Ivrea è divenuta patrimonio Unesco, Adriano Olivetti la rese grande

Ivrea ce l’ha fatta: é stata accolta la candidatura per il riconoscimento da parte dell’Unesco come uno dei siti mondiali dell’umanità. E’ il cinquantaquattresimo sito Unesco italiano. Ivrea è la città della rivoluzione industriale del Novecento ma è soprattutto la patria di Adriano Olivetti e della sua città ideale, quella in cui riuscì a coniugare la cultura d’impresa con la crescita umana, economica e sociale del territorio e dei suoi abitanti e lavoratori. La decisione è stata presa durante i lavori del Comitato del Patrimonio mondiale che si sta svolgendo a Manama, in Bahrein.

Fondata nel 1908 da Camillo Olivetti, la città industriale di Ivrea rappresenta uno dei modelli di progetti economici e socio-culturali più moderni e illuminati dell’epoca. Fu proprio Adriano Olivetti a portare al successo l’azienda omonima che produceva macchine per scrivere, calcolatrici meccaniche e computer. Adriano Olivetti fu artefice di un modello di sviluppo che realizzò secondo lo schema e le idee del Movimento Comunità. La stessa forma della città e gli edifici urbani furono progettati dagli urbanisti più bravi, nella consapevolezza dell’importanza che il luogo di produzione non poteva non avere, per il benessere di chi vi trascorreva gran parte del tempo oltre che per quello di chi lo abitava. La città industriale di Ivrea finì col rappresentare un esempio concreto, tangibile, di un nuovo modo di produrre che coniugava profitto, qualità della vita, solidarietà sociale, crescita culturale.

Un luogo, una vera e propria comunità che rispondeva alla domanda di servizi e che prevedeva alloggi per i lavoratori, uffici, asili nido, mensa, servizi sociali, edifici per la produzione, ambienti per la fruizione di attività culturali. Una esperienza di produzione industriale all’avanguardia con una particolare attenzione alle persone, alla loro crescita, per uno sviluppo ecosostenibile e di qualità. Ma chi era Adriano Olivetti, artefice di questa utopica città ideale? Era un imprenditore nato nel 1901, ingegnere e figlio di Camillo, fondatore della Ing. C.Olivetti & C, la prima fabbrica italiana di macchine per scrivere. Adriano Olivetti fu promotore e realizzatore di un progetto industriale rivoluzionario. Per lui il profitto aziendale doveva essere reinvestito a beneficio della comunità e dei suoi membri. Fu uomo di cultura, impegnato in attività politiche e sociali, ma anche editore. Ingegnere del Politecnico, soggiornò negli Stati Uniti dove apprese le più innovative pratiche di organizzazione del lavoro e dell’azienda.

Convinto oppositore del regime fascista, si impegnò nell’azienda di famiglia – che portò al primo posto nel mondo nel settore dei prodotti per ufficio – per l’affermazione dei diritti umani e della democrazia partecipativa dentro la fabbrica. Fu cultore appassionato di letteratura, arte, storia, filosofia, urbanistica. Nel 1956 fu eletto sindaco di Ivrea e nel 1958 fu eletto in Parlamento candidandosi con il Movimento Comunità. Fu sostenitore del federalismo europeo e ciò in virtù del suo incontro con Altiero Spinelli durante l’esilio in Svizzera nel 1944. Un uomo lungimirante che volle riformare l’industria, creando un equilibrio tra solidarietà e profitto, convinto assertore dell’importanza della cultura e dell’arte per tutti i componenti di una comunità. Un grande italiano, tra quelli che hanno segnato il XX secolo. Il modello che creò, grazie al riconoscimento da parte dell’Unesco, viene oggi definitivamente consegnato alla memoria e alla storia. Un uomo che credeva nel lavoro come strumento di realizzazione umana, di crescita e di incontro. ’Lavorando ogni giorno tra le pareti della fabbrica e tra le macchine e i banchi e gli altri uomini per produrre qualcosa che vediamo correre nelle vie del mondo e ritornare a noi in salari che sono poi pane, vino e casa – scriveva Adriano – partecipiamo ogni giorno alla vita pulsante della fabbrica, alle sue cose più piccole e alle sue cose più grandi, e finiamo per amarla, per affezionarci e allora essa diventa veramente nostra, il lavoro diventa a poco a poco parte della nostra anima, diventa quindi una immensa forza spirituale”.

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