Aumentano divario e disparità tra i paesi del Nord e del Sud del Mediterraneo, perde peso e centralità politica e logistica l’Italia.
Sono i due elementi più importanti che emergono dal Rapporto sulle economie del Mediterraneo curato dall’Istituto di Studi sulle società del Mediterraneo del Cnr. Lo studio, pubblicato dal 2003 e con cadenza annuale, è uno strumento importante per comprendere le dinamiche socio-politiche ed economiche che riguardano il Sud d’Europa, grazie alla profondità delle considerazioni e all’ampiezza degli scenari esaminati.
In un periodo di grande cambiamento, gli obiettivi e gli strumenti della politica mediterranea europea – si legge nel Rapporto – vanno ripensati, allo scopo di raccogliere elementi idonei a rafforzarla e a rinnovarla. Non è un caso, del resto, che il Mediterraneo sia considerato un caso di studio rappresentativo delle relazioni tra il Nord e il Sud del mondo: il Mediterraneo, infatti, presenta tutte le contraddizioni e le criticità di uno spazio disomogeneo all’interno del quale entrano in contatto paesi con forti diseguaglianze economiche, processi di democratizzazione in fieri e dagli esiti ancora incerti e conflitti mai risolti che alimentano un perenne stato di instabilità politica.
Nel rapporto – presentato a Napoli, edito da Il Mulino ‒ emergono le disparità tra i paesi della sponda settentrionale e quelli della sponda sud-orientale e le differenze sociali nei singoli Stati del Mediterraneo, con sottolineatura dei diversi modelli di sviluppo economico e dei sistemi di gestione del fenomeno migratorio. Il Rapporto rappresenta un osservatorio sulle dinamiche di cooperazione socio-economica in àmbito euromediterraneo, analizzate nei loro aspetti fondamentali – popolazione, commercio, investimenti esteri, ambiente, ecc. – e focalizzate sulle relazioni euro-mediterranee e sulle interdipendenze che si manifestano tra le rive del bacino. Un dato da considerare è quello relativo alla perdita di peso politico dell’Italia, e ciò con particolare riferimento alla perdita di posizioni commerciali sulla riva Sud ed Est, a vantaggio di potenze europee extramediterranee, come la Germania, ma anche alla perdita di centralità logistica, con il declassamento dei porti italiani sempre più esposti alla concorrenza di altri scali europei mediterranei e sud-mediterranei. Il messaggio che ne viene fuori è quello della imprescindibilità, per l’Europa, di governare fenomeni complessi come la pressione migratoria, la presenza di vecchi conflitti mai risolti sulla riva sud-orientale (il conflitto arabo-israeliano, le continue tensioni in Libano) e di nuove guerre civili in Libia e in Siria, ma anche la necessità di guardare al Mediterraneo con un sguardo che non sia solo quello del Nord Europa, al fine di favorire una interlocuzione in grado di far emergere complementarietà, convergenze, sinergie.
Come ha avuto modo di evidenziare Salvatore Capasso, direttore Cnr-Issm «il quadro geopolitico internazionale, già molto fluido, i rapporti tra i diversi attori internazionali e regionali, l’elevata instabilità e conflittualità della regione, sono tra i fattori alla base di molti fenomeni analizzati nel Rapporto e, tra questi, il cosiddetto eccezionalismo arabo, cioè l’apparente inconciliabilità tra governance democratica e sviluppo economico nei paesi meridionali e orientali del bacino, dove permangono forti differenze nella distribuzione delle risorse che ostacolano una crescita inclusiva, pur in un contesto di attenuazione delle divergenze di reddito e di crescita tra paesi a nord e a sud del Mediterraneo».
«Nei Paesi mediterranei del Sud la quota di popolazione sotto la soglia minima di povertà (1$ al giorno) è bassa, ma aumenta drasticamente se si assume la soglia di 2$ al giorno. Una gran parte della popolazione è, quindi, soggetta al minimo shock negativo, per esempio, quando i prezzi del cibo o del carburante aumentano», spiega Anna Maria Ferragina, ricercatrice associata Cnr-Issm e autrice del Rapporto. Sono, inoltre, tipiche di quest’area le dicotomie fra aree urbane e rurali, l’inaccessibilità di alcune aree, la densità costiera, che creano una forte competizione in attività come turismo, agricoltura e pesca.
Temi centrali per il futuro delle società del Mediterraneo sono l’ambiente e gli effetti di medio e lungo periodo del cambiamento climatico: l’intera area risulta, infatti, esposta a forti rischi e ancor di più i Paesi della sponda sud-orientale che presentano i più elevati indici di vulnerabilità, oltre che minori capacità di risposta a causa di più bassi livelli di sviluppo economico. Il testo affronta il tema del quadro geopolitico del Mediterraneo, e, quindi, le dinamiche relative all’area mediorientale e nord-africana, facendo chiarezza sull’intricato groviglio politico e diplomatico che riguarda essenzialmente i quattro Paesi dell’area: Iraq, Siria, Yemen e Libia, dove si registrano le maggiori tensioni e sui quali si gioca una partita politica, con il coinvolgimento delle grandi superpotenze, al fine di ottenere l’ egemonia economica.