I giovani “attori del cambiamento” nel futuro del Mediterraneo

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“Giovani, attori del cambiamento – Ripensare la mobilità” è il rapporto elaborato dal Centro per l’integrazione del Mediterraneo (CMI) e presentato ieri a Roma nello “Spazio Europa” di via IV novembre a cura dell’Eurispes e dell’Istituto diplomatico internazionale. Un lavoro che guarda alla fine dell’emergenza sanitaria, verso un futuro dove saranno quanto mai necessarie nuove prospettive su istruzione, occupazione e mobilità per i giovani. Tra i temi e le raccomandazioni riportate dal report, figurano la progressiva convergenza delle politiche per il lavoro, un accordo regionale sull’esenzione dal visto per i soggiorni di breve durata, l’introduzione nei programmi scolastici di “moduli mediterranei” per favorire la conoscenza delle lingue e della storia dei popoli del mare interno, culla di grandi civiltà.

A scuola “moduli mediterranei” per favorire la conoscenza delle lingue e della storia dei popoli 

Il rapporto è stato presentato da Giulia Marchesini, Human Capital Senior Programme Manager del CMI, con interventi introduttivi di Paolo Giordani, Presidente dell’Istituto Diplomatico Internazionale, e di Marco Ricceri, segretario generale dell’Eurispes e membro del direttivo IDI. Al dibattito hanno contribuito Costanza Pera, membro del Comitato Scientifico CMI, Georgios Mitrakos, Direttore Generale dell’International Centre for Black Sea Studies (ICBSS), il Direttore dell’ISMED Salvatore Capasso e Francesca Maria Corrao, Professore Ordinario di Lingua e Cultura Araba presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Luiss di Roma, Enrica Miceli, Segretario Generale di Prospettive Mediterranee, Furio Camillo Rosati, professore ordinario di economia e finanza all’università di Tor Vergata, l’ambasciatore Roberto Ridolfi, Presidente Rete ONG LINK 2007, e l’On. Gennaro Migliore, Presidente PAM (Assemblea parlamentare del Mediterraneo).

Giovani e Mediterraneo, forti squilibri tra paesi europei e Nord Africa

Frutto dell’impegno di economisti, demografi, psicologi e analisti politici, il rapporto chiama in causa la capacità degli Stati di rispondere alle sfide generate dalle aspettative dei più giovani, che vivono un mondo ormai globalizzato dove informazioni e idee circolano, letteralmente, alla velocità della luce. Nel panorama mediterraneo, tuttavia, sono ancora forti gli squilibri tra paesi europei, la cui popolazione giovanile non supera in media il 25 per cento, e paesi nordafricani, dove metà della popolazione ha meno di 25 anni: da una parte il fenomeno dei NEET, i giovani non impegnati nell’istruzione, nella formazione o nel lavoro; dall’altra un tasso strutturale di disoccupazione giovanile al 26%.

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Eppure molto si può e si deve fare per armonizzare queste realtà diverse e, in ultima analisi, complementari. Nei prossimi trent’anni anche il Nord Africa avrà una popolazione invecchiata e dovrà affrontare una carenza di forza lavoro. Ragione di più, suggerisce il rapporto, per introdurre l’idea di «una progressiva, funzionale e controllata convergenza dei mercati, delle politiche, delle regole del lavoro in tutti paesi del Mediterraneo». Un atteggiamento coerente con il principio della libertà di movimento di capitali, beni, servizi e persone.

Un accordo sulla mobilità senza visto per favorire i soggiorni brevi

Sul tema delle migrazioni, gli autori ricordano che le restrizioni alla mobilità imposte negli ultimi decenni rappresentano un’eccezione anche nella storia recente del Mediterraneo e non sempre hanno una motivazione razionale. Di qui l’opportunità di studiare, tra gli altri interventi, un accordo sulla mobilità senza visto per soggiorni brevi: «L’accordo potrebbe ispirarsi all’esperienza dell’Ue con la liberalizzazione dei visti per Armenia, Georgia e Ucraina, cominciata nel 2017. I cittadini di paesi del Mediterraneo titolari di passaporto biometrico potrebbero entrare senza visto negli altri paesi del Mediterraneo e in quelli dell’area Schengen per visite brevi».

Quanto al tema-chiave dell’istruzione, il rapporto propone di valorizzare il patrimonio culturale accumulato in secoli di frequentazioni e di scambi tra i popoli rivieraschi, arricchendo i programmi delle scuole secondarie con “moduli mediterranei” – ovvero l’apprendimento delle lingue parlate nel Mediterraneo, geografia, storia ed economia sociale dell’area – e intensificando la mobilità di insegnanti e alunni.

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