Migranti bloccati nelle isole greche: serve aiuto ai bambini

La denuncia di Medici Senza Frontiere su quanto sta accadendo ai bambini immigrati nelle isole greche fa venire brividi che scuotono e interrogano le nostre coscienze. Ogni loro parola mette in evidenza la crisi etica e politica di un’Europa che ancora troppo spesso, e con troppo cinismo, guarda a se stessa, escludendo gli altri. Nella giornata del 21 dicembre scorso, lo stesso Papa Francesco, con un memorabile discorso, ha ricordato la necessità di accogliere tutti, nessuno escluso, di aprire le porte per stringere le mani di chi vive la sofferenza di questo tempo infausto. Parole importanti, troppo spesso tradite o non ascoltate.

Profughi nelle isole greche, l’appello di Medici Senza Frontiere

Medici Senza Frontiere invita le autorità europee, e in particolare quelle greche, a trasferire «immediatamente tutti i richiedenti asilo dai campi delle isole greche in una sistemazione sicura sulla terraferma». Un appello urgente, in questo tempo di pandemia, per superare il progetto di nuovi campi profughi chiusi alle frontiere greche ed europee che non faranno altro che intrappolare le persone aggravando i loro problemi di salute mentale. Le autorità greche dovrebbero, inoltre, garantire «tutele speciali alle persone con problemi di salute mentale sulle isole greche ed evacuare le più vulnerabili in una sistemazione sicura sulla terraferma o in altri stati dell’Ue», come afferma l’associazione Premio Nobel per la pace del 1999.

Sono 49 i bimbi migranti che hanno tentato il suicidio nel 2020

A quattro mesi dall’incendio che ha distrutto il campo di Moria e nonostante le numerose promesse dell’Unione europea, «più di 15mila donne, uomini e bambini sono ancora intrappolati in condizioni disumane e insicure in campi sulle isole greche», manifestando preoccupanti problemi di salute mentale: il 60% dei pazienti a Samos hanno infatti manifestato pensieri suicidi. Gli psicologi di MSF a Lesbo hanno trattato 49 casi di bambini che hanno tentato il suicidio nel corso del 2020. Bambini che hanno il pieno diritto ad un’infanzia serena, sicura e felice e che, invece, precipitano in una spirale di violenza e sofferenza che li spinge verso un desiderio di morte. Non c’è nulla di più tragico e sconcertante del desiderio di suicidio in bambini fuggiti, con le loro famiglie, da conflitti e disastri umanitari per trovare accoglienza nella civile Europa, salvo ritrovarsi ai suoi confini in campi profughi che non lasciano spazio ai sogni e al futuro. Suicidi che richiamano le riflessioni di Durkheim, padre della sociologia, evidentemente poco letto dalla classe dirigente europea.

Inoltre, «nonostante le promesse dell’Ue, gli incendi di Moria, Samos e Chio non hanno spazzato via la dannosa politica di contenimento sulle isole greche e le persone dovranno affrontare un altro inverno in condizioni disumane nel pieno di una pandemia globale», afferma Stephan Oberreit, capo missione di MSF. «Un nuovo “centro di accoglienza e identificazione” è stato costruito a 5 km dal campo di Vathy e un altro sarà realizzato a Lesbo, un piano che non farà altro che aumentare la sofferenza di queste persone, rendendole ancora più invisibili», ha aggiunto Oberreit. A Samos già 3.500 persone vivono in un centro da 648 posti in condizioni miserabili, ossia in tende di fortuna nel bosco accanto al centro, senza accesso a docce, né servizi igienici o ripari adeguati a proteggersi dal freddo.

A rischio la salute mentale dei profughi

Il team di salute mentale di MSF ha recentemente registrato nel campo di Vathy un preoccupante aumento del numero di pazienti con sintomi gravi. Lo scorso novembre, il 60% dei pazienti che si sono recati nelle cliniche dell’associazione ha dichiarato di aver pensato al suicidio. Risulta, inoltre, che il 37% delle persone assistite era a rischio suicidio. «Dopo ogni evento critico e dannoso, come gli incendi, il recente terremoto, il lockdown, abbiamo assistito ad un incremento dei casi gravi nella nostra clinica, con un aumento decisamente preoccupante dei pensieri di suicidio e di autolesionismo da parte delle persone intrappolate nel campo», dichiara Lindsay Solera-Deuchar, psichiatra di MSF a Samos. E aggiunge, mentre i brividi lungo le nostre coscienze aumentano di intensità: «essere costretti a vivere in condizioni difficili per un periodo prolungato e la continua incertezza sulle richieste di asilo contribuiscono ad aggravare i problemi di salute mentale delle persone nel campo, molte delle quali hanno già vissuto eventi traumatici nel loro paese di origine o durante il loro viaggio fino in Grecia. Senza affrontare questi problemi, è impossibile assistere in modo efficace i nostri pazienti. Hanno bisogno di un ambiente sicuro e stabile per recuperare».

A proposito di Lesbo, più di 7mila richiedenti asilo, di cui 2.500 bambini, vivono in tende che spesso si allagano a causa delle piogge. «Recentemente, il terribile episodio di una bambina di tre anni violentata nel campo dimostra la sconvolgente inadeguatezza delle misure di protezione e l’urgente bisogno di alloggi sicuri e dignitosi per i più vulnerabili», scrive MSF. Da quando è avvenuto l’incendio e i migranti sono stati trasferiti in un nuovo campo, gli psicologi infantili dell’associazione umanitaria continuano a notare preoccupanti sintomi tra cui: sonnambulismo, incubi, comportamenti regressivi, autolesionismo e idee suicidarie. «Continuiamo a vedere disperazione, sintomi depressivi e alcuni casi estremi di psicosi reattiva, autolesionismo e idee suicidarie», afferma Thanasis Chirvatidis, psicologo infantile di MSF a Lesbo. «Tra i casi più gravi, vediamo bambini che si isolano o esprimono il desiderio di porre fine alla propria vita. Vogliono stare dentro la tenda tutto il tempo, non vogliono socializzare e desiderano morire per fermare la loro sofferenza e non sentirsi più così».

Provando ad alzare le sguardo da quest’inferno, emergono dati preoccupanti che indicano emergenze umanitarie che si dovrebbero gestire con strumenti adeguati e una visione nuova dell’umanità e non, invece, rifiutandole mediante politiche di chiusura delle frontiere e retoriche xenofobe. Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), ad esempio, nel mondo si contano circa 272 milioni di migranti, ossia circa il 3,5% della popolazione mondiale. Circa i due terzi di queste persone si muove per motivi economici, in fuga dalla fame e dalla povertà in cerca di un lavoro. Una quota sempre più rilevante – 41 milioni – è quella rappresentata dai cosiddetti “migranti interni” cioè persone che sono costrette a muoversi dal proprio luogo di origine o residenza ma che restano nei confini dello stesso. Accanto ai motivi economici – che a volte vedono grandi masse di persone fuggire in un breve lasso di tempo da paesi al collasso, come nel caso del Venezuela – ha un impatto sempre maggiore il protrarsi di conflitti drammatici, come in Siria, nello Yemen, nella Repubblica Democratica del Congo e nel Sudan del Sud. Accanto a questi si sono avute crisi umanitarie legate alla violenza etnica, come nel caso della minoranza Rohingya in Myanmar. È l’India il paese di origine del maggior numero di migranti – 17,5 milioni – seguita da Messico e Cina; gli Stati Uniti restano, invece, la destinazione principale con 50,7 milioni di arrivi.

Secondo gli ultimi dati Eurostat, erano 2,4 milioni i migranti entrati nei confini della Ue nel 2018 e 446,8 milioni i residenti nei 27 Paesi membri dell’Unione, ossia il 4,9% della popolazione totale. L’Italia resta, nonostante le retoriche dei sovranisti e patrioti locali, uno degli Stati con il minor tasso di popolazione migrante residente sul proprio territorio: 5,5 ogni 1.000 abitanti. 332mila sono le persone entrate in Italia in base a questa statistica, di cui 230mila provenienti da paesi non comunitari. Di queste solo una minima parte, circa un decimo, sono giunte via mare: nel 2018 sono state poco più di 28mila.

Accogliere, assistere e sostenere bambini, donne e uomini è un dovere etico, oltre che costituzionale. L’Europa unita nasce proprio in seguito alla presa di coscienza di cosa sono stati i regimi totalitari e quali devastazioni hanno prodotto in termini di eccidi, persecuzioni e violenze. Lasciare, oggi, migliaia di persone, bambini compresi, vittime di violenze e propensi al suicidio, obbliga ad una riflessione che rischia di vederci tutti colpevoli a prescindere dalla pandemia in corso.

 

 

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