L’Italia, piattaforma strategica del Mediterraneo, rappresenta uno snodo vitale tra il Nord-Africa e l’Europa continentale. Porti e interporti sono il riferimento cardine della nostra logistica, la cui mancata efficienza provocherebbe danni significativi alla nostra economia. Tuttavia, l’efficienza di un porto non si misura unicamente dai servizi di carico e scarico. Nell’era digitale in cui viviamo, il settore portuale è sollecitato ad operare una transizione. Ce lo racconta attraverso consolidate competenze tecniche ed esperienze maturate sul campo, Sergio Prete, Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio e dell’Autorità Portuale di Taranto, che da tempo sta ripensando e valorizzando il porto di Taranto attraverso rinnovate modalità operative. Il saggio Evoluzione e modelli di gestione dei porti, edito nel 2024 da Cacucci Editore –Bari, prende in esame i modelli di portualità cinese, protagonista indiscussa della movimentazione della manifattura, ma anche europea, da Rotterdam ad Amburgo, che per primi hanno introdotto questo nuovo paradigma e si stanno evolvendo per diventare poli strategici di sviluppo economico, di innovazione tecnologica e di attrazione di investimenti produttivi, nel rispetto della sostenibilità ambientale. Ogni porto è diverso e, sebbene esistano pratiche condivise, ciascuno è chiamato ad efficientare i propri scali in ottica green. La transizione ecologica, infatti, richiede infrastrutture adeguate e soluzioni innovative per ridurre l’impatto ambientale.
Nell’era digitale in cui viviamo, il settore portuale è sollecitato ad operare una transizione
Come sottolinea l’autore, «in relazione alla questione prioritaria del cambiamento climatico, è degno di nota il fatto che il 76% dei porti che hanno partecipato all’indagine (Espo Environmental Report 2023) monitora l’efficienza energetica e tiene conto dei potenziali impatti come l’innalzamento del livello del mare, l’aumento della frequenza delle tempeste o il cambiamento dei modelli meteorologici durante la progettazione e la costruzione di nuove infrastrutture». Efficienza logistica, potenziamento dei servizi e delle infrastrutture per l’intermodalità, sviluppo delle aree retroportuali e transizione energetica: sono queste le sfide che dovrà affrontare l’industria marittima e portuale italiana per risultare competitiva nello scacchiere degli scambi marittimi degli anni a venire. Infatti, come evidenzia Sergio Prete, «i porti europei hanno accolto con favore l’obiettivo dell’Europa, stabilito nel Green Deal, di diventare la prima area a emissioni zero al mondo entro il 2050 e di ridurre entro il 2030 le emissioni del 50%-55% rispetto ai livelli del 1990». Tra le misure necessarie a mitigare l’inquinamento locale nell’area portuale, di cui si discute a livello globale, si annovera ad esempio il cosiddetto cold ironing, che rientra nel processo di elettrificazione dei porti. Il PNRR ha destinato a questo sistema 700 milioni di euro, per permettere alle navi attraccate nel porto, a motori spenti, di attingere all’energia elettrica fornita da terra. In questo modo, le operazioni di carico e scarico, le apparecchiature di emergenza, refrigerazione, riscaldamento e illuminazione possono continuare a funzionare.
I porti come poli strategici di sviluppo economico, di innovazione tecnologica e di attrazione di investimenti nel rispetto della sostenibilità ambientale
I cosiddetti “porti intelligenti” o porti 6.0, stanno emergendo dunque come luoghi di innovazione, per soddisfare le esigenze di un traffico marittimo in continua evoluzione, attraverso l’adozione di soluzioni avanzate come 5G, Internet of Things, Intelligenza Artificiale, che collegano in Rete navi, gru, camion e container. Infine, raccomanda l’autore, «occorre creare un cluster e nuovi modelli di business e di governance. Gli obiettivi commerciali dei porti dovranno essere allineati ed integrati con quelli energetici ed ambientali. Le autorità portuali avranno sempre più un ruolo centrale all’interno dei porti in questo percorso, ma occorre creare una forte sinergia con tutti gli stakeholders pubblici e privati coinvolti in ambito portuale». Urge dunque un ripensamento nella gestione dei porti, orientati a divenire veri e propri hub energetici, allo scopo di generare sinergie tra le due sponde del Mare Nostrum e valorizzare la presenza in Nord-Africa di ormai indispensabili fonti di energia rinnovabile.