L’articolo che segue è insolitamente ma necessariamente articolato e complesso poiché si fa carico di spiegare in maniera compiuta una vicenda istituzionale importante che è stata affrontata anche dai mezzi di comunicazione, quando lo è stata, in modo marginale e poco documentato. La sentenza della Corte Costituzionale, nella sua nettezza, dovrebbe porre fine a ulteriori strumentalizzazioni e offrire l’opportunità di porre al centro l’interesse pubblico e la salvaguardia dell’ambiente.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 170, pubblicata lo scorso 10 luglio, ha confermato la legittimità della riforma legislativa concernente l’assorbimento nell’Arma dei Carabinieri del disciolto Corpo Forestale dello Stato. Un Corpo che aveva competenze territoriali nelle 15 Regioni a Statuto ordinario (Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia, Trento e Bolzano, a Statuto speciale, dispongono di propri Corpi forestali).
Una sentenza netta, che ha spazzato via definitivamente, senza possibilità di appello, le riserve di alcuni sulla legittimità costituzionale di una riforma voluta dal Governo e approvata dal Parlamento tra il 2015 e il 2016, operativa dal 1° gennaio 2017.
Le questioni di legittimità erano state sollevate per primo da un giudice del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Abruzzo, sede distaccata di Pescara, che, dovendosi pronunciare sul ricorso di ex appartenenti al Corpo, aveva inteso dar consistenza giudiziaria a quelle riserve, evidentemente non convinto (o dissenziente, nella sua autonomia) del vaglio positivo del Consiglio di Stato in sede di parere preventivo reso sul decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, che ha introdotto e disciplinato la riforma. Un parere previsto dalla legge 7 agosto2015 n. 124, contenente la delega sull’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato insieme a numerose altre, quali quella per la definizione dei comparti di specialità, la razionalizzazione dei presidî territoriali e dei servizi navali e la gestione associata dei servizi strumentali e degli acquisti delle Forze di Polizia (esercitata dallo stesso decreto legislativo n. 177 del 2016), nonché quella, fortemente auspicata da vent’anni, per il riordino dei ruoli e delle carriere delle Forze di polizia e delle Forze armate (attuata dal decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94).
La decisione della Corte Costituzionale era attesa con vivo interesse. Sia da chi alla riforma era contrario per ragioni personali (alcuni appartenenti al Corpo; in realtà molto pochi, perlopiù per motivi ideologi o sindacali) o politiche (diversi esponenti della minoranza di allora, maggioranza di oggi). Sia da chi, su opposte posizioni, era consapevole, da un lato, della piena legittimità del provvedimento legislativo di riforma, della sua alta qualità sostanziale e formale, della sua razionalità e dell’efficacia delle soluzioni attuative dell’Arma dei Carabinieri e, dall’altro, dei disservizi funzionali, dei danni alla cura e alla protezione dell’ambiente e degli oneri aggiuntivi per le finanze statali che sarebbero inevitabilmente derivati da una pronuncia sfavorevole del Giudice delle leggi che avesse costretto a ricostituire il Corpo Forestale dello Stato.
Come anticipato dal Comunicato stampa della Corte Costituzionale del 16 aprile 2019, il giorno della discussione in Camera di Consiglio, la sentenza n. 170 ha dichiarato infondate tutte le questioni di legittimità sollevate dai TAR del Veneto e del Molise, oltre a quello dell’Abruzzo in Pescara. Facendo letteralmente strame delle argomentazioni dei giudici amministrativi rimettenti, ha affermato che sia la legge delega sia il decreto legislativo non presentano vizi di legittimità costituzionale poiché le scelte in essi fatte bilanciano le esigenze di tutela forestale e quelle di salvaguardia delle posizioni del personale.
La pronuncia della Corte Costituzionale – una pronuncia storica per tante ragioni – offre l’occasione per alcune precisazioni e riflessioni anche a me, che nella riforma in questione – così come nel riordino dei ruoli e delle carriere di Forze armate e di polizia – sono stato direttamente coinvolto quale Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri dal gennaio 2015 al gennaio 2018.
Il decreto legislativo n. 177 del 2016 – che reca, come già scritto, tra l’altro la riforma forestale – è stato proposto del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, di concerto con i Ministri dell’Economia e delle Finanze, della Difesa, dell’Interno e delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, previa acquisizione dei pareri favorevoli della Conferenza Unificata e delle Commissioni Parlamentari competenti, oltreché del Consiglio di Stato, sulla base di uno schema predisposto dal Governo con la collaborazione delle Forze di polizia interessate (elaborato presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza). Esso si è puntualmente attenuto ai princìpi e criteri di delega e all’Atto di Indirizzo Parlamentare, approvato insieme alla legge n. 124 del 2015 e ripreso nel decreto delegato, inteso ad assicurare la garanzia dei livelli di presidio e la salvaguardia dell’unitarietà delle funzioni, delle professionalità e delle specializzazioni forestali.
La riforma: cosa è cambiato
In forza del richiamato decreto legislativo 177/16: all’Arma dei Carabinieri sono stati trasferiti la quasi totalità dei compiti prima attribuiti al Corpo Forestale dello Stato e 7.170 unità di personale delle 7.774 complessivamente all’epoca in servizio nel Corpo; 390 unità specializzate per lo spegnimento degli incendi boschivi, insieme agli elicotteri e ai mezzi antincendio, e per la protezione civile sono andate ai Vigili del Fuoco; 126 unità, qualificate per l’ordine pubblico o in servizio alla DIA (Direzione Investigativa Antimafia), sono transitate nella Polizia di Stato; 41 unità, addette al soccorso alpino o ai nuclei natanti, alla Guardia di Finanza; 47 unità, infine, sono state assegnate al Ministero delle Politiche Agricole. Con i compiti e il personale, all’Arma e agli altri destinatari sono passati proporzionalmente i beni.
Nei circa quattro mesi intercorsi tra l’emanazione del decreto legislativo e l’operatività dell’assorbimento, l’Arma dei Carabinieri non ha perso tempo: grazie al lavoro di gruppi integrati del Comando Generale e dell’Ispettorato Generale del Corpo Forestale (meritevoli di ogni lode per la professionalità, l’acutezza intellettuale e il senso dello Stato, espressi in misura straordinaria), ha predisposto i provvedimenti attuativi indicati dalle norme di legge ed individuato e introdotto le soluzioni organizzative più idonee a conseguire gli obiettivi di razionalizzazione, efficienza e risparmio voluti dal Legislatore.
E così, già il 25 ottobre 2016 è stato costituito il Comando Carabinieri Tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare, affidato alla responsabilità di un Generale di Corpo d’Armata, nel quale sono immediatamente confluiti i già esistenti Comandi Carabinieri Tutela Ambiente e Politiche Agricole. Con esso è stata costituita una nuova Organizzazione funzionale dell’Arma, aggiunta a quelle Addestrativa, Territoriale, Mobile e Speciale, per Esigenze particolari già esistenti. Un’Organizzazione posta alle dipendenze funzionali del Ministro delle Politiche Agricole, da cui il Corpo Forestale dello Stato dipendeva, e della quale si avvale il Ministro dell’Ambiente.
In essa, dal 1° gennaio 2017, sono entrati la gran parte dei 6.754 funzionari, ispettori, periti, sovrintendenti, agenti, collaboratori e operatori forestali effettivamente transitati nell’Arma, conservando integri incarichi, reparti e uffici.
Lo stesso giorno di Capodanno, gli altri ex appartenenti al Corpo destinati all’Arma sono transitati – come previsto dal decreto legislativo – nell’Organizzazione Addestrativa, nel Servizio Aereo o nel Gruppo Sportivo, mentre alcuni addetti all’Ispettorato Generale del Corpo sono andati a costituire l’Ufficio per il Coordinamento delle Funzioni Forestali, contestualmente istituito, e a integrare altri Uffici del Comando Generale dell’Arma. Gli addetti alle Sezioni di polizia giudiziaria hanno conservato il loro incarico, inseriti nell’Aliquota Carabinieri delle stesse.
Come per il personale, così è stato per le infrastrutture e i mezzi, lo stesso 1° gennaio 2017.
Tutto questo è avvenuto senza incertezze o intoppi, giacché tutti coloro che erano destinati all’Arma e non avevano scelto il transito in altre Amministrazioni (possibilità ampiamente offerta dalla legge e utilizzata da duecentocinquanta ex forestali a fronte dei seicento posti alternativi previsti e individuati in tutta Italia), nel mese precedente, erano stati personalmente informati, per via gerarchica, del grado militare che avrebbero acquisito in sostituzione della qualifica posseduta fino ad allora, del posto ricoperto nel neo-costituito Ruolo Forestale dell’Arma e della nuova denominazione del reparto in cui continuavano a fare servizio.
Fin dai primi giorni di gennaio sono state distribuite le uniformi ordinarie da Carabiniere (per il servizio nei boschi è stata conservata la tuta operativa grigioverde forestale, sulla quale sono stati applicati gradi e mostrine dell’Arma), sono iniziati i seminari per un consapevole inserimento nell’Arma di tutto il personale transitato e si è dato corso alla riconfigurazione dei mezzi aerei e stradali (semplicemente sostituendo la scritta “Corpo Forestale” con “Carabinieri”), alla re-intestazione dei presidî territoriali (sopra il portone di ciascuno è stato apposto lo scudo ovale con l’emblema della Repubblica e la scritta “Carabinieri”), alla distribuzione di apparati radio e programmi informatici idonei a realizzare le necessarie interconnessioni operative e gestionali.
Nel primo trimestre sono stati sostituiti quasi la metà dei computer già in dotazione ai presidî forestali, obsoleti e non in grado di inserirsi nella rete informatica dell’Arma, mentre i libretti matricolari di ciascuno, opportunamente aggiornati da un apposito team, sono stati informatizzati e consegnati alla gestione automatizzata del Centro Nazionale Amministrativo dell’Arma (il CNA), che si è fatto carico, già da fine gennaio, del trattamento economico del personale, come per tutti i Carabinieri.
Contestualmente, fatto il punto sulla situazione, sono stati definiti e avviati i programmi di recupero o sostituzione dei mezzi aerei e stradali ereditati inefficienti e quelli di progressiva razionalizzazione infrastrutturale, a partire dai moduli abitativi provvisori distribuiti già in aprile a tutte le Stazioni le cui caserme erano state rese inagibili dal terremoto del 2016.
La responsabilità della gestione delle 130 Riserve Nazionali già affidate al Corpo ha consentito di prendere presto contezza di quell’immenso patrimonio, del suo valore ambientale e paesaggistico, delle risorse impiegate (appartenenti al Corpo ed operai) e dello stato delle sue tante infrastrutture (rapidamente ricognite), dei Centri di ricerca sulla biodiversità e di riproduzione dei cavalli. Di qui una molteplicità di iniziative andate a buon fine: per la stabilizzazione ex lege degli operai stagionali (già il 10 gennaio 2018, 99 donne e uomini hanno firmato gli agognati contratti aggiungendosi ai 1.281 operai a tempo indeterminato rimasti); per la ripresa di nuove assunzioni annuali (che da anni mancavano) e per il rinnovo e l’aumento del contingente aggiuntivo stagionale degli operai; per la valorizzazione dei centri di riproduzione di cavalli che, sin dal 2017, ha consentito di ridurre sensibilmente la “rimonta” (sostituzione annuale dei quadrupedi) del Reggimento a Cavallo e dei Corazzieri a carico del bilancio dell’Arma e di implementare altre attività a favore di razze italiane.
La consapevolezza delle implicazioni dei nuovi compiti esclusivi ha nel contempo indotto il Comando Generale dell’Arma a coinvolgere tutti i volenterosi e gli specialisti della salvaguardia dell’ambiente, a cominciare da quelli già adusi alla collaborazione con il Corpo Forestale. Di qui la stipula di tutta una serie di accordi di cooperazione con le associazioni ambientaliste, animaliste e umanitarie operanti sul territorio nazionale e con organizzazioni internazionali come la Fao, interessata alla istituzione di “Caschi Verdi dell’ambiente”, sull’esperienza dei “Caschi Blu della cultura” costituiti dall’Italia con l’Unesco nel 2016 e affidati ai Carabinieri. Tutti hanno così potuto constatare la serietà dell’approccio istituzionale dell’Arma alle nuove, pregiate e moderne attribuzioni.
Senso di responsabilità e fattivo impegno a tutto campo, che hanno prodotto anche le Conferenze Internazionali sull’Ambiente tenutesi alla Scuola Ufficiali Carabinieri nel maggio 2016 e 2017, alla costituzione di una cattedra di Polizia ambientale e forestale all’interno del COeSPU (il “Centro di Eccellenza per le unità di Polizia di Stabilità” di Vicenza nel quale l’Arma, previo accordo dei Ministeri della Difesa italiano e statunitense, dal 2005 ha formato oltre dodicimila funzionari, civili e militari, di 118 paesi, dell’Onu, della Ue e delle altre organizzazioni sovranazionali), e a corsi per Ranger, tenuti da Carabinieri forestali, inseriti nei programmi di formazione delle polizie locali svolti dall’Arma in Africa.
La consapevolezza dell’importanza dell’educazione alla legalità e al rispetto dell’ambiente ha spinto a valorizzare e diffondere ulteriormente le iniziative editoriali del Corpo: il Calendario CITES è passato dalle duemila copie del 2016 alle settantacinquemila del 2018 (fa bella mostra di sé, insieme al Calendario Storico dei Carabinieri, anche nelle migliaia di Stazioni dell’Arma) e il periodico # Natura da poche centinaia è passato a cinquemila copie.
Nessuna soppressione tra le 789 Stazioni Forestali, le 148 Stazioni Parco, gli Uffici per la Biodiversità, i Reparti investigativi specializzati in materia forestale, ambientale, agroalimentare o faunistica, i Servizi Cites (per la vigilanza sul divieto di commercio di specie floro-faunistiche protette) e Meteomont (per il controllo del manto nevoso). Al contrario, già nel secondo semestre 2017 hanno cominciato ad affluire alle Stazioni in più forte carenza organica i primi Marescialli e Carabinieri specializzati Forestali in uscita dal primo corso (frequentato in parte nelle Scuole già dell’Arma, per la formazione di base, e in parte in quelle già del Corpo, per la formazione specialistica), mentre si è iniziato a lavorare per il rafforzamento degli altri Reparti e Servizi e a pensare alla rivitalizzazione dei Nuclei a cavallo.
Da subito è stato necessario affrontare l’emergenza neve del primo bimestre e, pochi mesi dopo, quella degli incendi boschivi estivi. La rapidità e la qualità delle soluzioni organizzative adottate hanno consentito non solo di dare risposte adeguate alle emergenze, vanificando critiche maliziose e infondate, ma anche di evitare la flessione operativa che ci si poteva aspettare nell’isteresi iniziale ed anzi di registrare, già alla fine del 2017, attività complessivamente in crescita rispetto a quelle degli anni precedenti. Organizzazione, metodo, capacità e dedizione dei Carabinieri forestali e di tutti gli altri hanno sconfessato oppositori e scettici e offerto un’ennesima conferma dell’affidabilità, della professionalità e della versatilità dell’Arma, che, messa di fronte a una prova storica resa più dura dalle carenze organiche e dalle emergenze, ha saputo dare una risposta di straordinaria efficienza.
Una risposta che è proseguita nel 2018, anno nel quale – mentre i programmi di efficientamento e integrazione venivano implementati – i risultati operativi hanno avuto un’impennata sia in termini di servizi preventivi che di controlli e sanzioni. Risultati positivi destinati ad aumentare man mano che le nuove immissioni (che hanno già portato ad essere impiegati nella specialità settemila addetti) consentiranno di riportare ai previsti livelli di forza i presidî di base, resi gravemente deficitari dai tagli imposti agli arruolamenti dalla spending review tra il 2012 e il 2015. Un trend virtuoso che progredirà con la prosecuzione – illuminata e determinata, come dev’essere – dell’integrazione ordinativa, tecnologica e operativa tra le diverse componenti dell’Arma secondo le linee a suo tempo individuate e sviluppate facendo tesoro delle esperienze via via maturate per lo sviluppo della tutela ambientale e agroalimentare. La rinvigorita componente operaria, impiegata nelle sue proprie funzioni e possibilmente ancora incrementata, farà la sua parte nella cura e nella difesa delle riserve naturali dello Stato, delle foreste demaniali e dei centri nazionali per lo studio e la conservazione della biodiversità.
È questa la situazione di fatto esistente e in itinere nella quale è intervenuta la decisione in diritto della Corte Costituzionale. L’una e l’altra – obiettive condizioni di fatto e di diritto – danno quindi ragione della bontà della scelta operata dopo la decisione politica di portare da cinque a quattro le Forze di polizia e di ridurre sovrapposizioni, razionalizzare le spese e rafforzare la polizia ambientale. L’assorbimento unitario del Corpo Forestale dello Stato non poteva che avvenire nell’Arma dei Carabinieri, per eminenti motivazioni funzionali: l’omogeneità organizzativa e la comune vocazione ambientale.
Infatti, sul piano organizzativo, l’Arma e il Corpo – e solo esse tra le Forze di polizia – hanno da sempre avuto la loro caratteristica distintiva e la loro principale forza nella distribuzione molecolare sul territorio (la capillarità), assicurata dalle rispettive Stazioni, presidî di base idonei come nessun altro ad esprimere capacità di rassicurazione, controllo ravvicinato del territorio, prevenzione e rapporto con le comunità. Aver posto tutte le Stazioni (oltre 4.650 sull’intero territorio nazionale già dell’Arma e quelle già del Corpo Forestale) sotto l’unica responsabilità dei Carabinieri dà evidenti vantaggi sul piano operativo e consente risparmi infrastrutturali e gestionali, al contrario di quanto sarebbe avvenuto con l’assorbimento del Corpo in altra Forza di polizia nazionale, oppure con la sua scomposizione in Corpi regionali (come nelle Regioni a Statuto speciale e nelle due Province autonome).
Circa la vocazione ambientale, è un dato di fatto che solo l’Arma, tra le Forze di polizie rimaste, aveva compiti e capacità di tutela ambientale, agroalimentare e forestale: risale al 1986 la costituzione dei Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri, contestuale alla costituzione del Ministero dell’Ambiente, cresciuto negli anni fino ad avere decine di nuclei sul territorio nazionale e una struttura centrale a Roma; dal 1994, con un piccolo nucleo istituito già nel 1982 per controlli nel settore dell’ippica, presso l’attuale Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo, è attiva una struttura specializza dell’Arma per il controllo della filiera agroalimentare, con il supporto dei NAS, costituiti a loro volta nel 1962; già nel 1816 tra le “incumbenze” istituzionali dell’Arma figuravano quelle di arrestare i devastatori dei boschi e i guastatori di strade, alberi, siepi, fossi e simili, nonché di vigilare sulle guardie campestri. Con l’assorbimento del Corpo Forestale nell’Arma è stata costituita la più forte Polizia ambientale, quantomeno, d’Europa.
L’obiezione di chi rilevava un impedimento nel diverso status degli appartenenti all’Arma e al Corpo, militare per i primi e civile per i secondi, era evidentemente priva di fondamento giuridico. Né era possibile pensare a un transito nell’Arma in condizione diversa da quella militare, intrinsecamente e irrinunciabilmente connessa con l’ordinamento, le funzioni e le modalità d’esercizio dei compiti istituzionali dell’Arma, posta a garanzia della funzionalità dell’Istituzione e del suo insostituibile ruolo nel Comparto della sicurezza e difesa.
Il fatto che prima d’ora, sotto la Costituzione democratica e repubblicana, mai fosse avvenuto che appartenenti a un Corpo a ordinamento civile venissero militarizzati mentre due volte si era fatto il contrario (per la Polizia di Stato, nata dalle Guardie di Pubblica Sicurezza nel 1981, e per la Polizia Penitenziaria, nata dagli Agenti di Custodia nel 1990: entrambe smilitarizzate), non toglieva che nessuna legge o principio di diritto lo impedisse. Anzi, v’erano fondate ragioni per ritenere che la militarizzazione di una Forza di polizia avesse piena cittadinanza nel nostro ordinamento purché motivata da ragioni funzionali e attuata salvaguardando il diritto dei singoli a una diversa scelta. Bastava pensare: alla sentenza 422/94 della Corte Costituzionale, che ha evidenziato l’analogia tra le strutture ordinative delle Forze di polizia a prescindere dallo status dei loro appartenenti; alla sentenza 449/99 della stessa Corte, laddove ha affermato che l’ordinamento militare è rispettoso e garante dei diritti sostanziali e processuali di tutti i cittadini; alla legge n.121 del 1981, che, nell’istituire la Polizia di Stato, ha sancito che gli appartenenti ad essa sono tenuti ad eseguire gli ordini impartiti dai “superiori gerarchici od operativi”; ai comuni obblighi e divieti di legge derivanti dall’appartenenza ad Istituzioni preposte a compiti di sicurezza; alla previsione di uno stesso trattamento economico e previdenziale.
D’altra parte, la tutela data dai sindacati alle Forze di polizia a ordinamento civile trovava un corrispettivo nella Rappresentanza militare, anch’essa elettiva e autonoma dalla scala gerarchica; è comunque argomento superato dopo la sentenza n. 120/2018 della Corte Costituzionale che ha esteso alle Forze armate la possibilità di costituire sindacati. E, peraltro, la Risoluzione 34/169 del 1979 dell’Onu ha chiaramente indicato che le attribuzioni di pubblica sicurezza possono ben trovare collocazione in àmbito militare, mentre la Ue, per ultimo nella Risoluzione del Parlamento 2071/2010, per la sicurezza ha auspicato un approccio funzionale che privilegi le capacità integrate e multipolari.
In ogni caso, la sentenza n. 170/2019 della Corte Costituzionale ha affermato una verità incontrovertibile: l’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato nell’Arma è legittimo; la militarizzazione dei già appartenenti al Corpo è altrettanto legittima.
Ne consegue che lo status militare per l’appartenente a una Forza di polizia non è retaggio del passato ma, al contrario, è condizione attuale e moderna, particolarmente idonea per l’assolvimento di funzioni fondamentali del potere esecutivo dello Stato di diritto, quali quelle di far rispettare la legge e di dare sicurezza alla Nazione, alle Istituzioni e ai cittadini, proteggendoli da ogni tipo di aggressione in un contesto sempre più ampio, multiforme e complesso.
Le capacità integrate – civili e militari – dell’Arma dei Carabinieri possono assicurare le migliori condizioni e dare la massima garanzia per l’assolvimento di compiti di polizia generale e specializzata, come nel campo della difesa ambientale e paesaggistica. Lo sanno bene anche all’estero, dove i Carabinieri sono universalmente noti, apprezzati e ricercati come vera eccellenza italiana.
Questa è la situazione attuale delle cose in materia di sicurezza e protezione ambientale in Italia.
È possibile che in Parlamento vi sia chi pensi a nuovi provvedimenti legislativi che cassino la riforma in atto da un anno e mezzo per rendere autonome in materia anche le Regioni a Statuto ordinario oppure per ricostituire un separato Corpo statale. Non si parli, però, di motivi di razionalità, funzionalità ed efficienza, di migliore difesa e salvaguardia dell’ambiente, in sintesi di interesse pubblico, ma piuttosto, si dica chiaramente di ragioni politiche, di parte, di gruppo o personali.
Leggi anche
“Noi, il corpo militare primo al mondo per tutela ambientale”