«La Conferenza di Palermo sulla Libia è stata soltanto una passerella, in cui l’Italia ha incassato una foto». È duro il giudizio di Filippo Miraglia, responsabile per l’immigrazione dell’Arci, la storica associazione culturale e di promozione sociale, fondata nel 1957. Fosco il quadro che dipinge, per le colpe dell’Unione europea e dell’Italia in particolare: «Questo è davvero un brutto momento, stiamo calpestando decenni di conquiste della democrazia. Ci vorranno tanti anni per uscirne fuori, e chissà chi farà questa battaglia. A sinistra, in Italia in particolare non vedo soggetti in grado di farlo».
Solo una passerella? Non c’è l’impegno comune a indire le elezioni nel Paese la prossima primavera?
E dobbiamo crederci? Secondo il vertice del maggio scorso a Parigi, le elezioni si sarebbero dovute celebrare già entro la fine di quest’anno. La verità è che nessuno aveva interesse a fare un passo avanti. Il generale Khalifa Haftar e Fayez al Sarraj, immortalati in quello scatto con la benedizione, al centro, di Giuseppe Conte, non sono altro che i leader di una Libia che non esiste, perché nessuno dei due è in grado di controllare il territorio. A dominarlo sono le milizie armate, come ha ben spiegato Karim Salem, del Cairo Institute for Human Rights Studies, partecipando a un evento appena organizzato dall’Arci. E in base a questa divisione mediatica della Libia, si contrappongono due blocchi distinti sul piano internazionale. Da una parte ONU, Ue, Italia, Turchia e Qatar, che sostengono il Governo d’accordo Nazionale di Sarraj, e dall’altra Francia, Russia e Emirati Arabi che sostengono il generale Haftar.
Meglio con Gheddafi?
Quando il colonnello iniziò la sua parabola, rappresentava un’alternativa al colonialismo delle multinazionali, poi, diventò un pezzo del sistema che voleva combattere. Allora c’era un solo dittatore, ora ce ne sono tanti.
Italia e Unione europea dichiarano di voler fermare i trafficanti di esseri umani
In realtà, li foraggiano. Con le motovedette donate dal nostro Paese e con gli altri aiuti dell’Unione, sono stati riportati a riva e di lì trasferiti nei centri di detenzione ufficiali in 15mila, tra uomini, donne e bambini che avevano affrontato il mare. Qui, i migranti vengono rivenduti alle bande, che li portano in altri campi, gestiti dai criminali, per ordinare poi a quei poveretti di chiamare casa o un parente in Europa. Durante la telefonata li torturano, per convincere i familiari a spedire altri soldi. C’è gente che ha dichiarato di essere stata riportata indietro tre volte. E questo lo sanno bene tutti, anche la commissaria europea Federica Mogherini. Altro che fermare i trafficanti, qui si calpestano i diritti umani e, di fatto, si finanziano le bande criminali.
Colpa solo del Governo giallo-verde?
Macché. Ha iniziato Berlusconi accordandosi con Gheddafi nel 2008, ha proseguito il Governo Renzi, nel semestre di guida italiana dell’Unione, ufficializzando a Roma, nel novembre del 2014, il cosiddetto “processo di Khartoum”, con il quale i leaders africani venivano incentivati a blindare i loro confini respingendo i migranti. Fino a giungere a Gentiloni e Minniti, che nel 2017 hanno fornito di motovedette la guardia costiera, affidando, di fatto, ai libici, i respingimenti. Minniti non ha fatto altro che alzare la palla a Salvini, il quale ha potuto mettere a segno una schiacciata pesante. E il consenso di cui questi gode dimostra come è stato modificato antropologicamente il Paese. La cultura della sopraffazione ha conquistato anche persone di formazione democratica. E, come ho detto, chissà quanti anni ci vorranno per riparare questo gravissimo vulnus.
E il “decreto sicurezza”, come si colloca in questo scenario?
Come un ulteriore “salto di qualità” per sopprimere del tutto il diritto d’asilo politico. Se anche uno riuscisse a evitare i respingimenti, e ad approdare in Italia, gli rendiamo la vita dura. Viene cancellato il permesso per ragioni umanitarie, viene inserito il principio del “Paese terzo sicuro”. Sarà, cioè, compilata una lista di questi paesi, provenendo dai quali non si potrà chiedere asilo: la Turchia vi sarà compresa? Bene, un curdo in fuga non potrà venire a chiederci asilo, per “manifesta infondatezza”. Chi viene trovato irregolarmente sul territorio nazionale e vuole presentare la richiesta d’asilo (ma come fa a procurarsi un documento d’ingresso regolare per chiedere asilo, se questo non esiste?) è sottoposto ad una “procedura accelerata”, senza le garanzie previste dalla procedura asilo (non si potrà fare ricorso). Tutto questo diventerà legge entro il 3 di dicembre. E, infine, Salvini ha deciso di distruggere le migliori esperienze di accoglienza…
In che modo?
Trasferendo tutti i richiedenti asilo nel sistema di accoglienza delle Prefetture, che li affideranno a quei privati di grandi dimensioni in grado di andare avanti anche con 26 euro al giorno, invece che con 35. Viene ridotta pesantemente l’esperienza dello Sprar, il sistema gestito dai comuni, in collaborazione con il terzo settore, che si basa su piccoli gruppi, responsabilizzati fin dal primo giorno, e che gestiscono in maniera autonoma, non con un approccio assistenziale, gli appartamenti dove vivono; viene insegnato l’italiano, e, in più, si frequentano corsi di formazione professionale e tanto altro ancora. Con le decisioni prese dal Viminale sull’accoglienza, moltissimi operatori sani usciranno dal sistema, e io penso che anche l’Arci prenderà questa decisione.