Immigrazione, emarginazione e salute: il 40% dei migranti ha problemi psichici

immigrazione

Il tema dell’immigrazione riveste una posizione sempre più nevralgica nelle scelte programmatiche di amministratori locali e dei responsabili della cosa pubblica, affermandosi come cardine dell’agenda di governo di tutti i partiti.

Al di là dei numeri, senza dubbio da record che fotografano un fenomeno in continua crescita, le maggiori criticità connesse a questo fenomeno, emergono dalle carenze delle politiche di inclusione sociale fin qui adottate; in taluni casi, infatti, i migranti vanno ad alimentare sacche di emarginazione già esistenti e spesso, purtroppo, ignorate.

L’emarginazione è un fenomeno che coinvolge migliaia di persone nel nostro Paese, non solo migranti, persone invisibili agli occhi dello Stato, per le quali risulta spesso difficile anche accedere alle cure e all’assistenza fornite dal Servizio Sanitario Nazionale; la malattia del resto è certamente uno dei molteplici fattori che determinano l’emarginazione sociale di un individuo, soprattutto quando risulta problematico usufruire dell’assistenza di cui si necessita, nonostante la salute sia un diritto riconosciuto dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, previsto dall’articolo 32 della Costituzione Italiana e le cure in Italia siano accessibili, per legge, a tutti.

Non è certo agevole descrivere l’aspetto quantitativo di tale fenomeno; tuttavia, se consideriamo l’Indagine multiscopo sulla condizione di salute e il ricorso ai servizi sanitari della popolazione straniera in Italia, condotta dall’Istat e dal Ministero della Salute nel 2013 (ultimi dati disponibili), emerge una diffusa precarietà della salute in particolar modo tra gli immigrati irregolari, sia per le frequenti situazioni di marginalità economica, sia per il timore legato allo status giuridico delle persone, ma anche per difficoltà linguistiche e differenze culturali che ne condizionano l’avvicinamento alle autorità sanitarie.

Ma quali sono le principali criticità relative alle condizioni di salute dei migranti e come si collegano esse, all’emarginazione socio-economica? Secondo i dati forniti dall’Istat nel 2013, ma anche dai dati contenuti nel report su immigrati e salute, elaborato dal sistema di sorveglianza PASSI e che ha visto collaborare l’ISS (Istituto Superiore di Sanità) e l’Università Ca’ Foscari, la percezione delle condizioni di salute è tendenzialmente positiva nella popolazione migrante presente in Italia; ma ad una più attenta analisi, emerge che tale sensazione cambia nel corso degli anni di permanenza, affermandosi una percezione di precarietà della salute.

Tale variazione è da addurre ad una serie di elementi discriminanti, uno dei quali è certamente l’acquisizione, nel tempo, di stili di vita ed abitudini in grado di favorire l’insorgere di alcune malattie croniche, la cui incidenza tra gli stranieri di recente immigrazione è, invece, piuttosto bassa. I dati evidenziano altresì come l’insorgenza di malattie croniche e la percezione negativa dello stato di salute, siano più frequenti tra le persone che vivono in difficoltà economiche e hanno un basso livello di istruzione, il che sembrerebbe confermare la marginalità sociale ed economica quale fattore di ostacolo all’accesso alle cure, soprattutto a quelle preventive.

Se gli immigrati, almeno dal punto di vista fisico, sembrerebbero godere di buona salute, una circostanza estremamente complessa da affrontare è senza dubbio la salute mentale dei migranti. Molti di coloro che giungono in Italia possono soffrire l’eradicazione culturale, la lontananza dai propri cari e dai propri affetti o, nel caso dei migranti che provengono dai Paesi del Medio Oriente e dell’Africa Sub-Sahariana attraverso il Mediterraneo, patire il lungo percorso, i pericoli incontrati e le violenze subite.

Nel 2014, dei migranti provenienti dalle coste Nord Africane del “Mare Nostrum” e approdati sulle nostre coste, circa il 40% evidenziava problemi di natura psichiatrica; inoltre, dai dati Istat provenienti dall’indagine multiscopo del 2013 e ripresi anche dall’Inmp (Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti), si può rilevare uno stato di precaria salute mentale nel 32% dei migranti. Proprio l’Inmp fornisce i dati relativi alle principali psicopatologie riscontrate: disturbo da stress post-traumatico (10,2%), ansia (39,6%), depressione (46,1%), e sindromi da somatizzazione (25,6%).

Del resto gli stranieri residenti all’estero rappresentano un gruppo vulnerabile per molti disturbi psichiatrici: esiste infatti un’ampia convergenza di opinioni, nella letteratura scientifica, sull’idea per cui la migrazione sia un processo associato a diversi fattori di stress con impatto potenzialmente negativo sulla salute mentale: le difficoltà che possono venire a crearsi, allorché la persona straniera provi ad inserirsi nel tessuto socio-economico del Paese di destinazione, possono costituire elementi di aggravio per la precarietà dell’equilibrio mentale della persona. Dunque: immigrazione, emarginazione e salute sono senza dubbio argomenti reciprocamente connessi e legati, ciascuno di essi, a fattori in grado di condizionare la realizzazione di una società più equa e sostenibile dal punto di vista umano; nella fattispecie, abbattere le barriere sociali e culturali che limitano l’accesso dei migranti alla sanità pubblica, vorrebbe dire, senza alcun dubbio, porre un piccolo tassello per una società più inclusiva.

 

 

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