Decreto sicurezza, senegalese e cieco discriminato “per legge”. I nuovi esclusi

Senegalese, povero e cieco: accolto e tutelato per motivi umanitari fino ad ora dallo Stato italiano, adesso sarà abbandonato a se stesso grazie al decreto sicurezza.
«Mi sento impotente e sperduto. Finirò presto in mezzo ad una strada e non vedendo nulla sono finito se non trovo qualcuno che mi aiuti. Ho paura di non farcela». Sono queste le parole di Hamed, ghanese di 39 anni residente a Castel Volturno, in provincia di Caserta.
È una delle tante storie raccolte da Amnesty Italia per il suo studio I sommersi dell’accoglienza (pubblicato lo scorso gennaio), con il quale il movimento per i diritti umani denuncia la grave compromissione del sistema di accoglienza italiano e la sterilizzazione del diritto d’asilo.
Hamed è non vedente, e necessita di assistenza quotidiana, la quale gli è stata fino ad ora garantita solo dagli operatori dell’ex-centro Sprar locale. La richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari che Hamed ha presentato è stata rigettata a causa della cancellazione dello status umanitario stabilito dal decreto Sicurezza del Governo Conte 1. Per questo, con ogni probabilità, tra dicembre 2019 e giugno 2020 si ritroverà, come ricorda Amnesty, privo del reddito necessario al suo sostentamento, dell’assistenza sanitaria e senza un’abitazione in cui vivere. «Non capisco perché l’Italia mi tratti così. Sono non vedente – dichiara ancora Hamed – mi tolgono la protezione umanitaria, mi sbattono in mezzo ad una strada. Come faccio a vivere? Come faccio a dormire, mangiare e con le mie esigenze? Chi si prende cura di me considerando che io non posso farlo? Perché l’Inps mi ha tolto la pensione di invalidità? Io cieco ero prima e cieco sono adesso. Povero ero prima e povero sono adesso. In questi mesi, e fino a dicembre, io sono ancora dentro lo Sprar e preso in carico dagli operatori e dovrei ricevere ugualmente la pensione e invece me l’hanno tolta».

Sono migliaia le donne e gli uomini che come Hamed sono precipitati nella precarietà e nell’isolamento. Si incontrano in tutte le città italiane e sono i nuovi sommersi, gli esclusi, i rifiutati, i rigettati, i reietti di un Paese che ha deciso di discriminare per legge e di mettere a disposizione di sfruttatori, caporali e mafiosi, un esercito di riserva di senza più diritti.
I nuovi sommersi per volontà governativa si chiamano Veronique, Jessy, Catherine e vengono dalla Nigeria, dal Gambia, dal Senegal, dalla Costa d’Avorio, dal Bangladesh e da molti altri paesi in cui dominano guerre, carestie, terrorismo, crisi ambientali, violenze e discriminazioni. Abdul, ad esempio, senegalese di 31 anni che da due mesi chiede l’elemosina davanti un supermercato nella periferia est di Roma, ricorda che, prima dell’entrata in vigore del decreto, aveva un’accoglienza che significava un tetto, un letto, un tutor e corsi di italiano da seguire per imparare la lingua e trovare un lavoro regolare. Aveva 23 anni quando decise di partire dal suo paese dopo essere stato tradito da alcuni amici che diffusero la notizia della sua omosessualità. Così la sua vita, e quella della sua famiglia, iniziarono a precipitare in un vortice di discriminazioni, violenze e minacce di morte, fino a vedere la sua casa natale completamente bruciata. La fuga era l’unica possibilità per vivere.
Il Senegal è uno dei paesi, insieme ad Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Serbia, Tunisia e Ucraina, che il Governo italiano, per mezzo del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, di concerto coi Ministri dell’Interno e della Giustizia, ha considerato – ancora attraverso il decreto Sicurezza – sicuro. Si tratta di un’altra grave forma di discriminazione nei confronti di coloro che provengono da uno degli Stati individuati, peraltro in chiara violazione degli articoli 3 e 10 comma 3 della Costituzione, e dell’art. 3 della Convenzione di Ginevra del 1951. Una lista che non si basa sulla verifica dell’effettivo rispetto dei diritti umani nei paesi individuati, ma su una vergognosa operazione discriminatoria di cui Abdul è uno degli esempi più chiari.
Ad affermarlo è lo stesso Ministero dell’Interno che, con la sua circolare del 18 dicembre 2018, dichiara che lo scopo della lista è quello di assicurare una «più efficiente ed efficace gestione del fenomeno migratorio» e di garantire la presenza di adeguati «mezzi di contrasto del rischio di un ricorso strumentale agli istituti di tutela previsti». Abdul, dunque, era discriminato in Senegal per la sua omosessualità e lo è ora in Italia perché senegalese.

Intanto il dibattito politico trascura drammaticamente questo tema. Per fortuna a contestare la costituzionalità del provvedimento è intervenuto il decreto del 22 gennaio 2020 della sezione specializzata del Tribunale di Firenze, come ha ricordato la rivista di Magistratura Democratica Questione Giustizia, che ha messo in luce alcune gravi carenze nella designazione del Senegal quale paese sicuro. Il Tribunale era chiamato a pronunciarsi sulla sospensione di un provvedimento di rigetto della domanda di asilo presentata da un ragazzo del Senegal, stesso paese di Abdul, il quale aveva dichiarato alla Commissione territoriale del capoluogo toscano di essere omosessuale, e di correre, per tale motivo, un rischio grave nel suo paese. La domanda d’asilo era stata respinta per manifesta infondatezza dal momento che il Senegal è uno dei paesi designati dal Governo Conte 1 come sicuro. Il Tribunale, esaminata la “Scheda Paese” sul Senegal predisposta dalla Commissione nazionale per il diritto d’asilo, constatava come in essa fosse chiaramente indicato che il Senegal non poteva essere considerato sicuro per gli appartenenti alla comunità Lgbtiq+. Ciò, osservava la stessa Commissione, sia per la perdurante criminalizzazione dell’omosessualità, sia per il clima di ostilità e violenza nei loro confronti.
Dunque, essendo la designazione del Senegal illegittima, il giudice ha potuto sconfessare il provvedimento del Governo Conte 1 e l’ignavia del Governo Conte 2, e disporre la sospensione dello stesso, consentendo al richiedente di ottenere un permesso. Intanto Hamed, Valentine, Jibril e tutti gli altri rischiano di ritrovarsi per strada, senza diritti e senza servizi di accoglienza, in attesa che il Governo trovi il coraggio per cancellare i decreti Sicurezza.

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