L’obiettivo principale di Papa Francesco nella sua recente enciclica Laudato Si’ è stato di sollecitare il mondo ad affrontare le sfide del cambiamento ambientale globale e, in particolare del cambiamento climatico e del riscaldamento globale risultante generato dall’attività umana, tema esclusivo della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, COP 21 (21 ° Conferenza delle Parti) che si terrà a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre 2015.
I rappresentanti di più di 200 nazioni dovranno definire le azioni per rispondere ai cambiamenti climatici che interessano il pianeta per il resto del secolo e raggiungere una sorta di compromesso che sarà operativo nel 2020. La prima conferenza, il vertice di Copenaghen del 2009, che aveva generato aspettative più forti di quelle attuali, si è conclusa in un fallimento. In sostanza, non vi era alcun accordo tra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo in su chi paga il conto di un’azione globale da perseguire. Oggi, con un aumento della temperatura media globale ha già raggiunto 1,02 gradi Celsius rispetto all’età pre-industriale di 200 anni fa, l’obiettivo rimane lo stesso: che entro il 2100 l’aumento della temperatura non superi i 2 gradi Celsius rispetto ai tempi della rivoluzione industriale del XVIII secolo.
Il contributo del Papa a questa importante discussione della comunità internazionale si concentra su tre aspetti che non dovrebbero essere elusi:
1.Le Responsabilità. Col sostenere che “il tempo è un bene comune”, tutte le nazioni e gli operatori economici devono rispondere delle proprie azioni di degrado ambientale globale che abbiamo raggiunto, in base al loro grado di responsabilità. È innegabile, quindi, un debito ecologico del Nord verso il Sud del mondo. Lo stile generale di vita in alcuni paesi o in alcuni settori sociali è incompatibile con un pianeta finito che appartiene a tutti gli esseri umani, presenti e futuri. La storia di inquinamento è la storia del saccheggio delle risorse naturali (e degli esseri umani, la schiavitù …) che è avvenuta nel Sud del mondo e che ha consentito di costruire le condizioni materiali necessarie per lo sviluppo industriale del Nord.
2.Per un’Etica globale dello sviluppo. I tentativi degli Stati, secondo l’Enciclica, di promuovere accordi internazionali allo scopo hanno dato finora degli scarsi risultati. Le misure in materia di adeguamento e mitigazione degli effetti del cambiamento climatico sono stati un contributo insufficiente rispetto alle reali necessità. Secondo il Pontefice, è necessario un impegno più efficace ad operare concretamente: “è essenziale raggiungere un consenso globale per affrontare i problemi più profondi che non possono essere risolti con un’azione unilaterale da parte dei singoli paesi”. Se, da un lato, sono necessari i regolamenti governativi per controllare il riscaldamento globale, dall’altro, è ancora più importante l’azione di istituzioni efficienti e organizzate con il potere di punire coloro che infrangono le regole. In altre parole, Francesco dà fiducia alle promesse degli Stati che dichiarano di impegnarsi a inquinare meno in futuro, come sembra essere la strada scelta in occasione della prossima conferenza di Parigi. Tuttavia, il Papa sostiene che i regolamenti da soli non risolveranno il problema. Per questo obiettivo è necessario cambiare la prospettiva di azione e promuovere un’etica globale circa la natura e la sua fruizione da parte di tutta l’umanità; e si è permesso di aggiungere che “molti di coloro che hanno maggiori risorse e potere economico e politico sembrano concentrarsi soprattutto sui problemi di facciata, o di mascherare i sintomi, cercando solo di ridurre alcuni impatti negativi del cambiamento climatico”.
3.Un diverso modello dei consumi. Infine, Francesco suggerisce che è rischioso e discutibile basarsi solo sulle conoscenze scientifiche e tecnologiche per risolvere in futuro il problema del cambiamento climatico. I Paesi in via di sviluppo sono in balia delle nazioni maggiormente industrializzate nello sfruttamento delle proprie risorse al fine di aumentare la produzione ed il livello di consumi d quest’ultime: si tratta di un rapporto che il Papa ha definito “strutturalmente perverso”. Con la sola crescita economica, con “una concezione magica del mercato”, senza ulteriori correzioni, non si risolveranno i problemi aperti della fame, della povertà e dell’ambiente. In generale, la questione ambientale è legata al limite delle risorse naturali; ed i problemi del cambiamento climatico sono affrontati senza tener conto principalmente degli andamenti demografici della popolazione mondiale, delle condizioni obiettive di molti paesi, del fatto che questi problemi sono causati ed aggravati dai livelli di consumo di una minoranza. “Il consumismo immorale”, come lo chiama Papa Francesco. Si stima che solo 500 milioni del 7.300 milioni della popolazione mondiale siano responsabili per il 50% dell’inquinamento globale. Infatti, circa il 70% del biossido di carbonio accumulato (CO2) nelle emissioni degli ultimi 50 anni sono dovuti all’eccessivo consumo di energia dei maggiori paesi industrializzati. È perciò necessario limitare l’uso di risorse naturali non rinnovabili, garantendo l’accesso all’utilizzo dei beni naturali a tutte le generazioni, presenti e future. A questo scopo il Papa avverte che “la tecnologia, finora basata sui combustibili fossili altamente inquinanti, in particolare il carbone, ma anche il petrolio, deve portare ad una progressiva riduzione del loro utilizzo, ed anche gli impegni di spesa in materia devono portare progressivamente ad una loro immediata sostituzione”.
Per raggiungere questo obiettivo, non è più possibile garantire la stessa proprietà privata assoluta dei beni naturali; infatti, dovranno essere compiuti sforzi per assicurare a tutti l’accesso a beni che sono universali, nella migliore tradizione della visione cristiana del mondo.
* Economista e Doctor of Philosophy (Universitá di Buenos Aires).
Direttore Esecutivo Fundación de Estudios Avanzados de Buenos Aires (in accordo con Eurispes)