I lavoratori dello spettacolo sono stati, direttamente o indirettamente, un argomento di discussione messo in primo piano dalla pandemia. La loro attività di creazione di contenuti artistici ha alleviato le solitudini e i cambiamenti di quel particolare momento, ma sono tante le contraddizioni relative alla loro condizione previdenziale e fiscale. L’impossibilità, dettata dalla pandemia, di esibirsi dal vivo e di creare momenti aggregativi ha lasciato per un anno i lavoratori dello spettacolo senza risorse e, in molti casi, senza la possibilità di accedere agli aiuti straordinari erogati ad hoc dal governo. Non sono mancate le proteste delle maestranze e degli artisti che chiedevano il ripristino delle attività in sicurezza. L’adesione alla protesta dell’aprile scorso, denominata dei “bauli” – che dovevano essere 419 come i giorni passati da quando i lavoratori dello spettacolo e degli eventi erano impossibilitati a svolgere la propria professione dall’inizio dei lockdown – è stata enorme. Mille sono stati i bauli portati in Piazza del Popolo a Roma, simbolo delle maestranze ma anche di tanti noti artisti che vi hanno aderito.
«I nostri artisti, che ci fanno divertire»
Cosa ne sarebbe stato delle lunghe settimane di confinamento, tra marzo e maggio del 2020, senza la musica, il teatro, il cinema, insomma l’arte e lo spettacolo in tutte le sue forme? L’importanza di dare valore al comparto dello spettacolo, che dovrebbe essere la norma, nella prima fase della pandemia ha generato un momento di grande consapevolezza di quanto esso sia vitale e imprescindibile. Ciò ha reso evidente quanto un settore fondamentale per la vita e lo sviluppo degli individui all’interno della società fosse stato dimenticato dal welfare. La marginalizzazione dei lavoratori dello spettacolo è stata tanto dibattuta da essere citata anche in un famoso discorso dell’allora premier Giuseppe Conte, che auspicava un occhio di riguardo per «i nostri artisti, che ci fanno divertire», definizione discutibile e fonte di polemiche in quanto fu recepita da molti come parziale o giullaresca.
Sta avvenendo un riordino dell’intero settore, ma soprattutto il riconoscimento della sua specificità
Per i lavoratori dello spettacolo, circa 260mila in Italia, dal primo luglio le cose sono cambiate in tema di Welfare. Passati i mesi peggiori, sta avvenendo un riordino dell’intero settore, ma soprattutto il riconoscimento della specificità del settore dello spettacolo, che non può essere assoggettato a dinamiche ordinarie e soprattutto va tutelato e difeso.
A partire dal Decreto Sostegni bis, un corposo intervento congiunto del Ministero del Lavoro e della Cultura promette di scrivere una nuova pagina in materia di welfare per il comparto spettacolo. La volontà sembra essere quella di affrontare una questione nata in piena emergenza Covid. «Sono stati mesi drammatici – ha dichiarato recentemente Lorenzo Casini, capo di gabinetto del ministero della Cultura – che hanno almeno permesso di colmare finalmente molte lacune normative. Siamo riusciti a raccogliere, grazie a un continuo lavoro di ascolto e studio, la maggior parte delle giuste istanze rappresentate da organizzazioni sindacali e associazioni».
Le misure del Welfare per i lavoratori dello spettacolo
Dopo le misure nel Dl Sostegni bis, il quadro si completerà con un disegno di legge e la riforma degli ammortizzatori sociali, in arrivo nei prossimi mesi. Cosa cambia per i lavoratori dello spettacolo? Il primo passo è stato il rafforzamento delle tutele assistenziali, possibili grazie all’adeguamento di misure e sostegni al carattere strutturalmente discontinuo delle prestazioni lavorative. La discontinuità non era stata fino ad oggi riconosciuta dalla normativa italiana come elemento distintivo delle prestazioni lavorative nello spettacolo. Le norme, di fatto, hanno impedito a migliaia di lavoratori di accedere a diritti costituzionalmente garantiti: dall’indennità di malattia a quella di maternità fino al trattamento pensionistico.
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Tra i provvedimenti previsti, un’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (a carico dell’Inail) per i lavoratori iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo. Inoltre per accedere all’indennità di malattia, si richiede il possesso non più di 100, bensì di 40 contributi giornalieri versati al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo dal primo gennaio dell’anno precedente l’insorgenza della malattia.
Dal primo gennaio 2022, invece, partirà l’Alas, ossia l’assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori autonomi dello spettacolo, fino a oggi sprovvisti di ammortizzatori di questo tipo e senza possibilità di accedere alla Naspi. L’Alas rappresenta una misura di tutela molto importante per un comparto che ancora sta subendo le conseguenze sociali della pandemia.
Lavoratori dello spettacolo da tutelare e valorizzare
«Quella di oggi è una giornata storica per il settore dello spettacolo. Con il ministro del LavoroOrlando abbiamo portato in Consiglio dei Ministri un pacchetto di misure significative per assicurare adeguate tutele assistenziali e previdenziali ai lavoratori dello spettacolo e correggere le numerose storture emerse negli ultimi anni e divenute non più sostenibili soprattutto dopo la pandemia. Sono norme fortemente attese, frutto di un attento lavoro di ascolto delle categorie». Così ha commentato il Ministro della Cultura Franceschini le norme del decreto Sostegni Bis che rafforzano le tutele dei lavoratori dello spettacolo. Nei prossimi mesi ci sarà modo di comprendere a pieno se le i provvedimenti in programma sono in grado di tutelare e soprattutto di valorizzare una delle industrie fondamentali del nostro Paese, che non crea (solo) divertimento bensì cultura e crescita.