Educazione civica nelle scuole, Bruno Assumma: “Magistra vitae”

Tornare ad insegnare educazione civica sui banchi di scuola: la proposta suscita sempre più consensi. D’altra parte, i dati raccolti da Eurispes all’inizio dell’anno per il Rapporto Italia, parlavano già chiaro: per quasi sette italiani su dieci l’insegnamento dell’educazione civica sarebbe utile alla formazione degli studenti e, soprattutto, alla costruzione di una coscienza sociale e civile. Il dibattito sulla nostra rivista prosegue con l’opinione del professor Bruno Assumma, noto avvocato romano, con 45 anni di insegnamento di Diritto penale alle spalle in diverse Università italiane, dalla Federico II di Napoli, all’Università di Salerno, a quella di Campobasso.

Professor Assumma, cosa si deve intendere, secondo lei, per educazione civica?
Tutto, non solo il rispetto, pur necessario, del segnale stradale o delle singole norme. Con l’educazione civica la personalità è positivamente stimolata verso una visione della vita ed un corretto “modus operandi” all’interno della società.  Nelle scuole del Giappone, l’educazione civica include tutto ciò che riguarda la tutela personale e sociale, anche in vista, ad esempio, di possibili terremoti.

Ritiene che sia utile reintrodurne l’insegnamento come materia specifica?
Assolutamente. Dovrebbe essere una materia a sé, coordinata con tutte le altre. E qualcosa del genere dovrebbe avvenire anche per le Università. La partecipazione ad un corso universitario, e parlo per la mia esperienza diretta nell’ambito di una facoltà giuridica, non dovrebbe essere, infatti, solo finalizzata alla conoscenza dell’articolo 10 o dell’articolo 20, ma dovrebbe rappresentare l’opportunità di sviluppare, in modo consapevole e critico, la personalità di ciascuno.

Secondo la sua esperienza di docente, i ragazzi, quando arrivano all’Università, conoscono le istituzioni italiane e il loro funzionamento?
Dipende dalle singole realtà territoriali e, soprattutto, dall’efficienza della preparazione degli insegnanti della scuola secondaria. Da loro discende la scolarizzazione del singolo alunno, e con questa, in senso più vasto, l’ampiezza della sua prospettiva di vita. Ma capita spesso che gli studenti vengano a fare gli esami di Diritto penale senza avere le nozioni di base della struttura dello Stato. Quindi, la preparazione graduale di una conoscenza politica e sociale è fondamentale.

Oggi, invece, i ragazzi, a 18 anni, sono davvero pronti per andare alle urne ed esprimere il loro voto?
Anche qui dipende molto dalla scuola che hanno frequentato. Alcuni sì, altri invece, non conoscono affatto le istituzioni su cui sono chiamati ad esprimere la loro scelta.

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