È delle ultime ore la notizia che la DDA di Bari e il NAF, nucleo antifrode del Corpo Forestale dello Stato, hanno sequestrato in Puglia 7.000 tonnellate di falso extravergine, togliendo dal mercato partite di prodotto non italiano. Sempre maggiore attenzione i presta dunque a un settore strategico per l’economia del Paese, che finalmente inizia a considerare questi “attacchi” al Made in Italy come un caso di sicurezza nazionale. Sette sono le aziende italiane produttrici di olio accusate di avere messo in vendita bottiglie di extravergine che in realtà non lo era, quindi meno costoso nel processo di produzione e di qualità inferiore. L’inchiesta giudiziaria, avviata dalla Procura di Torino in collaborazione con i NAS dei Carabinieri, ha infatti coinvolto alcune delle più importanti aziende del settore.
Come spiega l’Avv. Marco Polizzi, Presidente dell’associazione dei consumatori Primoconsumo che si costituirà parte civile nel processo per l’inchiesta del falso olio extravergine di oliva: “Se confermati i dati dell’inchiesta ci troveremmo di fronte a un caso di vera e propria contraffazione oltre che di truffa: i cittadini-consumatori pensano di acquistare erroneamente un prodotto di qualità (extravergine) a prezzi convenienti, che invece potrebbe nascondere una vera e propria frode. I consumatori hanno subìto un danno grave e la sua diffusione è confermata dalla capillare presenza sul territorio degli oli in questione. Il danno creato da tale inganno è enorme, non solo per i cittadini che, come è noto, si trovano in condizioni di forte difficoltà, ma anche per l’intero Paese e per l’immagine dei nostri prodotti di eccellenza”.
La procura di Torino ha informato il ministero delle Politiche agricole circa la sua indagine, considerata l’importanza del settore per l’industria italiana e per consentire alle aziende di tutelarsi e di coordinare meglio i controlli. Il ministro Maurizio Martina ha spiegato che il governo segue “con attenzione l’evoluzione delle indagini, perché è fondamentale tutelare un settore strategico come quello dell’olio extravergine d’oliva italiano”. Martina ha anche spiegato che negli ultimi mesi sono stati intensificati i controlli, con 6mila analisi e sequestri di materiale per 10 milioni di euro.
In effetti, per essere definito “extravergine”, l’olio deve essere estratto unicamente tramite la spremitura meccanica delle olive e avere un’acidità inferiore o uguale allo 0,8 %. Se invece il livello di acidità è superiore allo 0,8 % – e fino al 2 % – si parla di olio di oliva vergine, ottenuto sempre tramite la sola estrazione con metodi meccanici, ma meno costoso perché di qualità decisamente inferiore. Ci sono poi altri elementi che sono tenuti in considerazione durante i cosiddetti “panel test”, le prove obbligatorie eseguite dagli assaggiatori di olio per valutare il prodotto nel suo complesso, con particolare attenzione all’aspetto, al colore e, naturalmente, al sapore.
Diverse sono le tecniche utilizzate dai produttori per contraffare l’olio, così da spacciarlo per extravergine anche se tecnicamente non lo è. Il metodo più usato consiste nel miscelare all’extravergine vero e proprio più tipi di olio di oliva di qualità inferiore, spesso proveniente da altri paesi. La legge consente di farlo, ma solo entro certi limiti e a patto che l’operazione sia chiaramente indicata sull’etichetta. Altre pratiche prevedono l’aggiunta di olii che non hanno nulla a che vedere con quello di oliva e che servono per alterare l’aspetto del prodotto, aggiungendo per esempio coloranti naturali o altri additivi per mascherarne il sapore.