Il “1° Rapporto sul commercio illecito nel settore tabacco e E-cig” realizzato dalla Fondazione Osservatorio Agromafie e dall’Eurispes, con il contributo di Philip Morris Italia, parte dalla constatazione che la tesi secondo la quale il business legato al contrabbando di tabacco sarebbe tutto sommato ormai marginale, anzi trascurato dalle mafie, è sconfessata dai dati ufficiali delle principali agenzie internazionali e da alcune importanti operazioni investigative condotte dalla Forze dell’ordine.
È, al contrario, evidente la corsa delle mafie ad accaparrarsi le aree non solo depresse ma anche quelle più sviluppate dal punto di vista economico.
I dati del tabacco di contrabbando nel mondo e la perdita di gettito fiscale
Il World Health Organization, ad esempio, stima che le sigarette di contrabbando rappresentino tra il 6 e il 9% del consumo totale di sigarette nel mondo. Una cifra enorme, soprattutto in una fase economica assai delicata come quella che vede il combinato disposto dato dalla crisi energetica e dalla guerra in Ucraina.
I prodotti non manufatti dalle company proprietarie del brand ed i prodotti introdotti illegalmente in un determinato mercato non sono sottoposti a tasse e accise nazionali, e venduti al consumatore finale non attraverso la filiera legale e controllata. La perdita totale di gettito fiscale generata dal contrabbando e dall’immissione nel mercato di prodotti contraffatti sarebbe di 10,4 miliardi di euro, in crescita.
Questo mercato parallelo genera elevatissimi utili illegali, a loro volta non soggetti a tassazione. Agli introiti mancati per lo Stato corrispondono grandi incassi per l’economia criminale: uno stock finanziario considerevole in grado di lubrificare i meccanismi che assicurano alle mafie una quota non irrilevante di consenso sociale.
Il peso delle tasse incide sulla propensione a rivolgersi al mercato illecito del tabacco
È importante sottolineare che le politiche fiscali dei diversi paesi incidono in modo determinante sul fenomeno del contrabbando: il peso di tasse di consumo e accise sul singolo pacchetto è rilevante, poiché raramente è al di sotto il 50% del costo finale.
Si pensi alla Francia, l’Irlanda, la Finlandia, dove il pacchetto ha prezzi medi molto superiori o comunque vicini ai 10 euro, e che presentano quote di contraffazione e contrabbando che superano abbondantemente il 10%.
Emblematico è in particolare il caso della Francia dove l’aumento del prezzo delle sigarette di ben il 50% in 3 anni (da meno di 7 euro ad oltre 10 euro) ha fatto sì che la quota relativa alle sigarette contraffatte, quasi nulla nel 2017, ora rappresenti il 15% del consumo complessivo.
Per contro, la prevalenza del fumo ha conosciuto una riduzione modesta nonostante il forte aumento di prezzo nel triennio (-1,4% tra il 2017 ed il 2020). Ciò significa che l’aumento del prezzo del singolo pacchetto non agisce come elemento dissuasore per gli acquirenti. Infatti, la strategia francese di contrasto al fumo, basata sul forte aumento del prezzo dei pacchetti, ha avuto scarso impatto sui consumi, mentre ha favorito la crescita incontrollata del mercato illecito.
A spiegare l’elevata quota di contraffazione e contrabbando in paesi come la Grecia, la Lituania e Lettonia che, al contrario di quelli appena citati, non presentano prezzi del pacchetto particolarmente elevati, è, invece, la contiguità di queste nazioni con aree non Ue nelle quali il prezzo del pacchetto di sigarette è notevolmente più basso ed il tasso di economia illegale è tendenzialmente più elevato.
Prezzi più bassi e minori controlli di legalità facilitano l’ingresso sia di sigarette frutto di contraffazione sia di Illicit White nei paesi confinanti per essere lì consumati, o per transitare verso altre aree.
Il caso italiano
Se nelle prime posizioni per percentuale di sigarette contraffatte e di contrabbando si collocano Francia, Grecia e Lituania, tra le grandi nazioni europee l’Italia presenta il dato più basso (2,2%, rispetto alla media continentale dell’8,1%). Inoltre, in Italia il trend conferma una diminuzione.
Le politiche fiscali avvedute che negli ultimi anni collocano il prezzo del pacchetto “italiano” nella parte media della classifica europea.
Ma a comprimere la diffusione dei traffici illegali del tabacco in Italia è stata ed è soprattutto la progressiva capacità di controllo e repressione manifestata dalle Forze dell’ordine come pure l’efficace attenzione prestata al fenomeno dalle Autorità preposte (in particolare Guardia di Finanza, Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, DDA, Criminalpol e la Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo).
La necessità di una normativa condivisa tra i diversi paesi e di regole più stringenti
La lotta al contrabbando e alla contraffazione si svolge essenzialmente lungo i confini dell’Ue, dove una cintura doganale continua esercita la sua funzione di contrasto del traffico illecito. Il controllo doganale è affidato ai singoli Stati membri, ed è evidente che il sistema può funzionare solo a patto che nessuno Stato bari.
Ma se il controllo doganale risulta alquanto efficace ai nostri confini, non è così per altri perimetri doganali in altri paesi membri.
I traffici d’entrata in Ue si spostano così nei punti in cui è più facile accedere, facendo fare il “giro largo” alle merci ed evitando porti commerciali ‒ italiani ad esempio ‒ di più facile accesso dal Canale di Suez.
Questa disparità di trattamento fa entrare, pericolosamente, in Europa merci contraffatte, e ciò unicamente nell’interesse economico dei paesi che fondano la propria ricchezza su trasporti e commercio. Dunque, le merci dirette in Italia che le nostre autorità avrebbero sequestrato in quanto contraffatte, o tassato al valore reale, se sdoganate da Stati membri a controllo blando, senza dover subire ulteriori controlli possono raggiungere ugualmente l’Europa e l’Italia, che in questo modo ne sopporta il danno erariale, il danno funzionale della logistica, della trasportistica e del relativo indotto occupazionale.
Si può quindi affermare che nell’area del consumo di tabacco si manifesta una sorta di parallelismo tra mercato legale e mercato illegale che competono sul prezzo, potendo contare su una domanda molto forte e parcellizzata espressa da milioni di singoli consumatori.
Aumentare la tassazione non è la soluzione. Il contrasto al contrabbando si deve attuare attraverso un aumento dei controlli e una normativa comune ai diversi paesi.
*Gian Maria Fara, Presidente dell’Eurispes.