L’agricoltura delle diversità può rilanciare l’economia dei territori. L’intervista

L’Osservatorio “Cibi, Produzioni, Territori”, nato dalla collaborazione tra Unione Coltivatori Italiani, Eurispes e Universitas Mercatorum, è entrato nel vivo delle sue attività riunendo, a Roma, in sede centrale UCI, alcuni rappresentanti dei territori e del mondo agricolo allargato, i propri tecnici e i dirigenti, che hanno partecipato alla tavola rotonda del 13 marzo. L’Osservatorio, con una spiccata sensibilità territoriale, studia e analizza le trasformazioni in atto che coinvolgono l’agricoltura, le produzioni e i sistemi agroalimentari, indagando i complessi rapporti con i processi sociali ed economici sottostanti. Che cosa è emerso in questo vivace pomeriggio di discussione? Ne parliamo con il Presidente UCI nazionale Mario Serpillo.

Presidente Serpillo, prima di entrare nel merito dei contenuti emersi in questo incontro e delle sue modalità di svolgimento, comincerei col soffermarci su un tema che ha guidato molti degli interventi. Mi riferisco al fatto di puntare sulla “diversità” come fattore di sviluppo: potrebbe entrare più nel merito?
La diversità è ricchezza dal punto di vista culturale, ambientale e socio-economico. Concretamente mi riferisco all’agro-biodiversità, ai prodotti tipici, al paesaggio, ai saperi professionali e a tanti altri elementi che forgiano l’identità dei nostri territori e ne rafforzano la loro competitività in un contesto globale. Ritengo che sia di fondamentale importanza promuovere iniziative di sviluppo territoriale che puntino sull’agricoltura, sulla tradizione rurale, sulla qualità ambientale e su quegli elementi distintivi che aggregano i produttori e riuniscono un’intera comunità in maniera attiva. Queste esperienze, che hanno come chiave di volta la diversità, possono portare nuova linfa a quei territori marginali a rischio spopolamento, favorendo la cooperazione territoriale, il ricambio generazionale in ambito agricolo e rafforzando la competitività e l’innovazione delle filiere. Bisogna tenere bene a mente che alcuni di questi territori, oltre ad essere soggetti ad un preoccupante e incontrollato drenaggio di risorse umane, naturale conseguenza di processi di urbanizzazione e industrializzazione, sono anche messe sotto scacco da una certa visione di sviluppo economico, che guarda agli interessi di breve periodo e non si cura di preservare altri importanti assets del territorio (vedi logiche dell’economia del petrolio in Basilicata e in altre regioni del sud). Nei nostri territori abbiamo esempi di chi, remando contro tutti e opponendosi a queste logiche di “sviluppo”, ha scommesso sull’identità, sulla qualità e sulla diversità ed è riuscito a riportare in vita un insieme di attività economiche legate all’agricoltura, alla ricettività turistica e alla gastronomia. Questi sono esempi da seguire; l’Osservatorio, tra i suoi fini principali, vuole proprio comprendere quali sono i fattori decisivi di successo ed insuccesso, per supportare il più possibile progetti finalizzati.

Possiamo dire che l’agricoltura e, in particolare, quella delle diversità, svolgerà sempre un ruolo fondamentale per lo sviluppo futuro della nostra economia? Qual è la mission di UCI nel contesto di crisi ed incertezza sul futuro in cui ci troviamo?
Senza alcun dubbio! L’agricoltura contribuisce ad arginare i fenomeni di esodo e di urbanizzazione che separano sempre di più l’uomo dalla terra e generano non pochi problemi ambientali dei territori. Essa garantisce posti di lavoro ed è necessaria per la sicurezza alimentare. Inoltre, contribuisce ai processi di coesione a livello geopolitico, Europa politica compresa, indirizzandone le direttrici a favore dello sviluppo sostenibile a livello ambientale, delle garanzie per i cittadini, della modernizzazione dell’economia, dell’eguaglianza e dell’inclusione socio-economica, oltre ad offrire preziose opportunità d’impiego ai giovani.
Oggi, stiamo vivendo una fase delicatissima nel nostro Paese. È una crisi di natura economica e sociale che dura ormai da oltre dieci anni e non accenna ad allentare, colpendo soprattutto le fasce più deboli. L’agricoltura delle diversità sarà sempre più al centro dei processi di sviluppo del futuro, e potrebbe riuscire ad invertire le tendenze attuali. Anche intorno a tale consapevolezza UCI definisce la sua mission, che non si esaurisce solo nella pluralità dei servizi offerti dalla nostra piattaforma, ma si nutre ed alimenta, anche grazie alle attività dell’Osservatorio, una strategia più vasta e più nobile, che tocca il mondo produttivo, il tema della sostenibilità sociale ed ambientale, l’economia del settore primario e del mare e la visione delle grandi filiere produttive, che trovano nei paesi mediterranei una forte corrispondenza e gli alleati naturali contro gli effetti devastanti della globalizzazione selvaggia. Questa era e questa vuole essere la mission alta dell’Unione Coltivatori Italiani.

Presidente, facciamo un passo indietro, potrebbe spiegarci qual è stato lo scopo di questo incontro? Che cosa lo rende diverso da un qualsiasi tavolo tecnico sull’agricoltura?
Questo incontro ha voluto inaugurare ufficialmente un percorso di confronto e discussione sulle esperienze positive e sulle problematiche presenti nei territori agricoli, in primis, ma non solo, nel Mezzogiorno. L’Osservatorio CPT ci dà la possibilità di allargare il nostro campo visivo e rafforzare la nostra capacità di analisi sul complesso insieme differenziato delle realtà agricole territoriali italiane. Stiamo quindi tentando di elevare il dibattito sotto il profilo analitico e critico, al fine di individuare quelle contraddizioni e quei problemi che frenano lo sviluppo agricolo e la sostenibilità, in senso ampio, del settore primario. Ci tengo però a ribadire, che non stiamo facendo attività da “salotto culturale”; l’importanza dell’Osservatorio e di queste attività di confronto, che continueranno nei territori nei mesi a venire, è indubbia. Solo in questo modo, osservando, raccogliendo informazioni, esperienze dirette e analizzando successi e insuccessi, saremo in grado di presentarci come interlocutori più che autorevoli al dibattito, con intento costruttivo e propositivo, con i policymaker di settore e con le Istituzioni preposte alla pianificazione strategica. Queste attività aumentano la capacità di UCI di incidere sul sistema burocratico e sulla normativa vigente e, allo stesso tempo, riducono in modo sostanziale la distanza tra le esigenze dei produttori e la programmazione strategica ai vari livelli istituzionali.

Chi ha partecipato all’incontro? I partecipanti sono tutti convinti dell’utilità e dell’importanza che riveste l’attività dell’Osservatorio?
Abbiamo chiamato a raccolta esponenti di rilievo delle UCI territoriali: dirigenti e Operatori che collaborano nei territori e che dedicano le loro competenze ed esperienze all’agricoltura in generale; soggetti che lavorano per la difesa delle diversità locali, delle tradizioni, delle tipicità, nonché per la sostenibilità ambientale, sociale ed economica del settore. Gli interventi che si sono susseguiti potrebbero essere suddivisi in tre macro-gruppi principali, anche se in richiamo a tematiche comuni e strettamente collegati tra di loro. Abbiamo assistito ad interventi volti a descrivere le specifiche realtà territoriali, che si sono soffermati sulle filiere, sui prodotti locali e sull’ importanza di conservare e valorizzare il patrimonio socio-culturale e ambientale del territorio. Altri invece, erano più legati ad aspetti etici e sociali dell’agricoltura ed altri ancora di carattere tecnico ed economico-giuridico.
La seconda domanda non è affatto scontata, per quello che abbiamo potuto piacevolmente riscontrare nella tavola rotonda, durata ben quattro ore non-stop, tutti i partecipanti hanno accolto con entusiasmo la mission, gli obiettivi e le modalità con cui intende operare l’Osservatorio. L’importanza di collaborare, scambiare informazioni ed esperienze, la voglia di imparare dal confronto e dal dialogo sono sentimenti condivisi. C’è la voglia di aiutare l’Osservatorio affinché possa essere risorsa di interpretazione e analisi critica, nonché strumento per stimolare e contribuire in termini di proposta con chi governa e legifera. Per questo i rappresentanti dei territori si offrono come veri e propri “sensori” dell’Osservatorio, sentinelle delle diversità, difensori delle comunità, dei prodotti e delle filiere.

Se volesse riassumere in tre parole quello che è emerso dall’esperienza della tavola rotonda quali parole userebbe?
Intanto lasciatemi dire che abbiamo iniziato davvero con il piede giusto. L’esperienza di UCI unita alle conoscenze e alla capacità interpretativa di Eurispes e di Universitas Mercatorum, hanno permesso di inquadrare delle problematiche chiave e un programma di lavoro che sono perfettamente in linea con i problemi più sentiti nei territori. Non mancano però anche nuovi spunti di riflessione su cui l’Osservatorio si propone di lavorare nel futuro prossimo.
Per riassumere i contenuti emersi in tre parole, devo in primis richiamare il concetto che ci rimanda alla denominazione dell’Osservatorio, non a caso declinato al plurale. Il concetto è quello della “diversità”, di cui abbiamo già parlato.
Altra parola importante è “filiera”, che rimanda all’assoluta necessità di cooperazione tra i produttori presenti nei vari territori che devono puntare sempre di più ad unirsi per superare la cronica debolezza contrattuale che hanno nei confronti della grande distribuzione organizzata. “Filiera” deve anche significare condivisione di strategie comuni; per il business, la tutela dei prodotti, la tracciabilità delle materie prime e la difesa dell’ambiente, e ultimo ma non per importanza, la capacità di far leva per far emergere le problematiche strutturali del sistema e sollecitare l’intervento delle Istituzioni.
La sostenibilità, infine, come principio fondamentale per lo sviluppo delle attività agricole, del secondario e del terziario che queste supportano. Sostenibilità che è stata declinata in aspetti diversi: l’importanza di tutelare le risorse naturali e di organizzarsi per far fronte a problemi futuri legati ad esempio ai cambiamenti climatici, il sostegno e l’inclusione ai soggetti sociali fragili e marginali, nonché l’importanza di definire strategie di mercato competitive e sostenibili.
Infine, consentitemi di aggiungere un’altra questione importante; quella dell’informazione come strumento di supporto per significare: scambio di informazioni e dati sensibili all’interno dell’organizzazione; la formazione professionale delle eccellenze in ambito agricolo, enogastronomico e ricettivo/turistico; nonché l’educazione, soprattutto dei giovani, per sensibilizzarli sull’importanza derivante dalla “diversità” nella tutela dell’ambiente, nella salute e della resilienza socio-economica dei nostri territori.

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