familiare è salita dal 6,2 all’8,5%. Rispetto al 2014, sono aumentate di 683 mila unità le famiglie in povertà e di circa 1,6 milioni le persone che vivono questa drammatica condizione. Inoltre, il 13,5% dei minori di 16 anni, circa 1 milione e 127 mila ragazzi e ragazze, è in condizione di deprivazione materiale e sociale, ossia 0,5 punti percentuali in più rispetto alla media dell’Unione europea. Una deprivazione che allontana, a volte in modo insuperabile, i minori stessi dal godimento di alcuni diritti fondamentali come quello alla salute, ai servizi sociali, alla formazione obbligatoria e a una vita serena nel luogo di residenza per una crescita equilibrata. È stato registrato anche un aumento del 3,8% dei minori in povertà assoluta tra i figli di operai e lavoratori manuali, probabilmente in ragione del diffondersi di condizioni di precarietà lavorativa e conseguente fragilità economica e sociale. In questi casi l’incidenza passa dal 15,6% al 19,4%, testimoniando una vulnerabilità specifica per i nuclei di lavoratori dipendenti in mansioni esecutive, specialmente quando hanno potuto contare su un solo reddito o su problemi di salute che hanno riguardato membri del proprio nucleo familiare.
Il nostro Paese vive una grave crisi di futuro
I dati dell’Istat certificano anche il quadro drammatico della denatalità in Italia: negli ultimi vent’anni ci sono 3 milioni di giovani in meno, con appena 10,33 milioni di persone tra i 18 e i 34 anni nel 2023 e un calo del 22,9% rispetto al 2022 quando erano 13,39 milioni. L’Italia dunque non solo non è più giovane ma risulta anche non essere più un Paese per giovani, cioè vittima, in definitiva, di una grave crisi di futuro, incapace di investire su sé stessa, di guardare con speranza al domani investendo su coloro che nascendo oggi nel prossimo futuro concorreranno in vario modo a governera il Paese facendogli giocare sfide che oggi sono solo sullo sfondo dell’orizzonte sociale e politico.
La povertà materiale ed educativa è premessa di una condizione adulta di marginalità e povertà strutturale
Anche la questione relativa alla povertà materiale ed educativa è allarmante. Il dato sulla povertà relativa dei minori nel 2022 sale a livello nazionale raggiungendo il 22,2 % rispetto al 20, 4% del 2021 ed aumenta in ben 10 regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Sardegna, Toscana, Umbria, Veneto), con forti differenze che vedono la Calabria con la percentuale più alta (44,9%), seguita da Molise (42,1%) e Campania (37,1%). Si deve rammentare che la povertà materiale ed educativa è premessa di una condizione adulta di marginalità e povertà strutturale, con problematiche varie che vanno dall’esposizione dell’adulto ex minore povero ed emarginato al grave sfruttamento, al disagio abitativo e a forme varie di violenza subita e/o riprodotta o di dipendenza. La serie di indicatori relativi ai servizi educativi per la prima infanzia mette inoltre in evidenza il dato relativo al numero di posti nei servizi socio-educativi per la prima infanzia per 100 bambini di 0-2 anni che è in aumento a livello nazionale (30% di cui 14,3% a titolarità pubblica), anche se con forti differenze regionali. Superano infatti la soglia del 33% Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Sardegna, Toscana, Provincia di Trento, Valle D’Aosta, Veneto e solo l’Umbria supera il 45% (46,5%), mentre all’opposto Campania (13,2%) e Sicilia (13,9%) sono le regioni con la percentuale più bassa sotto il 15%, a dimostrazione di un divario regionale che pesa enormemente sul futuro dei minori e del Paese.
Molti indicatori mettono in luce un aumento delle difficoltà affrontate dai minori all’interno di un inverno demografico che li rende minoranza trascurata
Un ambito particolarmente interessante è quello relativo alla Protezione, cioè alle misure speciali per la tutela dei minori e nel capitolo violenza, comprendendo i dati relativi ai minori stranieri non accompagnati, che evidenziano un netto aumento a livello nazionale e in quasi tutte le Regioni: la Sicilia con 5.055 MSNA e il 26,31% sul totale è la Regione con la più alta percentuale di MSNA seguita da Lombardia (12,75%), Campania (8,24%) ed Emilia Romagna (8,09%), mentre le uniche due regioni in calo sono il Friuli Venezia Giulia 3,55% e la Puglia 3,93%. In definitiva, molti indicatori mettono in luce un aumento delle difficoltà affrontate dai bambini e dagli adolescenti all’interno di un inverno demografico che li rende minoranza trascurata (nel 2023 si è raggiunto il picco negativo, con meno di 400mila nuovi nati) al quale si associa l’aumento della povertà minorile, il peggioramento di rilevanti indicatori di salute e la diminuzione della pratica sportiva e alla esposizione ad ambienti inquinanti.
La nuova strategia dell’Ue sui diritti dei minori e la “Garanzia europea per l’Infanzia”, nuove opportunità per i diritti dei bambini e degli adolescenti
Nonostante questo quadro certamente non idilliaco, si presentano alcune possibilità che potrebbero contribuire grandemente a invertire la rotta. La nuova strategia dell’Ue sui diritti dei minori e la “Garanzia europea per l’Infanzia” approvata per prevenire e combattere l’esclusione sociale e garantire l’accesso effettivo a una serie di diritti essenziali a tutti i bambini che vivono in Europa, il Piano nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR), con investimenti rilevanti a partire dalla rete degli asili nido e la programmazione europea 2021-2027 possono ad esempio rappresentare occasioni storiche per migliorare sensibilmente il quadro dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nel nostro Paese. Per farlo è necessario, tuttavia, che le risorse raggiungano effettivamente le aree più svantaggiate e avviano percorsi sociali, economici e politici virtuosi nel luogo periodo. Per farlo è necessario l’impegno di ciascuna Regione perché l’investimento di queste ingenti risorse non sia un’ennesima occasione sprecata.
*Marco Omizzolo, sociologo e ricercatore dell’Eurispes.