HomeEconomiaPNRR: un modello più snello di governance per l’Italia

PNRR: un modello più snello di governance per l’Italia

di
Claudia Bugno*

Le sfide poste dal PNRR potrebbero segnare una svolta storica nell’accelerazione delle nuove politiche di sviluppo, come quelle relative alle transizioni verde e digitale (le cosidette “transizioni gemelle”), nonché per il recupero dei ritardi del Paese: dalla “questione meridionale”, al divario nello sviluppo tra le aree centrali e urbane e le zone marginali; dal gap infrastrutturale, alla carenza di competenze innovative. Partendo da queste ambizioni, ed in considerazione di un orizzonte temporale per l’impiego delle risorse e per il raggiungimento di obiettivi e traguardi assai breve (entro il 2026), la governance del Piano ricopre un ruolo cruciale per l’attuazione degli interventi. Sulla base di questa consapevolezza, sono state create strutture (anche tecniche) e rapporti interni che possano mantenere una propria integrità e sopravvivere oltre la scadenza naturale dell’attuale legislatura, prevista a marzo 2023.

Come è strutturata la governance del PNRR

Con il Decreto Legge n.77 del 31 maggio 2021 ( “Decreto Semplificazioni”), convertito con modificazioni dalla legge n.108 del 29 luglio 2021, è stato definito un modello di governance articolato su due livelli di gestione, che prevede al suo interno dialoghi continui tra le Unità centrali e la Commissione Europea, oltre a confronti con Enti territoriali e parti sociali in tutte le fasi di attuazione, controllo e rendicontazione per il pieno conseguimento di traguardi e obiettivi previsti dal Piano. La struttura può essere sintetizzata in tre attori principali:

  1. un apparato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con responsabilità di indirizzo, articolata in:
    • una Cabina di Regia, presieduta dal Presidente del Consiglio con la partecipazione dei Ministri e Sottosegretari competenti per materia. Ha il compito di indirizzo e impulso, e trasmette alle Camere, semestralmente, uno stato sull’attuazione del Piano. Da sottolineare che il ruolo di indirizzo, impulso e coordinamento tecnico nelle materie di rispettiva competenza (e pilastri del Piano) è svolto anche dai Comitati interministeriali per la transizione digitale e per la transizione ecologica;
    • un Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale, per la consultazione delle parti sociali, composto da rappresentanti del Governo, Regioni, Enti locali, organismi associativi, categorie produttive e sociali, Università e ricerca scientifica e società civile, con funzioni consultive in chiave di attuazione del PNRR;
    • una segreteria tecnica, per supportare le attività della Cabina di Regia e del Tavolo permanente, con una durata del proprio mandato superiore a quella del Governo, estendendosi fino al 31/12/2026;
    • un’unità per la razionalizzazione e il miglioramento dell’efficacia della regolazione, istituita presso il DAGL della Presidenza del Consiglio, che opera in raccordo con il gruppo di lavoro sull’analisi d’impatto della regolamentazione istituito presso la Presidenza del Consiglio.
  2. il successivo livello di governance è dato dal Servizio Centrale per il PNRR istituito presso il Ministero dell’Economia – Dipartimento della Ragioneria Generale, con compiti di monitoraggio, rendicontazione. Si occupa della gestione dei flussi finanziari del Fondo Rotativo NGEU-Italia, nonché del monitoraggio degli investimenti e delle riforme previste nel Piano di concerto con l’Unità di missione per la valutazione dello stato di attuazione delle milestone e target. Il Servizio Centrale, vista la propria funzione di rendicontazione, rappresenta il punto di collegamento nazionale con la Commissione Europea. All’interno della stessa Ragioneria di Stato viene, inoltre, istituito un organismo di audit del PNRR per prevenire, identificare, segnalare e correggere casi di frode, corruzione o conflitto di interesse;
  3. l’attuazione dei singoli interventi spetta poi alle Amministrazioni centrali (Ministeri), alle Regioni e agli Enti locali, sulla base delle competenze istituzionali, tenuto conto del settore di riferimento e della natura dell’intervento.
    • Presso ciascuna Amministrazione centrale responsabile di una Missione è prevista una struttura di coordinamento che agisce come punto di contatto con il Servizio Centrale, con la funzione di monitorare e verificare l’attuazione degli interventi. Le Amministrazioni svolgono una supervisione generale sull’attuazione dell’investimento/riforma di riferimento e rendicontano le relative spese, nonché target e milestone: possono ricorrere al supporto tecnico operativo di task-force attivate attraverso società pubbliche che istituzionalmente affiancano le PA e possono potenziare la dotazione di risorse umane; per sostenere la definizione e l’avvio delle procedure di affidamento ed accelerare l’attuazione degli investimenti pubblici, le Amministrazioni interessate mediante apposite convenzioni possono avvalersi del supporto tecnico-operativo di società in house.

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Una struttura del Piano così articolata era necessaria per la realizzazione degli interventi. Basti pensare alle difficoltà derivanti da un sistema di governance-Paese stratificata e multilivello che rende viscosi i percorsi progettuali dal basso verso l’alto e viceversa, con tutte le criticità nei rapporti tra Amministrazioni centrali e periferiche spesso in grado di ostacolare la possibilità di cogliere opportunità preziose. Situazione ben diversa da paesi quali la Germania e la Francia, ad esempio: nella prima è la struttura federale a consentire interventi e ascolto dei bisogni localizzati e su misura: nella seconda, la struttura Amministrativa locale prevede elementi di centralità, unitarietà e uniformità, che rendono il dialogo centrale-locale un processo molto più lineare di quanto avvenga nel nostro Paese, nonostante la Francia conti comuni pari ad oltre 4 volte i nostri, che sono circa 7.900.

 

*Responsabile per l’Istituto dell’Osservatorio per lo Sviluppo dei Territori Eurispes/RGS.

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