Perché facciamo così tante foto?

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«Oggi tutto esiste per finire in una fotografia»; questo era il pensiero della scrittrice statunitense Susan Sontag, e come darle torto? Oggi infatti con la complicità degli smartphone, inseparabili prolungamenti della nostra mano, siamo tutti fotografi e videomaker e inondiamo il mondo di immagini, in una sfida perenne con la parola e con i contenuti di testo che, nonostante soffrano la schiacciante mole di pixel, resistono. Perché facciamo così tante foto? Non solo perché si sono abbattuti i costi di connessione e perché abbiamo sempre a portata di clic i cellulari-macchine fotografiche, o per l’accesso di massa ai Social Network. Certo, anche per questo. Ma è anche perché siamo alla ricerca dell’attimo perfetto, dell’istante da immortalare e da condividere, in un continuum di comunicazione che ci fa perdere di vista tutto il resto o quasi.

Ma stiamo ai dati perché l’invasione delle foto online è un fenomeno che non solo non conosce tregua ma che è destinato a crescere. Ci chiediamo mai cosa succede ogni secondo sul web? Si scambiano centinaia di miliardi di ‘dati’ che devono essere intesi come operazioni – mail, post, video, dirette, chat, quesiti sui motori di ricerca – e tanto altro. Ogni secondo, su Internet vengono inviati circa 9.000 tweet, ossia 540mila al minuto. Analogo discorso su Instagram – quello che viene ritenuto il social delle immagini e delle foto per eccellenza: ebbene, qui vengono caricate 992 foto al secondo, 59.520 al minuto e 3.571.000 all’ora. Il contraltare di tutto questo traffico è il consumo di gigabyte: 93.150 ogni secondo. Sono inoltre 3 milioni i MWh di elettricità consumati e oltre 2.600.000 le emissioni di CO2 utili alla creazione di connessioni che permettono di restare collegati e quindi di pubblicare post, video, inviare messaggi, immagini o mail.

Una fotografia sempre più di massa e sempre meno professionale

Facebook la fa comunque ancora da padrone: gli utenti attivi sono oltre 2,5 miliardi ma si tratta di una curva destinata a salire, nonostante la spietata concorrenza di altri social media. Il boom delle foto online si è avuto con la diffusione planetaria degli smartphone di ultima generazione, con una qualità delle immagini che non ha nulla da invidiare alle macchine professionali. E comunque, nonostante si parli di saturazione del mercato dei telefoni cellulari, ancora oggi ne vengono venduti 3 milioni e trecento mila ogni giorno. Quali sono i grandi numeri del web oggi? Su una popolazione mondiale di 7,8 miliardi di persone, gli utenti di Internet al gennaio 2021 sono stati calcolati in 4,78 miliardi, con un tempo di 6 ore e 43 minuti che ogni utente trascorre ogni giorno. La navigazione sul web è essenzialmente e prevalentemente una navigazione per immagini: sono queste che catturano l’attenzione immediata di ognuno di noi, con una focalizzazione – è proprio il caso di dire – che si aggira sugli 8 secondi. È la cosiddetta “soglia di attenzione media” che scende inesorabilmente a causa del flusso enorme di informazioni che riceviamo senza neanche cercarle e che ci impone scelte veloci per selezionare ciò che ci interessa veramente o ciò che ci cattura al di là delle nostre preferenze. E il mercato del web, questi nostri secondi di attenzione se li contende in ogni modo, con tutti i trucchi – emozionali, di storytelling, di velocità del messaggio – che è possibile escogitare.

In questo contesto la fotografia digitale è decisiva perché strumento utile a far veicolare sensazioni, ricordi, percorsi della memoria e in grado di evocare gusti, preferenze e scelte. E tutto questo perché le foto che ognuno di noi scatta sono pensate per il web e ad esso destinate. Servono a creare il cosiddetto engagement, l’interazione e il confronto con altri utenti. Una fotografia sempre più di massa e sempre meno professionale: questo ciò che accade oggi. Foto che vengono condivise con una frequenza sempre più alta e ad una velocità impressionante per raccontare e per raccontarci. Una funzione narrativa che affidiamo alle fotografie.

In Italia vengono scattate e condivise più di tremila foto al minuto

Una ricerca svolta da OnePoll ha evidenziato che non solo la fotografia è divenuta l’elemento maggiormente condiviso, ma anche che in Italia sono più di tremila le foto che vengono scattate e condivise ogni minuto – ossia 5 milioni al giorno – e che una su cinque è creata appositamente per la condivisione con amici. È il linguaggio preferito, quello più immediato e ritenuto meno manipolabile, più autentico perché privo di intermediazione e di interpretazione. Gli esperti di comunicazione sanno che le cose non stanno così ma questa è la percezione: la parola inganna, la foto, l’immagine no o, sicuramente, molto meno. Gli italiani tra l’altro, per quanto riguarda la velocità di scatto e la conseguente condivisione sulle piattaforme social, sono tra i primi insieme agli spagnoli: impiegano in media meno di un minuto per scattare una foto e postarla sui social. Ma occorre sfatare una leggenda: Facebook e Instagram non sono i Network su cui vengono caricate più foto ogni giorno: le due piattaforme su cui vengono effettuati più upload di immagini appena scattate sono Snapchat e WhatsApp, che non sono veri e propri Social Network, bensì applicazioni per l’instant messaging su piattaforme mobili.

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Ma veniamo alle regole: chi può pubblicare sul web una foto che mi ritrae? La legge 22 aprile 1941 n. 633 all’art. 96 è molto chiara nel prevedere che «il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa». L’eccezione è rappresentata dalla divulgazione dell’immagine nell’interesse generale, ma ad eccezione di questi casi, nessuno ha il diritto di pubblicare, esporre, riprodurre o mettere in commercio il ritratto altrui senza il suo espresso consenso. Tanto per chiarirci le idee. Perché in molti pensano che il web sia un campo libero da regole e restrizioni, dove si possa dire, scrivere e postare ciò che si vuole, al riparo dalle normative che sarebbero vigenti una volta che si spegne il pc o il cellulare. Nulla di più falso, ovviamente. Molti pensano che tutto ciò che sia tecnologicamente possibile sia automaticamente legittimo e regolare sul piano giuridico.

Le foto condivise sul web servono a esprimere i nostri gusti e le cose che non apprezziamo

Non occorre il consenso della persona ritratta quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio quando «l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata». La regola generale, quindi, è che se il volto di una persona non famosa è riconoscibile, la sua immagine non può essere pubblicata senza il suo consenso, senza dimenticare che il ritratto non può essere pubblicato quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritratta. Ma di che tipo di foto vengono caricate sui social media? In prevalenza, sui profili dei social media si prediligono foto di viaggi, di esperienze personali, familiari, di ricordi, di cibi e piatti, di bellezze artistiche e monumentali, ma ovviamente nelle foto di miliardi di persone c’è di tutto e il suo contrario. Essenzialmente, le fotografie condivise sul web servono a esprimere i nostri gusti e le cose che non apprezziamo. È il nostro linguaggio, quello che reputiamo più fedele e rappresentativo, e al quale affidiamo il compito di dire chi siamo o chi vorremmo essere. E questo ricalca ciò che il poeta Charles Simic ha sostenuto, che «le fotografie ci mostrano quello che non abbiamo le parole per dire». Che sia proprio così?

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