Organizzazione Mondiale della Sanità, OCSE e Ministero della Salute hanno più volte certificato, negli ultimi anni, una problematica che attanaglia la fascia più fragile della nostra popolazione: l’obesità infantile.
In Italia un bambino su cinque è obeso o ha problemi di sovrappeso. Partendo dai dati raccolti tra il 2015 e il 2017 dallo studio del COSI (Childhood Obesity Surveillance Initiative) e inseriti nel rapporto “Health at a Glance: Europe 2018”, realizzato in collaborazione con l’UE, l’OCSE ha posizionato il Bel Paese in seconda posizione nella classifica dei tassi di obesità infantile in Europa. Dopo Cipro (20%), l’Italia ha un tasso di obesità infantile pari al 18%, insieme alla Spagna. Nel dettaglio, i maschi di età compresa tra i 7 e gli 8 anni (quelli su cui si è concentrata l’indagine) tendono ad essere maggiormente obesi rispetto alle femmine: il 21% contro il 14% (in Europa, per completezza di analisi, è obeso in media il 14% dei ragazzi e il 10% delle ragazze, quasi un bambino su otto). A meritare gli ultimi posti della classifica sono paesi come la Repubblica Ceca, la Danimarca, la Francia, l’Irlanda e la Lettonia, con percentuali comprese tra il 5 e l’8%.
Nonostante tra il 2007 e il 2017 sia stato possibile registrare una certa diminuzione dei tassi di obesità, come vedremo meglio più avanti, in Italia i numeri restano ancora alti e allarmanti. Non occorre ricordare, infatti, che i bambini in sovrappeso o con problemi di obesità corrono maggiori rischi di riscontrare in età adulta problemi di ipertensione, colesterolo alto, diabete, malattie cardiovascolari e alcune forme di cancro.
Come anticipato, anche l’OMS – l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha indagato sulla diffusione dell’obesità infantile. Secondo l’European Health Report del 2018, stando ai dati raccolti con l’ultimo studio HBSC (Health Behaviour in School-aged Children – Comportamenti collegati alla salute in ragazzi di età scolare), quasi il 17,5% delle ragazze e il 26,8% dei ragazzi di 11 anni era in sovrappeso in Europa; il 15% delle ragazze e il 23,4% dei maschi di 13 anni. Per i 15enni le statistiche erano di poco più basse: il 12,4% per le femmine e il 21,6% per gli adolescenti maschi. Nelle tre fasce di età la più elevata prevalenza di ragazzi in sovrappeso è stata segnalata in Groenlandia, Grecia, Malta e, appunto, in Italia. Questi dati si riferiscono all’anno 2014: lo studio HBSC si ripete ogni quattro anni; nuovi dati sono stati raccolti nel corso del 2018 e si attendono gli aggiornamenti nel corso del 2019.
Lo studio ha sondato anche le abitudini dei ragazzi. Ad esempio, tra il 2013 e il 2014, nel Lazio l’attività fisica praticata è stata inferiore agli standard raccomandati dalle linee guida internazionali, soprattutto tra i quindicenni, mentre solamente il 16% degli adolescenti ha consumato la frutta e l’11% la verdura più volte al giorno.
Ovviamente, anche il Ministero della Salute ha affrontato il problema dell’obesità infantile in Italia. Gli ultimi dati disponibili si rifanno alle raccolte del sistema di sorveglianza “Okkio alla Salute”, promosso e finanziato proprio dal Ministero. I risultati dell’indagine sono stati presentanti a maggio 2017, confermando che il 21% dei bambini italiani è in sovrappeso e che il 9,3% è addirittura obeso, con prevalenze più elevate al Sud e al Centro.
Nel dettaglio: per l’obesità si è passati dal 12% del 2008/2009 al 9,3% del 2016, con una diminuzione relativa del 22,5%. Per il sovrappeso si è passati dal 23,2% del 2008/2009 al 21,3% del 2016, con una diminuzione relativa dell’8% (anche se è stato possibile osservare un leggero aumento, non statisticamente significativo, del sovrappeso nell’ultima rilevazione rispetto a quella del 2014). Complessivamente dunque, in meno di dieci anni l’eccesso ponderale (sovrappeso più obesità) dei bambini è diminuito del 13% (passando da 35,2% nel 2008/2009 al 30,6% nel 2016), in linea con quanto registrato anche dall’OCSE.
Tuttavia, nonostante questo andamento positivo, la rilevazione basata sul 2016 ha sottolineato la grande diffusione tra i bambini di abitudini alimentari poco salutari, di comportamenti sedentari e della scarsa attività fisica. C’è un altro dato che, contestualmente, desta molta preoccupazione: i genitori spesso tendono a sottostimare lo stato ponderale dei propri figli. Ad esempio, nel 2016, tra le madri di bambini in sovrappeso o obesi, il 37% riteneva che il proprio figlio fosse sotto-normopeso e solo il 30% pensava che la quantità di cibo assunta fosse eccessiva.
Alle porte del 2019, al fine di programmare specifici piani d’intervento in merito, si attendono i nuovi dati dello studio HBSC e poi le conclusioni del PNP, il Piano Nazionale della Prevenzione, promosso dal Ministero della Salute per il quadriennio 2014-2018 (prorogato al 2019), che tra i tanti obiettivi si era fissato quello di incrementare del 15% la prevalenza di bambini di 8-9 anni che consumano almeno 2 volte al giorno frutta e/o verdura. Ad ogni modo, ogni studio fin qui trattato ha indicato nel raccordo tra salute e scuola uno dei principali canali d’azione. Potenziare questa interazione, coinvolgendo le famiglie, è fondamentale per contrastare la crescita dell’obesità infantile, la quale non è esclusivamente correlata a diete malsane o sballate ma è anzi spesso conseguenza di problemi psicosociali come scarsa autostima o bullismo. In questo contesto, il ruolo della famiglia diventa essenziale, poiché il cibo è il primo canale comunicativo che un genitore instaura col bambino.