Il Coronavirus colpisce gli Stati Uniti nel momento in cui la campagna presidenziale si preparava ad entrare nel vivo. Le primarie democratiche procedono in ordine sparso con alcuni stati che hanno deciso di rimandare le consultazioni ed altri di proseguire ugualmente. Martedì si è votato in Florida, Arizona, Illinois e i risultati hanno permesso a Joe Biden di ottenere un margine di delegati che difficilmente potrà essere colmato da Bernie Sanders. Il Paese si trova così in procinto di entrare nel pieno della campagna presidenziale nel momento in cui deve affrontare la crisi dovuta al Covid-19 e si domanda quali potranno essere gli effetti dell’epidemia sui risultati del voto ed il modo in cui i due fronti tenteranno di sfruttare o minimizzare gli effetti della diffusione del virus.
Occorre innanzitutto dire che rimandare le elezioni è virtualmente impossibile. La legge che stabilisce la data delle presidenziali è in vigore dal 1845 e il Paese ha tenuto elezioni generali non solo in tempo di guerra, ma anche nel pieno della Guerra civile. Per posticipare le elezioni, inoltre, sarebbe necessario modificare la Costituzione, dal momento che essa stabilisce il 3 Gennaio come data d’insediamento della Camera dei Rappresentati. Ci si potrà invece aspettare, qualora la situazione del Coronavirus non cambiasse, l’adozione di uno svariato numero di meccanismi di voto diversi – in America le modalità di voto vengono stabilite a livello statale – volti a facilitare il voto anticipato o il voto a distanza. In questo caso sarà particolarmente importante considerare l’impatto che queste norme potrebbe avere sull’affluenza negli swing state. Soprattutto considerando il fatto che nel 2016 Trump vinse grazie a qualche decina di migliaia di voti di scarto in Michigan, Pennsylvania e Wisconsin.
Ovviamente l’impatto economico, sociale e umanitario della crisi, assieme alla percezione che la popolazione americana avrà del modo in cui questa sarà stata gestita, saranno gli elementi dirimenti della prossima campagna elettorale. Sotto questo punto di vista può essere notato come, secondo un sondaggio recentemente pubblicato da Reuters, all’incirca un americano su due ritiene soddisfacente il modo in cui Trump ha finora gestito la crisi. Se la percezione generale dell’operato di Trump dovesse restare favorevole, questo elemento, sommato alla tendenza a riconfermare i presidenti uscenti in un momento di crisi, potrebbe favorire la rielezione del presidente. Occorre al contempo tener presente come, sempre secondo lo stesso sondaggio, il 30% degli elettori repubblicani ritiene esagerate le misure adottate per contrastare quella che giudica come una banale influenza stagionale. Il rischio per Trump, in questo caso, sarebbe quello di aver attivamente favorito, con le dichiarazioni delle ultime settimane sul Covid-19, un’errata percezione del rischio in un’ampia fascia della popolazione americana con immaginabili conseguenze da un punto di vista di gestione della crisi.
Le varie campagne elettorali si sono già adattate alla situazione creata dal Coronavirus. Gli eventi pubblici sono stati sospesi, i membri dei vari staff hanno adottato, o stanno adottando, modalità di smart-working e l’ultimo dibattito tra i due candidati democratici si è svolto a porte chiuse. Questa situazione ha portato tutti gli staff a riorganizzare il modo in cui condurre la campagna elettorale spostando fondi e attenzioni all’on-line. Ciò vuol dire che chiunque sarà maggiormente in grado di sfruttare le potenzialità offerte dal web e dall’utilizzo dei Big Data avrà, ancor più di prima, un notevole vantaggio il 3 novembre. Sotto questo punto di vista la campagna di Trump gode di un ampio vantaggio tattico sul suo futuro avversario democratico. Come riportato da McKay Coppins sul The Atlantic lo scorso febbraio, la campagna di Trump per oltre un anno ha lavorato alla creazione di una macchina in grado di utilizzare i dati accumulati su milioni di persone a scopo elettorale. L’obiettivo è quello di attuare una profilazione, il più accurata possibile, del maggior numero di potenziali elettori in modo da poterli poi inondare di pubblicità targettizzate sostanzialmente sul singolo individuo. Questa struttura – che è stata estremamente utile a Trump nel creare e veicolare una propria narrativa degli eventi (dall’impeachment al muro di confine con il Messico) – potrà essere utilizzata anche nella crisi scaturita dal Coronavirus? Soprattutto, sarà in grado, anche nel pieno di una pandemia, e viste le dichiarazioni delle ultime settimane, di creare una narrativa credibile e valida per il proprio elettorato?
I democratici, che stanno accusando Trump di aver profondamente sbagliato nel gestire la crisi, puntano particolarmente sugli effetti che il Coronavirus potrebbe avere sull’economia americana. Il Washington Post, martedì, riportava come un super PAC democratico si stesse preparando a spendere 5 milioni di dollari in pubblicità che criticassero la gestione della crisi da parte del presidente. Ciò in quanto la crescita economica che gli USA hanno fatto registrare negli ultimi anni è forse l’asset più spendibile di Trump in campagna elettorale. Una crisi, dovuta alla pandemia da Coronavirus, potrebbe allontanare dal Presidente una parte di quelle persone che lo votarono nel 2016. In particolare, si punta molto sulla classe media che vive nei sobborghi delle grandi città americane. È stato proprio questo tipo di elettorato, tendenzialmente moderato, ad aver contribuito al successo democratico nelle ultime elezioni di mid-term dato che molti di questi elettori, che nel 2016 avevano votato Trump, nel 2018 si sono orientati verso candidati democratici. Un altro aspetto su cui punterebbero molto i democratici, qualora Biden divenisse ufficialmente il loro candidato, riguarda il ritorno alla normalità. Già dal giorno in cui annunciava la propria candidatura alla presidenza Biden ha tentato di descrivere se stesso come una figura di garanzia in grado di riportare dignità al ruolo della presidenza e buon senso nel dibattito pubblico. Questo tipo di candidatura potrebbe essere maggiormente apprezzata dagli elettori in tempi di pandemia soprattutto con un presidente erratico come Trump.
L’aspetto che maggiormente peserà sulle elezioni oltre, ovviamente, alla gestione diretta della crisi, sarà l’affluenza. Qualora dovessero restare in vigore norme sul distanziamento sociale queste potrebbero avere, come visto con le primarie in Illinois dello scorso martedì, un effetto negativo sull’affluenza. Ciò renderebbe ancora più vera la lezione tratta dalle ultime tornate elettorali per cui non si vince al centro ma ha successo colui che è maggiormente in grado di mobilitare il proprio elettorato di riferimento.