Dispersione scolastica e povertà culturale: due facce della stessa medaglia

Come era inevitabile la chiusura che ha interessato il sistema scolastico in primavera ha avuto come diretta conseguenza quella di accentuare disuguaglianze sociali ed economiche già ampiamente diffuse nel nostro Paese. All’aggravarsi di fenomeni come la disoccupazione o l’impoverimento delle famiglie italiane per l’emergenza da Covid-19, si sono aggiunti anche fenomeni di deprivazione culturale a danno di bambini e adolescenti dovuti alla chiusura di scuole e spazi educativi, oltreché al prolungato confinamento in casa. Nei mesi del lockdown insegnanti e dirigenti scolastici hanno cercato di dare continuità allo sviluppo e all’apprendimento degli studenti attraverso l’impiego della tecnologia e forme di didattica a distanza, ma si è trattato di sforzi insufficienti, perché incapaci di sostituire quella rete di relazioni sociali e quell’interazione sulla quale si basa l’azione educativa e la vita scolastica.

Oggi, con la seconda ondata di contagi che sta interessando l’Italia, la scuola è di nuovo al centro del ciclone. C’è chi vorrebbe chiuderla definitivamente, considerandola uno dei principali centri di contagio e diffusione del virus; chi, invece, vorrebbe la sospensione di altre attività non essenziali pur di garantire la frequentazione scolastica a bambini e ragazzi. Misure preventive sono state già adottate, con le superiori che continuano con la didattica a distanza, e lezioni in presenza per elementari e medie. Tuttavia, se il numero dei contagi continuerà a salire si dovrà inevitabilmente riconsiderare la questione scolastica, potenziando gli strumenti già a disposizione del corpo docenti.

Il problema riguarda, in modo particolare, quei bambini che fin dall’inizio hanno avuto difficoltà con la didattica a distanza e che, in questo momento, potrebbero abbandonare definitivamente la scuola. Nel 2019, nel nostro Paese, il 13,5% dei residenti tra i 18 e i 24 anni ha lasciato la scuola con la sola licenza media, una delle quote più alte d’Europa. In Italia gli studenti stranieri che abbandonano prematuramente gli studi sono il 36,5%, rispetto all’11,3% di italiani, segno evidente che la condizione economica, linguistica e l’integrazione nel tessuto sociale a tutti i livelli hanno un ruolo determinante nella vita di questi giovani individui (dati Eurostat).

Organizzare al meglio l’intera struttura scolastica, significa arginare gli eventuali traumi che la pandemia avrà non solo in termini di apprendimento scolastico ed interazione collettiva, ma anche di dispersione scolastica e impoverimento culturale. L’Italia, dove le scuole sono restate chiuse per un periodo di tempo maggiore rispetto ad altri paesi europei, è una delle nazioni, in Europa, con la maggiore arretratezza digitale, e ciò tende ad aggravare ulteriormente la situazione. La distribuzione di supporti digitali avviata fin da marzo dal Ministero dell’Istruzione, di fatto non è stata in grado di sopperire ad una richiesta talmente alta che circa il 30% degli alunni ha avuto problemi a seguire le lezioni online – a causa della mancanza di Pc, Tablet e connessioni veloci – e il 10% ha interrotto l’attività formativa.

Come rilevato recentemente dall’Istat, nel periodo 2018-2019 ben il 33,8% delle famiglie non aveva un computer o un Tablet in casa, mentre solo il 22,2% delle famiglie possedeva un dispositivo per ogni componente. Il dato è sicuramente allarmante per il Mezzogiorno, dove il 41,6% delle famiglie è senza computer in casa e solamente il 14% ha a disposizione un Pc per ciascun componente. Per quanto riguarda l’età, i ragazzi tra i 6 e i 17 anni che non hanno un computer a casa sono il 12,3%; due adolescenti su tre (14-17 anni) che usano abitualmente Internet possiedono competenze digitali basse o di base, mentre solo tre su dieci (vale a dire circa 700mila ragazzi) hanno competenze di alto livello. Possedere queste competenze digitali è stato fondamentale per gli studenti che durante il lockdown hanno dovuto sospendere la frequentazione scolastica e laddove esistevano situazioni di arretratezza economica ed educativa il tasso di povertà culturale e l’abbandono scolastico sono inevitabilmente cresciuti.

In Italia nel 2019 la povertà assoluta, secondo l’Istat, ha colpito 1 milione e 137mila minori, ben l’11,4% rispetto al 7,7% degli individui a livello nazionale, con un piccolo miglioramento rispetto al 2018, quando la percentuale era del 12,6%. Povertà educativa e povertà economica vanno di pari passo, per questo l’attuale crisi si ripercuoterà inevitabilmente sull’educazione e sul livello di istruzione, e da questo punto di vista sono molti i ragazzi che rischiano di rimanere isolati rispetto alla loro classe e di non essere raggiunti dalla didattica a distanza in caso di una seconda chiusura della scuola. Se si guarda al versante dell’apprendimento, la povertà culturale in cui riversano intere fasce della popolazione più giovane appare allarmante. Secondo i dati forniti dall’Ocse nel 2018, il 24% dei ragazzi di 15 anni non era in grado di raggiungere le competenze minime in matematica, il 26% in scienze e il 23% in lettura. Tra il 2006 e il 2012 si era registrata una lenta ma importante riduzione della povertà educativa e cognitiva, tuttavia gli ultimi dati hanno mostrato un nuovo aumento in ciascun àmbito già a partire dal 2015.

Si pensi che uno degli obiettivi fondamentali dell’Agenda ONU 2030 è proprio quello di porre fine alla povertà nelle sue differenti forme, compresa, quindi, quella culturale ed educativa. Si parla, infatti, di «Offrire un’educazione di qualità, inclusiva, e paritaria e promuovere le opportunità di apprendimento durante la vita per tutti», in modo da poter migliorare la qualità della vita e ridurre i divari economici fra le classi sociali. Si tratta di un obiettivo importante, ma che allo stesso tempo sembra ancora molto lontano.  Il nuovo rapporto dell’Unicef (2019) segnala infatti che più di 175 milioni di bambini non sono iscritti alla scuola dell’infanzia, pagando fin dall’inizio una grave diseguaglianza. I bambini che hanno frequentato almeno un anno di scuola dell’infanzia presentano maggiori probabilità di sviluppare le competenze fondamentali per avere successo a scuola e conseguentemente incorrono in un rischio inferiore di dispersione scolastica o di dover ripetere un anno. Come sostenuto da Henrietta Fore, Direttore esecutivo Unicef, «L’istruzione pre-scolare è la base di un sistema educativo: ogni grado successivo fonda il proprio successo su di essa. […] Se i governi di oggi vogliono una forza lavoro competitiva per l’economia di domani, devono partire dall’istruzione della prima infanzia». Secondo il trend registrato nel Rapporto, nel 2030 i tassi di iscrizione alla scuola per l’infanzia saranno dell’86% nei paesi più ricchi e appena del 32% in quelli a più basso reddito. E le cifre non andranno sicuramente migliorando con l’emergenza sanitaria ed economica che ci troviamo ad affrontare. E le cifre non miglioreranno con l’emergenza sanitaria ed economica che ci troviamo ad affrontare. Per questo, oggi più che mai, la scuola assume un’importanza fondamentale nella vita dei più giovani, e deve rimanere un punto di riferimento ed una costante.

L’importanza di arginare immediatamente il fenomeno è evidente anche dalle recenti iniziative intraprese dal Ministero dell’Istruzione. Sono passati, infatti, solamente pochi giorni da quando il Ministero ha deciso di firmare un Protocollo di intesa con il Forum Nazionale del Terzo Settore, mirato soprattutto a contrastare la povertà educativa che affligge il sistema scolastico in questo particolare momento. L’intento è quello di promuovere un contesto scolastico che sia inclusivo ad ogni livello, garantendo la piena integrazione anche di quei ragazzi disabili che troppo spesso si trovano ad essere isolati a causa delle carenze della scuola. Grazie al Protocollo saranno avviati progetti formativi ed educativi gratuiti rivolti non solo ai giovani alunni, ma anche al personale che frequenta le strutture scolastiche, avvalendosi degli Enti aderenti al Forum stesso (ed accreditati a tal fine dal Ministero dell’Istruzione). Un’attenzione particolare è rivolta a quei contesti urbani più svantaggiati, dove il tasso di dispersione scolastica registra i numeri maggiori.

Si tratta di un primo, ma importante passo per combattere il drammatico impatto che l’attuale crisi avrà sulla crescita della povertà assoluta, già triplicata negli ultimi 10 anni, colpendo bambini che vivono in famiglie economicamente svantaggiate o in famiglie che si misureranno per la prima volta con un rapido e inaspettato processo di impoverimento. La povertà dei bambini non può essere equiparata a quella degli adulti, perché si tratta di un impoverimento che pregiudica il loro stesso futuro, con danni irrecuperabili.

 

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