Perdersi in Europa senza famiglia. Storie di minori migranti (Altreconomia, 2023) si compone di dieci capitoli densi di dati, riflessioni, citazioni e storie che consentono di entrare in un intricato labirinto: un dedalo di sentieri sotto il cielo d’Europa, tra rotte di mare e camminamenti di montagna, in cui perdersi assieme ai minori migranti stranieri non accompagnati. Il giornalismo investigativo e le inchieste cross border, peculiarità di Lost in Europe – un gruppo di 28 giornalisti di 14 Paesi, a cui le due autrici del libro Cecilia Ferrara e Angela Gennaro appartengono – sono alla base di questo viaggio alla scoperta del mondo dei vulnerabili: i giovani migranti, “la masnada delle aquile”, per estendere ai più di 20mila minori stranieri non accompagnati (Msna) attualmente in Italia l’espressione che Riccardo Roschetti utilizza riferendosi, nello specifico, all’immigrazione minorile albanese-kosovara in Italia.
Attualmente in Italia ci sono 20mila minori stranieri non accompagnati
Perdersi in Europa senza famiglia, per bambini e bambine, ragazzi e ragazze che sembrano non appartenere a nessuno, è molto facile. Con la stessa facilità, il civile e democratico Occidente si dimentica di inserire una questione così urgente nell’agenda politica italiana ed europea, come sostiene con solide argomentazioni il sociologo Eurispes Marco Omizzolo nell’Introduzione al libro, intitolandola opportunamente “Un’emergenza dimenticata”. Perdersi in Europa senza famiglia vuol dire anche smarrirsi tra i meandri del sesso e del lavoro forzati, dello sfruttamento criminale, tra rischi di violenza e abusi disumani e degradanti. Tutto questo viene ripercorso e raccontato nei dettagli, con grande perizia esplorativa e descrittiva, nonché dovizia di particolari dalle due giornaliste, che squarciano il velo di Maya assegnando il nome reale alle cose, ai fatti, senza mistificazioni: muri, rotte pericolose, porti insicuri, la stazione Termini come il quadrante dello spaccio, della prostituzione, della ricettazione, delle rapine. Volti incrociati, lacrime asciugate, piaghe curate, parole ascoltate e altrettanti silenzi assordanti accolti, che si sono tradotti in storie: quelle di Lamin, Fatos, Ahmed, Anastasia, Fatima, Quyen e Hieu, Edwin, Maissa, per citarne solo alcune. Le etichette occidentali, con le categorie di “noi” e “loro”, stigmatizzano il mondo dei vulnerabili come il mondo del rifiuto: barriere, confini, stereotipi anti-migranti sono alcuni dei termini che ricorrono più frequentemente, a determinare un vero e proprio campo semantico di esclusione, emarginazione, discriminazione, razzismo.
Perdersi in Europa vuol dire anche smarrirsi tra tra rischi di violenza e abusi
La linea del colore troppo spesso diventa il discrimen per non accogliere, con politiche adeguate, coloro che sono stati bambini nei loro paesi d’origine e non possono essere adolescenti in questa vita di migrazione. Perché non applicare pienamente la legge Zampa, creata appositamente nel 2017 per affrontare le sfide legate ai minori stranieri non accompagnati in Italia, per garantire loro una protezione adeguata e un percorso di integrazione efficace? La legge Zampa aveva come obiettivo quello di mettere a sistema il percorso di accoglienza per i Msna, dall’accertamento dell’età – uno dei punti più dibattuti e di maggior criticità – all’accoglienza, dalla possibilità di inserire i minori in famiglia, con un affido, alla creazione di tutori e la possibilità di seguire un percorso di formazione e integrazione che estende il permesso di soggiorno fino a 21 anni.
Perdersi in Europa senza famiglia si basa su un’oculata critica delle fonti, che indigna e interroga
I dieci capitoli di Perdersi in Europa senza famiglia. Storie di minori migranti contribuiscono a definire un “trattato” storico, basato su un’oculata critica delle fonti, che indigna e interroga le coscienze e lo spirito critico di tutti. Leggere questo eccellente e scrupoloso lavoro di Ferrara e Gennaro, con l’aggiunta dei contributi autorevoli di Duccio Facchini nella presentazione, di Geesje van Haren nella prefazione, del già citato Marco Omizzolo nell’introduzione, di Isabella Mancini e Ornella Fiore nelle postfazioni, può aiutare forse a riscoprire l’umanità che si annida in ciascuno di noi, facendo tesoro della lezione dantesca: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. Solo così, forse, potremmo sperare in una palingenesi dell’umanità, attribuendo a quel “perdersi”, da cui siamo partiti, un’accezione diversa. Perdersi per ritrovarsi accanto e con i minori migranti stranieri non accompagnati, riempiendo quei vuoti, quei “senza” con politiche migratorie, politiche, sociali e culturali adeguate, facendo sentire quella “masnada di aquile” meno sola su pericolose rotte di mare e impervi sentieri di montagna.