L’Italia è il paese della buona tavola, del cibo di qualità, di prodotti unici al mondo. Buona parte del merito di questa unicità è rappresentato dal settore agroalimentare, da sempre fiore all’occhiello del Made in Italy che però non riesce a scrollarsi di dosso le vesti di Cenerentola. Oltre alla crisi, a rendere ancora più complicato negli ultimi anni lo sviluppo di questo settore vitale per l’economia del nostro Paese, anche l’appetito delle mafie.
Non solo Italian Sounding, ovvero la commercializzazione di prodotti non italiani con l’utilizzo di nomi, parole, immagini che richiamano l’Italia, inducendo quindi ingannevolmente a credere che si tratti di prodotti italiani. Questo fenomeno sta subendo un’ulteriore sofisticata evoluzione: non si investe più solamente sulla creazione all’estero di pseudo-aziende che imitano i nostri prodotti, ma si acquisiscono direttamente antichi e prestigiosi marchi legati alla storia e alla cultura dei nostri territori, li si svuota dei contenuti di conoscenza, tradizione, qualità, sapienza e attraverso di essi si commercializzano produzioni dall’origine incerta, ambigua e spesso pericolosa, così come ambigua è molto spesso la provenienza dei capitali utilizzati per queste acquisizioni. Insomma si è passati dall’Italian Sounding all’Italian Laundering, con pezzi interi della nostra economia utilizzati per il lavaggio di denaro sporco.
Due fenomeni che non solo stanno mettendo a rischio e svuotando il marchio del Made in Italy, ma che di fatto ingannano e mettono anche a rischio la salute degli ignari consumatori.
Le organizzazioni criminali sono impegnate a 360° nel business miliardario dell’agroalimentare: controllano in molti territori la distribuzione e il trasporto dei prodotti agroalimentari, attraverso le estorsioni e le intimidazioni impongono la vendita di determinate marche e di determinati prodotti agli esercizi commerciali. In alcuni casi, come avvenuto al mercato ortofrutticolo di Fondi, uno dei più importanti del Centro-Sud, addirittura si riuniscono in un vero e proprio “cartello” e impongono i prezzi a frutta e verdura. Approfittando della crisi economica e delle restrizioni al credito operate dalle Banche rilevano direttamente aziende, imprese e attività commerciali in difficoltà.