Erano giovani, erano belli, erano generosi, erano vivi. Facevano parte di un sogno che era, forse, impossibile.
Impossibile come è impossibile essere eterni. Infatti, ora, sono morti tutti. La domanda è su quanto sia lecito il sogno e che prezzo si deve pagare allo stesso.
Ed ancora, se tolgo il sogno non c’è il rischio che resti solo l’incubo del bordello che Cuba era prima dei barbudos? La mafia era la padrona della isola bonita insieme ad un farabutto come Batista. Un regime corrotto, marcio ,al servizio dell’arricchimento di pochi e della disperazione di molti. Poi il sogno fa cambiare il corso della storia. Il 25 novembre del 1956,una barca il Granma, piena di rivoluzionari, fra cui un italiano Gino Dorè Paro di San Donà di Piave, sbarca a Cuba provenendo dal Messico.
Dopo un paio di anni i barbudos entrano a l’Avana. Per Castro è il trionfo. Non è un comunista, semmai è un democratico radicale, ma cade nella trappola della disinformazione sul suo presunto comunismo fino a diventare comunista e dittatore lui stesso. Ha il mondo contro, ma non molla. Le scuole funzionano, l’analfabetismo è sconfitto, la mortalità infantile pure, il sistema sanitario copre tutti i cittadini, le università sono di livello. Ma l’embargo americano è micidiale. Per i troppi errori da tutte e due le parti la querelle dura decenni. Poi Obama, Bergoglio e Raùl fanno in modo di voltare pagina.
Il messaggio più toccante per la morte di Fidel Castro lo ha inviato Papa Bergoglio.