Zone Economiche Speciali. Italia prima, chance per il Mediterraneo

Le Zone Economiche Speciali sono finalmente partite. Nei giorni scorsi sono stati scelti i rappresentanti della Presidenza del Consiglio e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nel Comitato di indirizzo della ZES Campania, completando il novero dei componenti della relativa struttura di governance, ed è così la prima volta che questo efficace strumento di accelerazione economica viene concretamente adottato in Italia. Il nostro Paese è il primo fra gli Stati fondatori dell’Europa comunitaria ed il primo Stato dell’Europa occidentale ad avere varato una normativa dedicata alle ZES. È stato il decreto Legge n. 91/2017, convertito nella legge 123 del 2017, a prevedere, limitatamente al Mezzogiorno, le ZES che, per la maggiore capacità di catalizzare investimenti diretti esteri grazie alla concessione di agevolazioni fiscali, finanziarie, amministrative ed infrastrutturali, si sono rivelate nel mondo più attrattive ed efficaci rispetto al modello classico di zona franca doganale.

Ma ci sono anche alcune ombre, fra le norme approvate, che sarebbe bene eliminare. Infatti, il modello italiano delle ZES, differentemente da quanto è avvenuto ed avviene all’estero, non introduce regimi agevolativi nuovi e concreti ma utilizza strumenti nazionali e regionali già esistenti, come il credito d’imposta che, tuttavia, non assume il ruolo di fondamentale “attrattore” di capitali. Un altro aspetto migliorabile è senz’altro quello della governance delle ZES, rispetto al quale bisognerebbe prediligere best practices internazionali vincenti riguardanti modelli gestionali monostrutturati ed agili, in luogo di un assetto istituzionale troppo composito e con procedure troppo complesse, lontano dalle aspettative dei soggetti economici destinatari degli incentivi. Inoltre, considerato che rispetto ai benefici di carattere fiscale necessariamente limitati nel tempo, il fattore agevolativo ed incentivante di natura permanente (e per questo di maggiore appeal nei confronti degli investitori) consiste nelle semplificazioni amministrative, è censurabile il ritardo nell’emanazione del previsto decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri contenente i criteri per la realizzazione di tali semplificazioni, che devono essere considerati dalle Regioni nella redazione dei rispettivi Piani di Sviluppo Strategico (che per analogia varrà anche per le Zone Logistiche Semplificate).

La semplificazione delle procedure è, infatti, la preferenza principale degli imprenditori, a livello nazionale e internazionale, più importante ancora delle agevolazioni di carattere fiscale. Per un confronto di tipo comparativo, a tale riguardo, il 4 ottobre scorso si è svolta a Biserta (Tunisia), per i 25 anni di attività della PAEB Bizerta Free Zone, la Conferenza Internazionale intitolata “Les Zone Franches. Vecteur de Croissance Economique”, in occasione della quale, in qualità di Segretario Generale e Membro dell’Executive Board della Federazione Mondiale della Zone Franche e delle Zone Economiche Speciali (FEMOZA), ho pronunciato il mio discorso dedicato al tema delle Zone Franche e delle Zone Economiche Speciali, per un nuovo modello di sviluppo Euromediterraneo. La PAEB Bizerta Free Zone, è la più importante Zona Franca/ZES della Tunisia ed una delle principali della sponda Sud del Mediterraneo: nel suo perimetro circa il 70% degli investitori presenti è italiano, e gli insediamenti imprenditoriali annoverano i settori della nautica, aeronautica, cosmetica, informatica, componentistica metallurgica, farmaceutica, agroalimentare, tessile, fino alla componentistica plastica, automotive e servizi connessi, meccanica ed elettronica.

Uno dei fattori centrali di attrazione degli investimenti nella free zone tunisina è proprio la semplificazione, sia nel settore delle procedure amministrative, sia in quelle di carattere doganale, a cui si aggiungono, gratuitamente, l’assistenza permanente multidisciplinare nel disbrigo delle formalità per la costituzione delle società, l’assistenza tecnica durante e dopo l’implementazione dei progetti di creazione delle imprese, il supporto agli investitori e il monitoraggio dei progetti; infine, la presenza di una mano d’opera qualificata. Il Mediterraneo chiede a gran voce un nuovo “rinascimento” economico e nel mio intervento, fra l’altro, ho proposto un nuovo modello euromediterraneo di sviluppo economico incentrato, oltre che sulle zone franche doganali, su ZES e ZLS anche nella loro ulteriore possibile funzione che ho denominato di “Laboratori Istituzionali di Politiche Innovative”, in cui nuovi approcci economici environmental-ethical oriented abbiano il loro ruolo e che possano costituire il luogo deputato dove realizzare una concertazione fra politica e mercato. L’attenzione mondiale su questo eccezionale strumento di accelerazione dello sviluppo economico è molto forte in questo momento e il prossimo 26 ottobre si svolgerà a Ginevra, nell’ambito del World Economic Forum, un’importante Tavola Rotonda dedicata alle Zone Economiche Speciali, intitolata “Special Economic Zones: Challenges and Opportunities, organizzata da FEMOZA e da UNCTAD, alla quale parteciperanno rappresentanti istituzionali e stakeholders provenienti da tutto il mondo. Per l’Italia, è questo l’appuntamento giusto per lanciare un nuovo modello di sviluppo economico Euromediterraneo, esercitando un ruolo chiave, col nostro modello delle ZES e la novità delle ZLS. A patto di eliminare le ombre di cui sopra, puntando su una coraggiosa deburocratizzazione e sulle agevolazioni infrastrutturali piuttosto che soltanto su quelle fiscali (di per sé non sine die). Ci può essere un “New Deal Euromediterraneo” targato Italia, non lasciamoci sfuggire l’occasione.

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