Ho visto Panzironi. Cioè, non lo sapevo che quel tizio fosse Panzironi e, a dirla tutta, non sapevo nemmeno chi fosse, questo Panzironi. Poi capitano queste cose curiose: scopri una cosa e, nei giorni e nelle settimane che seguono, ti pare che tutti e tutto parlino di questa cosa.
Vediamo un po’. In una qualunque serata di agosto, armeggiando svogliatamente il telecomando, ho deciso di avventurarmi in quel hic sunt leones che è il territorio dei canali a due cifre. Passati i canali di televendita, l’occhio cade su una scena da telepredicatori americani (che considero adorabili, lo confesso) ma qualcosa non funziona. La gente lì dentro, assiepata dentro un edificio, che somiglia tanto al Palaeur, non sembra proprio americana. Troppo magri, nessun improbabile abbinamento di vestiario (più o meno…), più calvizie e riporti che righe scolpite, pochissimi cappellini stile rapper.
«No ‒ mi sono detto ‒ questi mi sembrano italiani, non americani». Questo dilemma ha fatto sì che mi fermassi sul canale 61 “Life Channel”, resistendo al formidabile richiamo di quello che passava il canale seguente: un rodeo americano 4.0, pieno di tori incavolati, cowboy intrepidi e, siccome siamo nel XXI secolo (e negli States), un trionfo di sponsorizzazioni, caschi, ogni genere di obiettivo fotografico. L’immancabile pubblico obeso, rubicondo e sorridente, e la sua diversità rispetto a quello del canale precedente mi confermavano la esattezza della mia deduzione: quelli là del canale 61, che applaudono entusiasti, che si sbracciano al passaggio di un tizio, la cui giacca ne tradisce il ruolo da leader, sono paesani miei e quello lì è proprio il PalaEur.
Si può vivere fino a 120 anni?
Sì, sostiene Adriano Panzironi. Questo ex giornalista ‒ lo scopro sul cellulare, facendo il telespettatore multitasking ‒ che ha al suo attivo qualche denuncia, radiazione e un cursus honorum da sorvegliato speciale, pensa proprio che sia possibile. Lo va a dire in giro da un po’ di tempo (ai primi di ottobre uscirà addirittura un docufilm nelle sale!). Panzironi racconta ricerca scientifica, suggerisce brillanti regimi alimentari e di vita quotidiana (non mangiare carboidrati, non fumare, fai movimento e cose del genere), sostenendo il tutto ‒ toh! ‒ con alcuni speciali integratori alimentari realizzati e commercializzati da suo fratello (un gemello imprenditore).
Tanto ottimismo sulle nostre prospettive di esistenza terrena è descritto nell’immancabile best (?) seller il cui titolo non dice un granché: Vivere fino a 120 anni. Infatti, è il sottotitolo che dice e lancia l’ancora: La verità che nessuno vuole raccontarti.
Ci risiamo.
Funziona sempre. In politica come nella vita: lasciare intendere che quelli là ce l’hanno con te; che ti hanno preso nel mirino; che non ti molleranno, decisi come sono a prosciugarti vita, coscienza e ‒ pensando male verrebbe da dire: soprattutto ‒ tasche. Quelli là, oltre che malvagi, sono organizzati in modo da sfuggire alla presa delle tue mani: sono, parola magica, delle m-u-l-t-i-n-a-z-i-o-n-a-l-i, quindi: non si sa dove abitano, né chi sono, né quanti sono (ma si sa che sono grossi, più di te e cattivi, mentre tu sei buono per definizione).
Questa roba funziona, piaccia o meno, perciò mi sono messo a ragionare sul perché e dopo qualche settimana ho tirato giù una conclusione: questa roba funziona perché poggia su tre gambe: i soldi che fa girare; la guruetudine, ovvero l’attitudine ad essere guru; lo spirito dei tempi, favorevole ai guru.
I soldi: Federsalus valorizza in 3,3 miliardi di euro il giro di affari al dettaglio dei prodotti integratori alimentari. Un mucchio di soldi che escono dalle tasche del 65% della popolazione italiana per entrare in quelle delle farmacie e parafarmacie (canali ove si realizza oltre il 95% del venduto). Come spesso accade, più degli stock parlano i flussi, ovvero la dinamica di questi valori: crescita a due cifre, ovvero, grandi opportunità e potenzialità. Siccome i soldi qui si muovono, allora le porte si aprono e quando le porte si aprono qualcuno che vi si infila c’è. Ieri, i Maurizio Arena, i Luigi Di Bella e le Wanne Marchi; oggi i Panzironi?
Quale che sia la storia, chi si infila in quella porta, prima o poi si atteggia da guru.
Ecco allora la guruetudine: cosa serve per diventare guru? Poche cose: un’idea chiara e la capacità di condensarla in un bit, facile da comunicare; un quid che caratterizzi, visivamente o graficamente, il guru, un certo physique du role insomma; un tempio, dove esercitare la professione (cosa meglio di un canale televisivo?); un po’ di apostoli e adepti ‒ di bocca buona, scarsi studi e modeste letture.
Il tempo che viviamo si presta all’emergere di guru: lo vediamo nella politica (non facciamo nomi), nel giornalismo, nello sport, eccetera. Laddove, insomma, vi sia la possibilità di guadagnare qualcosa, sia ciò denaro o potere, sul consenso e seguito generato, arriva il guru.
Questo spirito dei tempi è ricco di parole d’ordine, ora nuove ora antiche. Una, su tutte, si presta alle gesta dei guru nostrani di oggi: il nemico. Siccome siamo una civiltà che ha esaurito la propria spinta propulsiva; che, stanca e pasciuta, siede auto-contemplativa tutta presa da se stessa; che vede il mondo che scorre e, incapace di alzarsi e impigrita dal benessere, cerca qualche escamotage per fermarlo, rallentarlo, dissuaderlo; siccome siamo tutto questo, e non vogliamo dire a noi stessi che è colpa nostra se le cose della vita accadono, ci serve un obiettivo per il dito: il nemico. Le multinazionali; i politici; gli arbitri di calcio; gli imprenditori; ogni soggetto che possa funzionare come “loro”, “quelli là”.
Chissà se Panzironi durerà a lungo? Chissà se fonderà un partito? Scenderà in politica? Diventerà ricco? Quel che si sa è che, in questi tempi da guru, la fame non la farà (anche se la prescrive).