L’industria del turismo non va combattuta ma difesa dalle degenerazioni

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Al turismo, ultimamente viene sempre più spesso associata la sua declinazione negativa, l’overtourism. Parliamo di overtourism quando i flussi turistici incidono in maniera negativa sulla vita di un luogo e dei suoi abitanti, nonché sul soggiorno dei suoi visitatori, che si ritrovano parte di una folla affamata di selfie. L’industria del turismo sta guadagnando un’accezione negativa ormai generalmente percepita, che va a questo punto governata affinché non si avvii verso un processo degenerativo irreversibile. Ma quando abbiamo smesso di percepire il turismo come una ricchezza, associandola alla gentrificazione, agli affitti brevi, ai mezzi pubblici in affanno e alla fuga dei residenti dalle città d’arte?
 

I voli low cost e le piattaforme digitali hanno diffuso una “cultura” del viaggio ormai a portata di tutti

Non ci sono dubbi in ordine al fatto che il turismo sia una delle più importanti industrie di questo secolo e senz’altro una delle più rilevanti e “caratteristiche” del nostro Paese. Anche perché in Italia ‒ forse unico Paese al mondo ‒ le tipologie di turismo offerte sono davvero innumerevoli: il turismo culturale, il turismo balneare, il turismo montano, il turismo religioso, il turismo eno-gastronomico, il turismo termale e anche quello lacuale. Pochi Paesi possono offrire tanto. I voli low cost, la liberalizzazione delle frontiere (almeno quelle europee), le piattaforme digitali, hanno diffuso una “cultura” del viaggio ormai a portata di tutti, omogeneizzandola però spesso su un turismo di bassa qualità, dedito più che altro ad “instagrammare” più attimi possibili della nostra (veloce e frenetica) esistenza, laddove, a volte, la fortuna (o sfortuna) turistica di un esercizio o di una località dipende solo dai social o da fortuiti eventi mediatici. Basti pensare, a tal proposito, che Iseltwald, un paesino svizzero di circa 400 abitanti, è stato invaso nel giro di un anno da 400mila visitatori asiatici, accorsi a fotografarsi sul pontile di una delle scene più struggenti di Crash Landing on you, serie Netflix con protagonisti una coppia di giovani coreani. Insomma, stiamo sempre più assistendo ad un modello di turismo di massa caratterizzato da istanti e ricordi accumulati su un cellulare, custode di momenti facilmente e velocemente dimenticati.

Nel 2023 in Italia solo in alberghi e strutture ricettive gli arrivi turistici sono stati 125 milioni, +5,5% rispetto al 2022

Eppure, non c’è dubbio che il turismo sia un fenomeno positivo sia da un punto di vista culturale sia sociale ed economico. E per fortuna che, dopo il periodo pandemico, durante il quale la sua assenza ha determinato il fallimento di tante, fino ad allora, floride realtà imprenditoriali, è ripartito come e più di prima. In Italia, infatti, nel 2023, solo in alberghi e strutture ricettive, escludendo dunque gli alloggi affittati da privati, gli arrivi turistici sono stati 125 milioni (+5,5% sul 2022). Secondo i dati del Ministero del Turismo, i pernottamenti totali sono stati oltre 431 milioni, dato che ci pone al secondo posto in Europa, prima della Francia e dietro solo alla Spagna. Stando ai dati ENIT-Unioncamere nel 2023, nel complesso, compresi anche gli alloggi privati, nel Bel Paese si sono registrate 851 milioni di presenze, che hanno generato un impatto economico sui territori di oltre 84 miliardi di euro. In generale, è previsto del resto che, nel prossimo futuro, gli arrivi turistici internazionali aumenteranno, nel mondo, di 43 milioni in media all’anno e raggiungeranno 1,8 miliardi entro il 2030, di cui il 41% in Europa (dati Organizzazione mondiale del Turismo). Per il 2024 sono stimati in Italia 215 milioni di presenze turistiche, con una spesa complessiva – tra stranieri e italiani – stimata in 62 miliardi di euro. Solo ad agosto 2024 l’arrivo degli stranieri è stato di circa 40 milioni, con un giro d’affari di oltre sei miliardi e mezzo di euro.

Solo ad agosto 2024 l’arrivo degli stranieri è stato di circa 40 milioni, con un giro d’affari di oltre sei miliardi e mezzo di euro.

È chiaro però che a un certo momento raggiungeremo una soglia limite con punto di rottura. O l’abbiamo già raggiunto? Dalle proteste che hanno caratterizzato l’estate 2024, sembrerebbe di sì. Nel 2023 le Canarie hanno registrato il numero più alto di arrivi turistici in Spagna: 13,9 milioni di persone, rispetto ad una popolazione residente di 2,2 milioni con i tassi più elevati di povertà – fino al 33% della popolazione è a rischio di esclusione. (Dati Rapporto annuale della povertà in Spagna, Arope). Tale fenomeno ha generato diffuse rimostranze dei residenti delle isole Canarie, i quali, al grido di «Canarias tiene un limite», hanno contestato un modello di sviluppo basato sullo sfruttamento del territorio. Un modello che, sebbene origini il 40% dell’impiego e contribuisca al 36% del Pil delle isole, non distribuisce però in modo uniforme la ricchezza fra la popolazione, provocando peraltro un aumento dei prezzi e una carenza degli alloggi per gli stessi residenti. Per tali motivi i manifestanti hanno reclamato “misure immediate”, proponendo ecotasse per i turisti e accesso preferenziale alle case per residenti e lavoratori. La ricerca di soluzioni per limitare gli afflussi ormai fuori controllo di turisti caratterizza peraltro molte città e realtà, in Italia e all’estero.

Se non regolato, il turismo rischia di determinare esternalità negative a fronte delle quali i vantaggi rischiano di non compensare gli svantaggi

In definitiva, non c’è dubbio che il turismo sia una importante leva economica. Così come non c’è dubbio tuttavia che, se non regolato, rischia di determinare esternalità negative, non solo economiche, a fronte delle quali i vantaggi rischiano di non compensare gli svantaggi. Restando in Italia, Firenze e tutte le altre città d’arte, a partire da Roma e Venezia, rappresentano una parte rilevante della identità e storia nazionale. E il turismo “mordi e fuggi” rischia di colpire tale identità e storia. Ogni anno milioni di turisti transitano per queste splendide città, spesso però con una permanenza di un solo giorno, con vantaggi economici ben inferiori ai danni, anche culturali, fatti alle stesse città e ai loro abitanti. Bisogna fermare la degenerazione del turismo, non il turismo. Quel fenomeno di massa che fa sì che Firenze, negli ultimi vent’anni abbia perso circa 150mila residenti andati via dalla città, che si sta ormai svuotando, trasformata da centro di aggregazione sociale ad una sorta di Disneyland a cielo aperto.

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