Europa, l’inutile minaccia dell’Italia sul “bilancio”

L’Italia minaccia di tagliare il contributo dell’Italia al bilancio dell’Unione europea e il Commissario Ue agli Affari Economici, Pierre Moscovici, risponde chiedendo di ridurre il debito: “L’Italia sia credibile”.
Vediamo di fare chiarezza sul “bilancio” europeo.

I fatti
Innanzitutto, è già improprio chiamarlo “bilancio”, perché l’Ue non ha mai avuto un vero e proprio bilancio, ma un “Quadro finanziario pluriennale”, e non è una questione di lana caprina, ma di sostanza. Infatti, il quadro finanziario è alimentato dai contributi di ogni singolo Stato e non dispone di risorse proprie: è composto da voci (capitoli) con fondi già sostanzialmente pre-assegnati, tra i quali la parte da leone, pari quasi a due terzi del totale, la fanno ancora la PAC (la politica agricola) e i fondi strutturali.
Ciò significa che, se vogliamo modificare questo sistema, occorre innanzitutto procedere ad un radicale cambiamento dell’assetto generale e delle regole che lo definiscono attualmente. Senza questo passaggio preliminare, ogni discussione riguardo alla destinazione delle risorse finanziarie disponibili ha scarsa rilevanza per la esiguità delle risorse finanziarie assegnate alle autorità comunitarie e ciò con riferimento tanto al totale delle risorse quanto a quelle cosiddette “residue”, che sono pari ad un terzo del totale.

Il dibattito
Siamo perciò di fronte ad un dibattito surreale, in cui il quadro finanziario europeo viene utilizzato come strumento di propaganda politica antieuropea, dando l’impressione di conoscerne poco, o affatto, la struttura e il merito. In àmbito europeo, poi, è poco efficace fare minacce ricattatorie, con il risultato di preparare gli “avversari” a fare quadrato e rimanere isolati. Un comportamento che, a lungo andare, si potrebbe rivelare autolesionista per il nostro paese (abbiamo anche esempi del passato) con risultati facili da immaginare. Perciò, è opportuno non annunciare le minacce alla stampa come una clava di polistirolo; meglio attuarle, eventualmente, nelle sedi competenti, al momento giusto, quando si discutono le diverse questioni.
Legare poi la riforma del “bilancio” alla questione degli immigrati è strumentale e riduttivo. Non serve minacciare di non versare il nostro contributo, previsto dal Trattato, visto che facciamo parte dell’Unione; quanto piuttosto chiedere e negoziare i cambiamenti che vorremmo e le proposte che, come Paese, potremmo fare, evitando di dividerci in base alle bandiere di appartenenza. Sarebbe più logico, semmai, dividersi sui contenuti delle proposte, passando però dalle “grida” alle azioni politiche, senza offrire pasti facili all’ottusità degli Oettinger (commissario europeo, tedesco) di turno.

Le proposte

L’insieme dell’Unione, i cui errori e i limiti sono tra le cause principali dell’affermazione dei cosiddetti “sovranisti”, non può continuare, comunque, a rimanere sorda, chiusa, sperando di cavarsela con poco o nulla; così continuerebbe solo ad alimentare i sovranisti e il suo declino. Servirebbe perciò: a) una radicale redistribuzione ed un diverso utilizzo delle risorse del piano finanziario; b) il rafforzamento di alcune voci e/o l’introduzione di nuove che potrebbero giustificare anche un aumento dei fondi; c) la concessione dei finanziamenti (almeno di una parte) al rispetto degli accordi, non solo sui migranti, ma anche dei princìpi democratici e del rispetto dei diritti fondamentali su cui si fonda il Trattato; d) la destinazione degli avanzi delle risorse non spese (fondi strutturali, ecc…) per le politiche sociali e per la crescita.
Inoltre, contemporaneamente alla discussione sul prossimo quadro finanziario, occorre approvare: 1) un potenziamento del piano per la crescita (destinato ai paesi con maggiori squilibri); 2) il finanziamento del meccanismo di sostegno ai disoccupati generati dalle crisi (proposta italiana); 3) un accordo per avviare la discussione su un vero e proprio bilancio dell’Eurozona. Questo dovrebbe chiedere il governo italiano, per stanare e mettere gli altri all’angolo ed evitare, invece, di rimanerci da solo. Nel qual caso, sarebbe una vittoria di Pirro, che il Paese pagherebbe cara: una ennesima beffa.

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