Nell’evoluzione del sistema informativo tributario e delle tecniche di contrasto all’evasione fiscale, l’efficace utilizzo delle banche dati assume un ruolo sempre più determinante. Il processo evolutivo si dirige ormai veloce verso il ricorso alla cosiddetta “intelligenza artificiale” per combattere l’evasione fiscale.
Tuttavia, l’utilizzo di forme di intelligenza artificiale per il contrasto all’evasione fiscale implica una valutazione, anche sul piano giuridico, circa lo “scontro” tra interesse fiscale e interesse alla tutela dei diritti del contribuente.
Le tecniche innovative di intelligenza artificiale contro l’evasione fiscale
Il Direttore dell’Agenzia Entrate, Ernesto Maria Ruffini, nel corso dell’audizione al Senato in VI Commissione Finanze e Tesoro, svoltasi il 4 marzo 2021, ha evidenziato l’importanza di attività di controllo sempre più mirate grazie ai data base. In quella circostanza, il Direttore ha anche ricordato il progetto dell’Agenzia, selezionato e finanziato dall’Unione europea, finalizzato, anche attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, ad individuare tecniche innovative di network analysis, machine learning e data visualization, per scoprire soggetti ad alto rischio di evasione. Anche l’Agenzia delle Dogane sta andando, peraltro, in tale direzione.
L’esempio del porto di Ancona
Il porto di Ancona, ad esempio, è stato il primo in Italia ad usare l’intelligenza artificiale per controllare i mezzi in imbarco e sbarco sui traghetti. Il Direttore dell’Agenzia delle Dogane, Marcello Minenna, già in Consob, aveva del resto sviluppato una procedura di web spidering, basata su algoritmi di intelligenza artificiale, per la ricerca di fenomeni abusivi sulla Rete. Ebbene, tutta questa progettualità andrà comunque “armonizzata” con i princìpi giuridici (di privacy e non solo) del nostro Ordinamento, laddove il Consiglio di Stato, con le sentenze n. 2936/2019 e n. 8474/2019 del 13 dicembre 2019, ha affermato che la legittimità dell’utilizzo di algoritmi nell’ambito dell’attività discrezionale della Pubblica amministrazione, richiede il rispetto di un preciso quadro di regole, in particolare sotto i profili della piena conoscibilità e della imputabilità del potere.
Il modello brasiliano
Quanto a quest’ultimo principio, in sostanza, deve essere sempre individuato un soggetto (persona fisica), a cui possano essere ricondotti gli effetti dell’azione adottata sulla base dell’algoritmo. Per capire in quale direzione andare e come andarci, possiamo comunque fare riferimento ad alcune best practices internazionali. Tornando al mondo doganale, per esempio, di grande rilievo è l’esperienza del Brasile, che utilizza un sistema informatico in grado di operare, automaticamente, attività di selezione delle posizioni a rischio, da “suggerire” poi al funzionario preposto all’effettivo controllo.
Tale sistema è basato su un’avanzata forma di intelligenza artificiale ed apprendimento automatico, basato non solo su di una logica di tipo matematico-statistico o probabilistico, ma anche in grado di tenere conto di quanto già esaminato in precedenza. Non è dunque il funzionario ad indirizzare l’attività di analisi del sistema informatico, quanto, piuttosto, è lo stesso sistema informatico ad indirizzare l’attività del funzionario, che diventa, lui, strumento (fisico) nelle mani del sistema artificiale. E le implicazioni che possono discendere da tale situazione sono naturalmente di grande rilievo giuridico, soprattutto in termini di tutela dei diritti; in primis, quello di difesa in giudizio, che deve poter contare sulla conoscenza del ragionamento alla base dell’“accusa”.
Anche la regola algoritmica, quindi, deve soggiacere ai princìpi generali dell’attività amministrativa, quali quelli di pubblicità, trasparenza, ragionevolezza, proporzionalità, ecc. La mediazione e il raggiungimento del (difficile) equilibrio tra le diverse istanze ed interessi consentiranno, quindi, di entrare nell’era dell’intelligenza artificiale fiscale.
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*Giovambattista Palumbo, Direttore Osservatorio Eurispes sulle Politiche fiscali.