Come emerso dal nostro ultimo Rapporto Italia, presentato lo scorso 30 gennaio alla Sapienza Università di Roma, lo Stato italiano, nel periodo da noi preso in esame (compreso fra il 2000 e il 2017), ha effettuato una spesa pubblica al Centro-Nord nettamente maggiore rispetto al Mezzogiorno.
In particolare, un cittadino dell’Italia centro-settentrionale si è visto mediamente erogare durante tale periodo 3.482 euro in più rispetto a un suo connazionale del Sud. Disaggregando poi i dati, è stato possibile osservare la netta disparità di trattamento tra le due macroaree del Paese anche all’interno dei principali capitoli di spesa pubblica, quali ad esempio: la sanità, la previdenza, l’amministrazione pubblica, l’industria, l’energia, tutte le infrastrutture, l’edilizia abitativa, gli interventi in àmbito sociale, come quelli in favore dell’occupazione, a sostegno delle famiglie, dell’infanzia, degli anziani, dei disabili, miranti a ridurre l’esclusione sociale, ecc. Anche per quanto riguarda il trattamento dei rifiuti (nel sistema dei Conti Pubblici Territoriali corrispondente alla voce: Smaltimento dei rifiuti), come si evince dal grafico di figura 1, la spesa pubblica effettuata al Centro-Nord è stata, negli anni considerati, sempre maggiore di quella del Mezzogiorno, eccezion fatta che per il 2014 e il 2016 (vedi Grafico 1). Tra il 2005 e il 2007, la spesa per tale settore in Italia centro-settentrionale si caratterizza per una forte impennata rispetto al tasso di crescita medio assunto nei quattro anni precedenti, addirittura balzando nell’arco di un solo anno da 158 a più di 206 euro pro capite, cabrando fino al valore massimo di 215 euro pro capite (nel 2007), per poi ridiscendere altrettanto bruscamente fino a poco più di 166 euro pro capite.
Tuttavia, spostiamo per un momento la nostra attenzione sugli anni 2014 e 2015, per i quali vale forse la pena soffermarsi per qualche interessante considerazione.
Grafico 1
Fonte: Fonte Eurispes. Elaborazione su base dati Sistema Conti Pubblici Territoriali (Relazione annuale CPT 2019).
Se proviamo infatti a sovrapporre al grafico di figura 1 l’andamento della spesa pro capite disaggregata della Regione Campania per lo Smaltimento dei rifiuti (vedi Grafico 2) si scopre che in corrispondenza degli anni 2014 e 2015 in Campania si spendono per i rifiuti cifre decisamente superiori a quelle spese in media al Mezzogiorno. Nel complesso la cosa è ancor più evidente se diamo uno sguardo separatamente ai singoli contributi forniti da ciascuna Regione meridionale alla spesa media del Mezzogiorno negli anni 2014 e 2015 (Grafico 3). Come si vede dai due diagrammi del grafico 3, per i suddetti due anni la spesa per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti in Campania è spiccatamente superiore, non solo a quella di tutte le altre Regioni del Mezzogiorno, ma addirittura rispetto a quella media del Centro-Nord.
Grafico 2
Fonte: Fonte Eurispes. Elaborazione su base dati Sistema Conti Pubblici Territoriali (Relazione annuale CPT 2019).
In altre parole, dopo il precedente periodo della grave emergenza rifiuti avutasi in Campania, e finita sotto i riflettori dei media di tutto il mondo, lo Stato italiano si decide a spendere finalmente una quota ragionevole di denaro in Campania, rispetto agli anni precedenti, nel settore dei rifiuti (negli anni immediatamente precedenti tale spesa aveva toccato punte minime spiccatamente incuneate verso il basso – come si vede in Figura 2 – con valori profondamente più bassi rispetto a quelli medi del Centro-Nord, nonché, nel 2010, rispetto a quelli medi dello stesso Mezzogiorno). Curiosamente, nel 2015, al trascorrere di appena un anno dalla prima iniezione ricostituente di spesa pubblica nel settore dei rifiuti (senza precedenti, almeno dal 2000, e più alta di quella elargita mediamente al Centro-Nord; vedi Grafico 2), la Campania vede il concomitante verificarsi di una notevole impennata nella raccolta differenziata dei rifiuti.
Grafico 3
Fonte: Fonte Eurispes. Elaborazione su base dati Sistema Conti Pubblici Territoriali (Relazione annuale CPT 2019).
Infatti, nonostante tra le cause della crisi dei rifiuti degli anni precedenti vi fosse stato un complicato intreccio di collusioni tra politica e criminalità organizzata, dal dossier 2015 di Legambiente, realizzato con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (in collaborazione con l’Associazione Nazionale Comuni Italiani e con più di una dozzina fra associazioni e consorzi nazionali in materia di recupero dei rifiuti), si evince che nel 2014 il 26,36% dei comuni della Campania ha differenziato il 65% e più dei suoi rifiuti, addirittura superando in questo modo molte regioni del Centro-Nord, tra cui ad esempio la Lombardia, il Piemonte e l’Emilia-Romagna. In particolare, la soglia del 65% (prevista dalla normativa vigente: D.lgs. 152/2006 al 31/12/2012) è stata raggiunta in Lombardia dal 22,70% dei comuni, in Piemonte dal 13,20%, in Umbria dal 10,87%, in Toscana dal 9,76%, in Emilia-Romagna dall’8,53% e in Liguria dall’1,28% dei suoi comuni. All’inizio del 2015, dunque, la Campania, posizionandosi dopo il Trentino-Alto Adige, diviene quinta regione d’Italia per la raccolta differenziata dei rifiuti, nonché unica regione ad assistere a un aumento della stessa (rispetto all’anno precedente) a un ritmo dal numero a due cifre intere, ossia pari al 15,26%. Inoltre, tra i vari comuni italiani raggiungenti la soglia di base del 65% (e per questo premiati come Comuni Ricicloni 2015), anche in Campania ve ne sono diversi che sono andati ben oltre suddetto obiettivo minimo imposto dalla normativa, uguagliando così le aree più virtuose d’Europa; il comune di Airola per esempio ha differenziato l’87,18% dei suoi rifiuti, quello di Marzano di Nola l’87,67%, il comune di Ginestra degli Schiavoni ne ha differenziati invece l’87,85% e quello di Moiano addirittura l’89,46%; e tra l’altro la maggioranza dei comuni campani è stata poi, in tale anno, prossima al valore minimo del 65%.
In sostanza, tali numeri rappresentano forse un esempio concreto di come la variazione della spesa pubblica assegnata a un territorio sia in grado di fare la differenza fra ciò che funziona e ciò che non funziona, in maniera molto più profonda e in tempi forse molto più rapidi di quelli che immaginiamo.