Pubblichiamo di seguito l’intervista a Enrico Dall’Olio, amministratore delegato di Agribioenergia, società cooperativa agricola di Medicina (BO), composta di 26 imprese che operano nel settore delle erbe officinali. Si tratta di una cooperativa che, oltre ad essere tra le maggiori realtà produttive in Italia di erbe officinali secche, è tra le prime ad avere effettuato importanti investimenti anche sul versante energetico, interpretando in maniera proattiva la questione dell’approvvigionamento energetico in àmbito agricolo. L’intervista è inserita nello spazio del nostro magazine online dedicato ai temi affrontati dall’Osservatorio dell’Eurispes sull’Insularità e le aree interne.
Sig. Dall’Olio, lei rappresenta una cooperativa di 26 imprese agricole che opera in un settore di nicchia: quello delle erbe officinali. Com’è nata la vostra esperienza e quali prospettive vedete per il futuro?
Nasce dalla necessità di trovare per noi agricoltori una opportunità produttiva seria e che ci possa dare stabilità economica e produttiva; nasce dalla realizzazione di un impianto a biogas da energia rinnovabile e alimentato con biomasse e scarti agroindustriali proveniente dalle nostre stesse aziende; nasce dall’efficientamento dello stesso impianto a biogas, andando a recuperare tutta l’energia termica (che è un sottoprodotto dell’impianto a biogas) ed utilizzandola nell’essiccazione delle erbe officinali e medicinali coltivate dai soci della cooperativa; nasce dalla interpretazione e realizzazione di una economia circolare di lungo respiro e che ci ha portato ad essere oggi una delle maggiori realtà produttive in Italia di erbe officinali secche che coinvolge circa 120 ha di terreno coltivato dai nostri soci.
Voi siete stati tra i primi ad effettuare importanti investimenti anche sul versante energetico. È quindi possibile oggi fare agricoltura senza soggiacere ad eccessivi costi energetici?
Se ci sforziamo di immaginare un mondo fuori dalla logica del fossile, risorsa che è in via di esaurimento e che ha creato e sta creando molti problemi ambientali, e cominciamo a guardarci intorno con occhi diversi, vediamo energia dovunque. Una mela guasta è energia, la buccia della frutta o gli scarti della verdura sono energia, gli effluenti zootecnici sono energia, tutti i residui dell’agroindustria sono energia, il sole è energia sia se diretto su celle al silicio che sottoforma di fotosintesi clorofilliana. Credo sia necessario un cambio di paradigma, senza inventare nulla di nuovo, ma rileggendo in chiave moderna e tecnologica ciò che avveniva prima del petrolio. In agricoltura, mio nonno e mio padre prima di me nel coltivare la terra destinavano una parte della coltivazione ad energia: legna da ardere per il riscaldamento della casa e per cucinare, foraggi e cereali per l’alimentazione animale, che diventava energia motrice nei buoi per coltivare i campi e nei cavalli per i trasporti. Oggi sarebbe impensabile tornare a quei tempi, è invece credibile riproporre quella economia circolare fondata sulle nuove tecnologie: il Biometano che noi produciamo in impianto grazie agli scarti agroalimentari diventa combustibile per trattori o mezzi di trasporto, diventa energia termica nelle nostre case, diventa energia elettrica per il nostro paese. La magia diventa produrre energia e ricchezza utilizzando quello che già c’è, riducendo l’impatto ambientale.
Nel suo passato ci sono altre importanti esperienze, tra cui Coldiretti e la politica locale. Attraverso di esse lei ha visto una attenzione sufficiente rivolta al mondo dell’agricoltura? Sono stati fatti gli investimenti che il settore merita?
Credo che nel passato tante cose siano state fatte. Oggi, secondo me, manca di lungimiranza di prospettiva, di un progetto sia normativo che di investimenti a lungo termine. Manca quindi la base, il fondo normativo su cui sviluppare le nuove strategie agricole, ecologiche ed ambientali per il futuro.
Non trova che spesso in Italia l’agricoltura sia stata oggetto di sussidi più per sostenere famiglie e imprese che per investire su progetti strategici?
Credo che sia esattamente questo il punto. Investire su progetti strategici è generativo, permette di raggiungere diversi obiettivi, tra cui la sostenibilità, il fabbisogno strategico di cibo per il Paese, la salute, l’ambiente, l’energia e – di conseguenza– il sostentamento di imprese e famiglie.
Voi avete costruito un modello cooperativo con forte capacità selettiva, nell’individuazione di soci con idee, progetti e una mentalità comuni. Lei trova che i vecchi modelli cooperativi siano ormai oggi superati?
Sì, credo che i vecchi modelli di cooperazione – ma, attenzione, parlo di “modelli” e non di cooperazione – siano assolutamente superati; nel tempo si sono appesantiti, hanno perso di vista l’obiettivo primario di una cooperativa, ovvero mettere al centro “l’Uomo” che la compone, operando nell’economico o nel sociale con quella finalità. Oggi spesso ci troviamo di fronte a cooperative che sono percepite dai propri soci come antagoniste della propria impresa, come nemiche, come un soggetto contro cui combattere. È un controsenso, le cooperative sono a tutti gli effetti “di proprietà” dei soci e devono generare efficienza nel sistema, non rappresentare una zavorra.
Insomma, sembrerebbe che l’agricoltura sia oggi un settore con grandi potenzialità ancora inespresse: quali le ricette da poter mettere in campo?
Ritengo che la miglior ricetta di sempre sia quella di prendere coscienza di dove siamo e in quale epoca storica, ambientale, economica e culturale viviamo, di pensare, di immaginare come vorremmo che fosse il nostro Paese tra 30/50 anni, di sognare in grande per poi operare scelte quotidiane che possano gestire le problematiche ma che abbiamo il respiro lungo, che seguano il sentiero tracciato.
Come lei sa, il nostro Osservatorio si occupa principalmente delle realtà insulari e delle aree interne del Paese. Ritiene che il vostro modello economico possa essere utilmente implementato in queste realtà?
Il nostro è un modello semplice – di piccola aggregazione di imprese e teste pensanti – che consente di sviluppare piccoli e medi progetti che possono essere molto efficaci in quanto insieme si è più forti che da soli. Pensiamo ad un piccolo o medio allevatore che voglia realizzare un caseificio per valorizzare meglio il suo prodotto: da solo, sarebbe in difficoltà; se invece si associasse ad altri piccoli allevatori avrebbe più possibilità, lo stesso vale per settori come il vino, l’olio, la carne ma anche la conduzione di terreni o la produzione di energia, come nel nostro caso.