Le residue velleità imperiali della Francia di Sarkozy e del Regno Unito di Cameron ci hanno consegnato, a noi europei ed al resto del mondo, un gran bel pasticcio.
L’Italia stessa fa ormai fatica a stabilire una linea che sia, insieme, efficace e non insidiosa. È veramente difficile capire dove sia il bandolo della matassa in Libia.
Ormai tanti, troppi, cercano di avere voce in capitolo in Libia: russi, turchi, israeliani, egiziani, il Qatar, il Saudi Arabia, per non parlare degli Usa e dei paesi europei come la Francia, la Gran Bretagna. Il ruolo della Italia è importante e viene dalla storia.
Tutta la storia recente della Libia governata da Gheddafi va letta tenendo presente il drammatico fallimento della politica di Nasser. Gheddafi sembrò sposare in pieno, almeno all’inizio, il panarabismo nasseriano. Poi divenne altalenante sui rapporti con l’Italia, tra ricatti più o meno pesanti ed improvvise e sostanziali normalizzazioni nel nome della realpolitik. Petrolio e laicità.
Nessuno considerava Gheddafi particolarmente affidabile, ma fu fatta di necessità virtù. Tutto scorreva sostanzialmente in modo tranquillo e prevedibile fino alla svolta del caos.
La guerra contro Gheddafi ha riportato indietro l’orologio della storia: centralità dell’elemento tribale. Oggi abbiamo “due Libie” che si fanno la guerra odiandosi. Quando finirà? Molto probabilmente quando salterà fuori dal cilindro un nuovo Gheddafi.
Le “due Libie” e la quarta sponda
di
Luciano Maria Teodori
