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L’emergenza della Calabria è un’emergenza nazionale. Intervista al Presidente della Commissione Parlamentare antimafia, Nicola Morra

di
Emilio Albertario

 

 

 Al Senatore Nicola Morra chiedo: ma questa Calabria non finisce mai di stupirci, ogni giorno una notizia nuova…

La Calabria è una regione unica: innanzitutto, noi usiamo il singolare, Calabria, per indicare una realtà molto composita ed eterogenea. Ancora agli inizi del Novecento si parlava di Calabria Citeriore e di Calabria Ulteriore e ricordo a tutti che la Statale 18 Tirrenica è anche detta “delle Calabrie” perché, data l’orografia del territorio, qualcuno lo dovrebbe ricordare, la Calabria è la regione più montana d’Italia. La stessa è contrassegnata da un numero di valli, di gole, tant’è che ha il regime idrografico più ricco d’Italia, e questo significa che, data l’inaccessibilità di tante zone del territorio, si sono nel tempo costruite enclave umane che hanno conservato mentalità tendenti a perpetuarsi, a replicarsi senza accettare il confronto con la diversità. I calabresi, in epoca moderna, hanno avuto grandi difficoltà ad avvicinarsi al mare e questo ha fatto sì che la realtà calabrese diventasse unica. Vorrei ricordare a tutti un’intercettazione acquisita agli atti nell’inchiesta “Infinito” promossa dalla DDA di Milano in cui si intercetta un calabrese, un boss, che ad un nuovo affiliato dà una spiegazione che tutti quanti dovremmo tenere a mente: il mondo si divide in ciò che è Calabria e in ciò che lo diventerà.

Senatore, questa estate, cioè alla fine della prima fase della pandemia, sembrava che la Calabria fosse libera come era stata libera dal Covid per tutto il primo periodo. Adesso sta diventando la terra della disperazione, tant’è che c’è la necessità di chiamare Emergency per aiutare i 18 ospedali della Calabria (che sono tanti).  

Forse i 18 sono quelli che sono stati chiusi da quando si è deciso di attuare un piano di rientro. Il vero dramma è che noi, pur continuando a spendere più di quello che otteniamo dallo Stato, non riusciamo a garantire i livelli essenziali di assistenza accettabili. Per cui, in presenza di una Sanità pessima riusciamo anche a spendere un sacco di soldi. Domanda: perché mai? Risposta: perché abbiamo concesso che la Sanità venisse governata, gestita da interessi privati e, molto spesso, anche ’ndranghetistici, tant’è che due Aziende Sanitare Provinciali – esattamente quella di Reggio Calabria e quella di Catanzaro – risultano governate da una Commissione prefettizia indicata dal Ministero dell’Interno perché sciolte per infiltrazione di ’Ndrangheta. Se questa è la normalità significa che siamo molto, molto lontani dal mio personale modello di normalità.

Senatore Morra, io non credo, conoscendo il Professor Gaudio, che abbia detto una frase del genere «Non voglio andare a fare il Commissario in Calabria perché a mia moglie non piace Catanzaro». Qual è la verità e perché non si trova un Commissario?

Beh, intanto posso ricordare a tutti che la famiglia Gaudio è di origine cosentina e che il tragitto che separa Cosenza da Catanzaro è di circa 100 Km; sì, l’autostrada non è sempre felicissima, ma in un’ora circa si può raggiungere tranquillamente Catanzaro. Evidentemente, come hanno capito tutti, era una giustificazione per il pubblico, le ragioni saranno state altre, ma su questo bisogna chiedere al Professor Gaudio.

Lei si sta muovendo molto con il Governo per risolvere il problema di un Commissario. Non è sconosciuto ai più che la sua predilezione per una scelta di Gino Strada fosse “sul piatto”. Ma chi è che blocca Gino Strada?

Vorrei ribadire questo concetto: ciò che potrebbe risultare efficace, utile, importante, nelle Marche, in Umbria, in Puglia, si mostrerà inadeguato in Calabria, tale è la complessità della situazione calabrese. Approfitto per ricordare una circostanza. Le Aziende Sanitarie sono organizzazioni pubbliche e quindi sono assoggettate alle regole che disciplinano le stesse. Lei ha mai sentito di un’organizzazione pubblica che fa la contabilità orale? Questo avveniva presso l’Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria. Pertanto, se non c’è traccia scritta della contabilità, non ci si deve poi stupire se la stessa fattura viene pagata anche quattro volte.

È chiaro che Lei non fa certo un problema di uomini ma di cultura e, a proposito di cultura, arriviamo un po’ allo specifico dell’attività della sua Commissione che si occupa anche di carceri. I boss in carcere continuano ancora a comandare?

Quando possono certo che sì. Ho visitato diversi Istituti di pena, ho visitato sia circuiti di alta sicurezza sia 41bis e non sempre in questi Istituti di pena si rispettava l’ordinamento penitenziario per quanto era previsto negli stessi. È notizia del giorno quanto è emerso grazie alla trasmissione Atlantide mandata in onda ieri sera, ove un nuovo collaboratore di giustizia risulta essere stato un poliziotto della Polizia Penitenziaria per tanti e tanti anni. Le infiltrazioni sono tantissime, non c’è soltanto l’infiltrazione tra gli uomini della Polizia di Stato oppure dell’Arma dei Carabinieri, c’è anche l’infiltrato nella Magistratura, nella politica e c’è anche l’infiltrato nella Polizia Penitenziaria. Per cui gli Istituti di pena forse meritano un approfondimento meno superficiale di quanto fino ad oggi non si sia fatto. È notorio che il sottoscritto abbia censurato aspramente la gestione Basentini del Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria.

Lei mi dà un assist per farle fare un goal facile. Qual è il rapporto adesso fra politica – Istituzioni nel suo caso, perché ci tiene a dire che Lei non è nel Governo, ma è nelle Istituzioni – e Magistratura?

Le rispondo in questo modo: io sono un difensore dei valori della nostra Costituzione, ma difendere i valori della nostra Costituzione non significa non comprendere i difetti della stessa. E, a mio avviso, fin quando il Consiglio Superiore della Magistratura verrà parzialmente composto da elementi indicati attraverso elezioni del Parlamento nella misura di un terzo degli stessi, il governo della stessa Magistratura sarà in qualche modo inquinato da elementi di provenienza partitocratica.

Tecnologia ed intelligence sono due elementi fondamentali per battere, se ci si riuscirà mai, le mafie?

Certo, un esempio su tutti il famoso captatore, o Trojan, o “cavallo di Troia”. Tante intercettazioni che permettono l’avvio di indagini o, comunque, la conferma di elementi acquisiti anche attraverso altra attività investigativa; ecco, tanti captatori ci hanno fornito informazioni divertenti. Penso, ad esempio, alla vicenda Palamara, che comunque indirettamente interessa la Commissione Antimafia, perché le inchieste sulle associazioni a delinquere di stampo mafioso vengono effettuate da magistrati che, abbiamo capito, sono stati posti a capo di uffici giudiziari attraverso trattative indegne ed immorali. Tanti captatori ci hanno permesso di acquisire informazioni, ma è altrettanto vero che, per esempio, tanti captatori hanno smesso di registrare quando lo stesso Luca Palamara incontrava altri soggetti e lei sa a chi mi riferisco.

Torniamo alla Calabria. C’è la possibilità, quindi, di avere a breve, secondo Lei, il nome di questo Commissario? Sarà un nome eclatante?

Io spero che anche quello che è avvenuto (i domiciliari del Presidente del Consiglio regionale della Calabria ndr) faccia comprendere a chi è al Governo che la Calabria necessita un atteggiamento molto meno epidermico, molto meno superficiale. In Calabria c’è bisogno di sviluppare una prudenza per cui non soltanto non ci si può fidare della propria ombra, ma neanche della propria immagine riflessa allo specchio.

Dunque i colletti bianchi ormai sono nettamente al servizio delle mafie?

Le posso anche fare una considerazione: il Presidente del Consiglio regionale calabrese, Domenico Tallini, è stato arrestato ed è ai domiciliari per decisione del GIP di Catanzaro, perché avrebbe favorito la cosca “Grande Aracri” di Cutro nella formazione di una società specializzata nella commercializzazione di prodotti per farmacie e parafarmacie. Ora, dov’è che operava questa società? Certamente non soltanto in Calabria, ma anche in Puglia ed Emilia. L’Emilia è la regione in cui la cosca Grande Aracri aveva dato prova di grande capacità imprenditoriale, come ha dimostrato l’inchiesta “Emilia”. Ma poi, soprattutto, questa era una società specializzata nelle forniture a farmacie, quindi la ’Ndrangheta è entrata in rapporto con farmacisti e parafarmacisti, con un mondo che noi definiamo grossolanamente dei “colletti bianchi”. Facciamo attenzione, perché ormai la ’Ndrangheta è dappertutto, come sostiene il dottor Gratteri.

Senatore, concludo chiedendole: Lei è nel secondo mandato parlamentare. Cosa c’è nella sua terza vita?

Nella mia terza vita ci sono, possibilmente, libri, studenti ma, soprattutto, così come è stato fino ad ora, valori, idee e battaglie. A me piace una definizione kantiana, quella che indicava nel legno storto l’immagine di un’umanità che non si piega a determinati schemi, a determinati cliché. Per cui io spero di continuare ad essere – sempre che lo sia stato a sufficienza – un legno storto che continua a dire quello che pensa, quando è possibile, e continua a lavorare per un mondo più giusto.

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