Secondo il CREA – l’ente di ricerca del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste – il settore agroalimentare italiano rappresenta circa il 15% del Pil nazionale, con generando oltre 522 miliardi di euro. L’80% dei beni primari consumati dai cittadini proviene inoltre dal territorio nazionale. Dati che sottolineano quanto il comparto rivesta un ruolo di primissimo piano nell’andamento dell’economia del nostro Paese, rendendo ancora più evidente la necessità di proteggerlo in ottica strategica. A tal proposito si ricorda come i poteri speciali di intervento governativo (golden power) siano stati ampliati negli ultimi anni anche in questo settore: da un lato per tutelarne lo sviluppo di fronte a uno scenario internazionale in evoluzione, dall’altro per consolidarne l’impronta sostenibile e innovativa anche rispetto agli altri paesi europei.
Preservare la filiera agroalimentare per prevenire e mitigare i cambiamenti climatici
Preservare la filiera significa anche garantire investimenti in innovazione e tecnologia, al fine di prevenire e mitigare i cambiamenti climatici e i conseguenti eventi atmosferici estremi sempre più frequenti. Uno di questi, ad esempio, è la siccità che imporrà un ripensamento strategico delle colture a più alto consumo di acqua, spesso tra le più redditizie. Una situazione che è andata peggiorando nel tempo e che, se non affrontata in maniera sistemica, sarà foriera di potenziali crisi alimentari. Si rende dunque necessario un ripensamento del settore che sarà chiamato ad intraprendere una vera trasformazione, che potrà essere agevolata dalla valorizzazione dei punti di forza e dal potenziamento delle aree in via di sviluppo, oppure dall’individuazione di iniziative nuove e in linea con gli obiettivi dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
La siccità imporrà un ripensamento strategico delle colture a più alto consumo di acqua
A tale scopo, sarà fondamentale affiancare investimenti privati in attività di ricerca e sviluppo al potenziamento delle misure pubbliche già esistenti, per incentivare ulteriormente l’innovazione e la doppia transizione. Ad esempio, il Fondo ISMEA per l’innovazione in agricoltura porta in dotazione 225 milioni che andranno a sommarsi ai 500 milioni già previsti dal PNRR. Oppure, il recente accordo da 400 milioni di euro siglato tra la Banca europea per gli investimenti (BEI) e Crédit Agricole Italia (CAI) che destina oltre il 25% delle risorse al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale e transizione energetica. Un ulteriore importante contributo in questa direzione, si deve al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) e a Invitalia per la riapertura dello sportello dei Contratti di sviluppo per il settore della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli.
Ruolo cruciale del comparto agroalimentare, bisogna rafforzare alleanze e partnership
Tale scenario mostra chiaramente il ruolo cruciale del comparto agroalimentare e il grande potenziale di crescita che, se sfruttato al meglio, potrebbe costituire un’importante leva di sviluppo per l’economia e il rilancio del nostro Paese. Per consentire la piena realizzazione di tale progetto sarà anzitutto necessario rafforzare alleanze e partnership, a partire dalla collaborazione tra mondo pubblico e privato, essenziali per poter definire strategie predittive di lungo termine in grado di dare un nuovo corso all’intero settore anche in ottica economica, occupazionale e reputazionale.
*Founder e Managing Director di Futuritaly, strategic advisor con lunga esperienza nel mondo pubblico e industriale.