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La necessità di unire il contrasto all’evasione fiscale e quello alla criminalità organizzata, intenta a riciclare i proventi dei propri reati, non è certo idea nuova. A parte il leggendario caso di Al Capone, infatti, non può non citarsi il pensiero del Capitano Bellodi, ne “Il giorno della civetta” di Sciascia, il quale, durante l’interrogatorio di Don Mariano Arena, si trova ad affermare che “bisogna sorprendere la gente nel covo dell’inadempienza fiscale come in America. Ma non soltanto le persone come Mariano Arena; e non soltanto qui in Sicilia. Bisognerebbe, di colpo, piombare sulle banche; mettere mani esperte nelle contabilità, generalmente a doppio fondo, delle grandi e delle piccole aziende; revisionare i catasti. E tutte quelle volpi che stanno a sprecare il loro fiuto dietro le idee politiche […] sarebbe meglio si mettessero ad annusare intorno alle ville, le automobili fuori serie, le mogli, le amanti di certi funzionari: e confrontare quei segni di ricchezza agli stipendi, e tirarne il giusto senso. Soltanto così ad uomini come don Mariano comincerebbe a mancare il terreno sotto i piedi”.

Le cose oggi non stanno molto diversamente. Secondo le stime dell’Eurispes l’evasione fiscale ammonterebbe a circa 270 miliardi di Euro all’anno, con un’economia sommersa equivalente a circa un terzo del Prodotto interno lordo. A sentire questi numeri appare chiaro come qualsiasi analisi in ordine alle misure di contrasto da adottare per contenere la crisi non possa prescindere dal realizzare una efficace lotta all’evasione fiscale; anche considerato che, plausibilmente (e comunque giustamente), chi ha bisogno oggi di essere aiutato è proprio chi non evade e non ha evaso. La lotta all’evasione fiscale, infatti, al di là dei tanti, spesso sterili, dibattiti accademici, resta il solo, immediato, tangibile e soprattutto realizzabile, strumento per abbassare la pressione fiscale. Le due cose peraltro non sono antitetiche, ma strettamente collegate.

Perché il Signor Rossi possa continuare a mandare avanti la sua azienda, a contribuire allo sviluppo dell’economia italiana e a mantenere le famiglie dei propri dipendenti, senza dover versare al Fisco tutto ciò che guadagna dal suo sudato lavoro, con il rischio di chiusura della stessa impresa, necessariamente il Signor Bianchi, vicino di casa del Rossi ma (fiscalmente e fittiziamente) residente a Montecarlo, dovrà versare in Italia quanto dovuto in base alla sua capacità contributiva. Perché la società “E io Pago” Srl, che, immaginiamo, produce stringhe per scarpe, possa continuare a resistere sul mercato, alla società “E io non pago” Srl, del gruppo “Chi se ne frega” SpA, la cui controllante (gestita dagli stessi soci della controllata) ha sede alle Cayman, non potrà più essere consentito, con il fine di dirottare alle Cayman i relativi utili di impresa, di acquistare i componenti delle stringhe dalla controllante estera al doppio del prezzo che invece paga la “E io pago Srl” (con dunque abbattimento del reddito imponibile). Sarebbe come far giocare una partita di calcio in 11 contro 22. Dov’è in questo caso la libera concorrenza? Perché la società “Tartassata” Srl, che, immaginiamo, vende articoli in oro al prezzo di 1000, non debba chiudere per mancanza di clienti, alla società “Furba” Srl, non potrà essere consentito di vendere i medesimi articoli a 800, perché magari li ha acquistati dalla società “Inesistente” Srl, mera cartiera, con rappresentante legale un barbone sotto un ponte e sede in uno scantinato di un condominio abbandonato e che tanto, non versando mai l’IVA (dato che il giorno dopo la vendita chiude e che, comunque, non c’è nessuno a cui andarla a chiedere), può fare anche un prezzo di vendita “scontato” del 20% (con effetti a catena sulle successive acquirenti e quindi sui clienti finali). Come è possibile allora pensare di abbassare la pressione fiscale, di mantenere (ed anzi incrementare, visto il livello attuale) la qualità dei servizi pubblici, di sostenere le grandi opere e infrastrutture, di incentivare le imprese con agevolazioni, senza poter contare su quei 150/200 miliardi di euro, illegittimamente sottratti alle casse dello Stato? L’impresa in fondo non è impossibile, anche considerato che i margini di miglioramento sono ancora molto rilevanti. Del resto anche Al Capone è stato “incastrato” sul Fisco!

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