Previsioni agricole globali: trend e prospettive per il settore agroalimentare

previsioni agricole

Negli ultimi venti anni, i mercati agricoli e alimentari hanno subito trasformazioni profonde segnate dal cambio di passo di alcune economie emergenti che hanno giocato un ruolo chiave nello sviluppo del mercato agricolo e ittico. La crescente domanda proveniente da queste economie ha determinato un incremento significativo della produzione e del consumo di alimenti, accompagnato dalla diversificazione delle abitudini alimentari, con una crescente domanda di prodotti ad alto valore aggiunto come carne, latticini e frutta. La crescita della popolazione mondiale e l’aumento dei redditi nei paesi in via di sviluppo hanno spinto verso l’alto la domanda di carne, latticini e prodotti a base di cereali, mentre nei paesi ad alto reddito si è osservata una maggiore attenzione verso alimenti biologici e prodotti sostenibili. La produzione agricola ha risposto a queste tendenze con l’adozione di tecnologie avanzate, come l’agricoltura di precisione e le colture geneticamente modificate, che hanno migliorato l’efficienza e la resa delle colture. La globalizzazione ha facilitato il commercio di prodotti agricoli, portando a un’integrazione più stretta dei mercati; tuttavia, questa integrazione ha anche reso i mercati più vulnerabili alle fluttuazioni economiche e politiche internazionali. Oggi il settore agricolo si trova a dover affrontare un decennio di nuove trasformazioni, guidate da una serie di fattori interconnessi: crescita della popolazione, cambiamenti climatici, innovazione tecnologica e cambiamenti nelle preferenze dei consumatori. Il Rapporto OECD-FAOAgricultural Outlook 2024-2033”, analizzando l’evoluzione dei mercati agricoli e alimentari globali negli ultimi venti anni, offre una panoramica sulle prospettive future identificando i principali trend e le sfide che attendono l’economia agricola nei prossimi dieci anni. 

Consumi, produzione e commercio negli ultimi dieci anni

Partendo dai consumi, si è assistito a una marcata riduzione della quota di mercato dei paesi appartenenti all’area Ocse in settori strategici quali i latticini, gli oli vegetali e la carne. Questo dato è controbilanciato dall’ascesa di potenze economiche emergenti, con Cina e India in prima linea. Particolarmente emblematico è il caso del mercato lattiero-caseario, dove la quota dei paesi Ocse ha subito una contrazione dal 36% al 26%, mentre l’India ha registrato un incremento di 11 punti percentuali, affermandosi come nuovo baricentro del consumo globale. Analogamente, nel settore degli oli vegetali, la Cina ha consolidato la propria posizione, accrescendo la sua quota di mercato di 8 punti percentuali. Il consumo non alimentare di cereali e farine proteiche per mangimi ha seguito una traiettoria analoga, con una drastica diminuzione della quota dei paesi Ocse (rispettivamente del 17% e 20 %) a vantaggio principalmente della Cina, che ha visto un aumento del 9% e 11%.

La produzione di materie prime dei paesi Ocse ha subito una flessione soprattutto nel mercato lattiero-caseario

Sul fronte produttivo, il quadro che emerge è altrettanto indicativo di un profondo riassetto degli equilibri globali: la quota di produzione di materie prime da parte dei paesi Ocse ha subito una flessione media di circa 7 punti percentuali; un caso emblematico è rappresentato dal mercato lattiero-caseario, dove la quota Ocse è scesa dal 51% al 41%, con l’India che ha colmato quasi interamente questo divario passando dal 14% al 23% della produzione globale. Le dinamiche commerciali riflettono e amplificano queste tendenze di fondo. La quota di importazioni dei paesi Ocse ha subito una generalizzata contrazione, particolarmente accentuata nei settori dei semi oleosi e prodotti derivati (-21%), della carne (-16%) e dei latticini (-13%), mentre la Cina emerge come il principale beneficiario di tali riallocazioni registrando incrementi significativi delle proprie quote di importazione in tutti i comparti analizzati, seguita dalle altre economie asiatiche. Sul versante delle esportazioni, il calo del contributo dei paesi Ocse appare ancor più marcato, con l’eccezione del settore dei semi oleosi e derivati, dove la contrazione è stata più contenuta (dal 30% al 27%). A guadagnare terreno nelle esportazioni cerealicole sono state l’Europa orientale e le aree americane non Ocse; queste ultime insieme all’India hanno assunto un ruolo di primo piano anche come esportatori di zucchero.

Previsioni agricole e demografiche, l’Africa Subsahariana si imporrà come nuovo epicentro 

Passando alle prospettive per il prossimo decennio, dal punto di vista demografico si prevede che la popolazione mondiale raggiungerà la soglia degli 8,7 miliardi di individui, evidenziando tuttavia un rallentamento nel tasso di crescita medio annuo, che si assesterà sullo 0,8%, in decelerazione rispetto all’1% dell’ultimo decennio. Dietro a questa tendenza globale si celano però marcate differenze regionali: da un lato si attende una graduale contrazione demografica in Cina, dall’altro l’Africa Subsahariana si imporrà come nuovo epicentro dell’espansione demografica (+2,4% annuo) e l’India consoliderà la sua posizione di paese più popoloso. Il rallentamento della crescita della popolazione mondiale si tradurrà in un’analoga riduzione della pressione sulla domanda alimentare globale, rispetto all’incremento registrato nei dieci anni precedenti. Dal punto di vista economico, dopo gli shock della pandemia di Covid-19 e della guerra in Ucraina, si prevede un periodo di ripresa graduale e differenziata, particolarmente lenta per le economie avanzate che vedranno crescere il Pil ad un tasso medio del 2% e, più rapida nelle economie asiatiche emergenti (+4,5% l’anno) e nell’Africa subsahariana (+4,3% annuo). Saranno dunque i paesi a basso e medio reddito i motori della crescita della domanda agricola globale.

Evoluzione dei consumi, della produzione e degli scambi internazionali

Nel prossimo decennio la crescita della domanda agricola sarà guidata principalmente dalle economie emergenti e in via di sviluppo, pertanto l’evoluzione delle abitudini alimentari nei paesi a medio e basso reddito rappresenta un aspetto essenziale delle previsioni. Le proiezioni fanno emergere un interessante mutamento dei ruoli tra le potenze asiatiche, con la Cina che, dopo un lungo periodo alla guida della crescita della domanda agricola globale, sta cedendo il passo all’India e ai paesi del Sud-est asiatico. Anche l’Africa subsahariana si appresta a offrire un contributo significativo alla domanda aggiuntiva, grazie soprattutto alla popolazione in rapida crescita; parallelamente, l’America Latina si distingue per il suo ruolo crescente nella produzione di carne e biocarburanti, contribuendo in modo rilevante alla domanda aggiuntiva di materie prime per usi non alimentari.

Nelle economie emergenti asiatiche aumenterà il consumo di proteine del latte mentre nei paesi ad alto reddito si andrà verso alternative sostenibili

In generale si prevede un aumento dell’apporto calorico giornaliero pro-capite e del consumo di proteine a livello globale, seppur con marcate differenze nella composizione delle fonti proteiche a livello regionale. Paesi dell’Africa subsahariana, Nord-Africa e del Vicino Oriente, dovrebbero continuare a consumare prevalentemente proteine di origine vegetale a causa redditi pro-capite più bassi, nelle economie emergenti asiatiche aumenterà il consumo di proteine del latte raggiungendo livelli critici mentre, nei paesi ad alto reddito, si osserva una tendenza verso alternative più magre e considerate più sostenibili rispetto alla carne rossa e ai latticini (pollame e proteine vegetali) ed è previsto un aumento della domanda di altri prodotti ad alto valore aggiunto come frutta, verdura, noci e semi. Sul lato della produzione i prossimi dieci anni saranno caratterizzati da una moderata ma costante crescita della produzione agricola globale, ad un tasso annuo dell’1%. Il maggiore contributo all’espansione della produzione proverrà dai paesi a medio e basso reddito (80%) grazie soprattutto al miglioramento delle rese, mentre è prevista una crescita più moderata in Europa, Asia centrale e Nord America

Sostenibilità e sprechi alimentari, lo spreco è globale ma per ragioni diverse

Uno dei temi cardine del rapporto è quello della sostenibilità, essendo l’agricoltura uno dei principali responsabili delle emissioni inquinanti: attualmente le emissioni di gas serra provenienti da agricoltura, silvicoltura e pesca rappresentano circa un quinto delle emissioni antropogeniche globali (22%), metà delle quali derivanti direttamente dalle attività agricole. Le proiezioni indicano un aumento del 5% delle emissioni dirette nel prossimo decennio, prevalentemente dovute all’espansione degli allevamenti (62%) e all’impiego di fertilizzanti sintetici (34%). Nonostante gli sforzi profusi da parte delle economie a medio e basso reddito per migliorare la sostenibilità dei sistemi produttivi agricoli, la maggior parte dell’aumento delle emissioni inquinati sarà attribuibile a queste regioni, a causa della maggiore crescita di produzione dei ruminanti.

Nei paesi a basso reddito alla base dello spreco vi è un’insufficienza tecnologica e infrastrutturale

Oltre alle emissioni dirette un altro tema fortemente legato alla sostenibilità del settore agroindustriale è quello degli sprechi e delle perdite alimentari che, attualmente, coinvolgono circa un terzo del cibo prodotto per il consumo umano. Dimezzare gli sprechi alimentari, obiettivo inserito nell’Agenda 2030, è essenziale non solo per ridurre l’impatto ambientale delle produzioni agricole per il consumo umano, ma anche per aumentare la sicurezza alimentare globale e assicurare livelli nutrizionali adeguati anche nei paesi economicamente più svantaggiati. Secondo le proiezioni del report, senza una radicale trasformazione dei sistemi agroalimentari globali, siamo lontani dal raggiungimento dell’obiettivo, al contrario è previsto un incremento di circa 230 milioni di tonnellate di cibo rispetto al periodo 2021-2023: tradotto in calorie si tratta di 2,8 milioni di calorie terrestri perse o sprecate, più del doppio del totale di quelle consumate in un paese a basso reddito nell’arco di un anno
Agire sui fattori determinanti dello spreco e delle perdite è essenziale per cogliere l’opportunità di affrontare l’attuale ineguale distribuzione delle calorie e ridurre l’impatto ambientale del comparto agroalimentare, ma si tratta di una sfida complessa giacché le cause sono molteplici e differenziate. Nei paesi a basso reddito alla base dello spreco vi è un’insufficienza tecnologica e infrastrutturale che determina perdite lungo tutta la catena di valore (dalle fasi di trasporto alla conservazione domestica), mentre man mano che i consumatori diventano più ricchi lo spreco è determinato da fattori ambientali naturali, standard di marketing, misure di sicurezza alimentare e comportamenti assunti dai consumatori.

Costi energetici e inflazione influenzano i prezzi dei prodotti agroalimentari mettendo in crisi la sicurezza alimentare in molte regioni

Un’ampia sezione dell’Outlook è dedicata alle tendenze e alle prospettive regionali, mettendo in luce le specificità locali legate alle condizioni climatiche, alle dinamiche demografiche ed economiche anche attraverso l’analisi delle diverse risposte con cui ciascuna area geografica si è confrontata con le sfide e gli shock globali dell’ultimo periodo. La pandemia da Covid-19, immediatamente seguita dal conflitto in l’Ucraina, nonché le fluttuazioni dell’offerta legate alle variazioni metereologiche, hanno messo a dura prova i sistemi agroalimentari a livello globale. L’aumento dei costi energetici e l’inflazione si sono riversati anche sui prezzi dei prodotti agroalimentari mettendo in crisi la sicurezza alimentare in molte regioni con impatti di diversa entità a seconda delle dotazioni di risorse, della struttura economica e dei livelli di reddito.

Le proiezioni si basano sull’ipotesi di un graduale allentamento degli effetti negativi registrati negli ultimi anni sulla produzione, il consumo e il commercio degli alimenti, pur riconoscendo la permanenza di numerose incertezze. Per tutte le regioni, seppur con dinamiche diverse, emerge l’imperativo di tenere in considerazione nella pianificazione dei futuri sistemi agricoli, la necessità di ridurre le emissioni inquinanti dell’agricoltura, incoraggiando la diffusione di nuove tecnologie e legando l’aumento della produzione a miglioramenti della produttività piuttosto che all’incremento delle superfici agricole e dei capi di allevamento, confermando la sostenibilità ambientale come tema centrale per la sicurezza alimentare globale del futuro.

Nel complesso quadro di previsioni agricole Ocse-Fao, le proiezioni si scontrano con incertezze mosse da fattori ambientali, sociali, geopolitici ed economici globali

Nel complesso quadro delineato dalle previsioni Ocse-Fao, il report non manca di sottolineare come le proiezioni agricole si scontrino con le incertezze mosse da fattori ambientali, sociali, geopolitici ed economici di portata globale. Un elemento cardine di questa incertezza risiede nella possibilità che, nel prossimo decennio, si manifestino eventi metereologici anomali capaci di sconvolgere le dinamiche produttive e di mettere a dura prova la resilienza dei sistemi agricoli globali, nonostante gli sforzi già in atto. Il 2023, con i suoi record di temperature sulla superficie terrestre e marina, ha fatto da monito sulla crescente influenza del cambiamento climatico, che non solo inasprisce l’intensità delle temperature globali, ma accresce anche la probabilità di eventi estremi quali siccità, uragani e inondazioni, ridisegnando di conseguenza i patterns produttivi e commerciali su scala planetaria. Sul versante della domanda, le preferenze e i comportamenti dei consumatori potrebbero subire cambiamenti inattesi, influenzati da una crescente sensibilità verso le tematiche ambientali, la salute e il benessere degli animali. Le epidemie di malattie animali e vegetali continuano inoltre a rappresentare una fonte significativa di incertezza per il settore agricolo mondiale. La precarietà di questa situazione rischia di essere esacerbata dai problemi logistici legati alle interruzioni dei principali passaggi marittimi che rappresentano una concreta minaccia alla fluidità degli scambi di materie prime agricole. L’attenzione è puntata in particolare sul Canale di Suez, sul Canale di Panama e Mar Nero, snodi fondamentali le cui attuali e future interruzioni possono innescare una reazione a catena con ripercussioni significative sulla disponibilità e l’accessibilità alle derrate agricole a livello globale. 

Il panorama delineato esige dunque un approccio analitico flessibile e multidimensionale, capace di adattarsi rapidamente ad un contesto in continua evoluzione. Il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile richiede uno sforzo collettivo che tenga in considerazione tutte le variabili, dalla riduzione dell’impronta ambientale dei sistemi agricoli alle esigenze produttive e di sostentamento degli operatori agricoli, alle nuove tendenze di consumo.

*Mariarosaria Zamboi, ricercatrice dell’Eurispes.

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