Rendicontazione di sostenibilità: nuovi obblighi, problemi e prospettive

sostenibilità

La richiesta da parte dell’opinione pubblica di maggiore trasparenza in merito alla sostenibilità e all’impatto complessivo che le attività economiche hanno sul Pianeta, insieme alla consapevolezza dei rischi associati al greenwashing, stanno aumentando in tutto il mondo la pressione per la misurazione e la comunicazione della performance secondo standard condivisi. In àmbito corporate si fa perlopiù riferimento a questi temi con l’acronimo “ESG”, che richiama l’esigenza di prestare attenzione non solo alla dimensione finanziaria, ma anche alle implicazioni positive e negative che le imprese hanno sull’ambiente, sulla società e sul rispetto delle aspettative dei diversi stakeholder (governance).

Si prevede che il numero di soggetti tenuti a rendicontare secondo i nuovi standard passi da 11.600 a 49.000

In Europa uno sviluppo importante in questo ambito è l’imminente approvazione della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), attesa entro la fine del 2022. Le norme attualmente in vigore in Italia (D.Lgs. 254/16) rispecchiano quanto previsto dalla cosiddetta Non-Financial Reporting Directive(Direttiva 2014/95/EU): si applicano solo alle entità di interesse pubblico con oltre 500 dipendenti, non prevedono l’adozione di un preciso standard di rendicontazione e non comportano sanzioni qualora l’obbligo di disclosure della performance non finanziaria non sia rispettato. La CSRD rappresenta un’innovazione radicale, estendendo l’obbligo di rendicontazione, secondo standard molto puntuali atti a garantire maggiore confrontabilità dei dati, a tutte le “grandi” imprese, definite come le realtà che rispettano due fra i seguenti tre criteri: numero di occupati superiore a 250, fatturato superiore a 40 milioni di euro, attivo di bilancio superiore a 20 milioni di euro. Le imprese assoggettate alla CSRD, tra l’altro, non dovranno solo rendicontare a posteriori, bensì esplicitare obiettivi e strategie ex ante e comunicare ex post in quale misura quegli obiettivi sono stati raggiunti. La nuova direttiva si applicherà anche alle PMI, qualora abbiano emesso titoli quotati su uno dei mercati borsistici europei; si prevede pertanto che il numero di soggetti tenuti a rendicontare secondo i nuovi standard passi da 11.600 a 49.000. L’impatto sostanziale della CSRD, peraltro, sarà ancora più ampio, perché le grandi imprese dovranno rendicontare anche l’impatto in termini di sostenibilità delle attività esternalizzate, e chiederanno dunque le relative informazioni a tutta la loro catena di fornitura, PMI comprese.

La rendicontazione di sostenibilità si applicherà anche alle PMI

Questa crescita impetuosa nel numero di soggetti tenuti a rendicontare la propria performance in termini di sostenibilità comporterà una domanda di competenze senza precedenti. L’offerta peraltro è limitata, anche in considerazione della pervasività dei nuovi standard: mentre le grandi accounting firm stanno già allineando i loro organici e la loro gamma di servizi a questo nuovo scenario, gli studi professionali di piccola e media dimensione rispondono con maggior lentezza. Alla luce dello sbilanciamento tra domanda e offerta è verosimile attendersi che i prezzi per questi servizi crescano e che la scelta, la concorrenza e la qualità offerta ne risentano negativamente.

Lo sbilanciamento tra domanda e offerta sarà risolto da investimenti sul potenziamento delle professionalità necessarie

Ad evidenza, l’unica soluzione a questo sbilanciamento tra domanda e offerta è un significativo investimento sul potenziamento delle professionalità necessarie. I partner coinvolti nel progetto “Bilancio integrato per la trasparenza nelle PMI” (“Integrated Reporting for SME Transparency” – INTEREST*), finanziato dal Programma europeo Erasmus+, hanno l’ambizione di poter contribuire in questa direzione. Nel 2018, quando il progetto fu concepito, tutti i proponenti erano consapevoli della crescente pressione verso la disclosure della performance non finanziaria, ma la rapidità degli sviluppi normativi ha superato qualsiasi aspettativa. Sotto la guida della Budapest Business School, altre cinque università europee e una serie di associazioni imprenditoriali e di specialisti contabili di livello regionale, nazionale e comunitario hanno elaborato:

  • un documento di riferimento (“Integrated Reporting for SMEs: A Framework for Action”) basato sulle linee guida dell’International Integrated Reporting Committee, necessario a chiarire gli obiettivi ed esplicitare i principi e gli elementi imprescindibili di un bilancio integrato per le PMI;
  • una “Guida al bilancio integrato per le PMI”, disponibile in italiano oltre che in inglese, polacco, romeno, spagnolo, tedesco e ungherese, che ha l’obiettivo di supportare passo per passo il percorso di adozione dello strumento e dell’approccio concettuale alla misurazione della performance sul quale lo strumento si basa;
  • un intero “Programma di formazione al bilancio integrato per le PMI”, comprensivo di syllabus, materiali didattici, strumenti analitici web-based e questionari di auto-valutazione dell’apprendimento, testato “sul campo” supportando i proprietari e i dipendenti di quasi cento PMI di sei paesi nello sviluppo del bilancio integrato per l’esercizio 2021.

*Tutti i materiali sviluppati nel quadro del progetto INTEREST possono essere richiesti agli autori dell’articolo ([email protected]; [email protected]) o al Laboratorio sulla Sostenibilità dell’Eurispes ([email protected]).
**Università Bocconi e Università degli Studi di Udine.

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