La lotta alle mafie non può arrestarsi per alcun motivo e anzi deve essere capace di allargare il proprio fronte per evitare il radicarsi del fenomeno criminale e della sua capacità di condizionare l’organizzazione propria della democrazia. Si tratta di un impegno che deve valere soprattutto in una fase delicata come quella attuale, per gli effetti del coronavirus e per la gestione prossima di molti miliardi di euro che serviranno per investimenti strategici in settori in cui le presenze mafiose sono stabili da decenni. Quegli stanziamenti devono essere invece usati per realizzare progetti avanzati, anche infrastrutturali ma in primis di natura sociale, fondamentali per il progresso del Paese. Denaro che non può certo finire nelle società legate alle mafie e ai loro referenti criminali. Per questa ragione è importante accogliere con favore una notizia che molti hanno definito dirompente e finalmente positiva. Una notizia di quelle che fanno immaginare un futuro davvero migliore per tutti. Almeno questo è l’auspicio.
L’Italia è fonte di ispirazione per la legislazione europea sul fronte della lotta alle mafie e al riciclaggio
La notizia riguarda l’entrata in vigore del regolamento Ue 2018/1805 sul riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e confisca. L’Italia, sotto questo profilo, ha fatto scuola e ancora è fonte di ispirazione per la legislazione europea sul fronte della lotta alle mafie e al riciclaggio. Una scuola che deriva da decenni di impegno, analisi, studio da parte di magistrati, forze dell’ordine e istituti di ricerca che non hanno mai mancato di sollecitare politiche, norme, procedure avanzate di contrasto reale ai patrimoni mafiosi.
Un punto a favore della lotta alle mafie
Sotto questo profilo, la direzione centrale Anticrimine del dipartimento di Pubblica sicurezza, guidato da Franco Gabrielli, ha inviato nei giorni scorsi a tutti i questori italiani una circolare stringata ma dalla portata operativa rivoluzionaria. Scrive infatti il prefetto Francesco Messina, direttore centrale: «L’esigenza di contrastare con misure più efficaci e incisive la proiezione internazionale di fenomeni criminali “lucrogenetici” ha determinato un rafforzamento, in ambito europeo, degli strumenti di cooperazione tra gli Stati». Il nuovo regolamento Ue si applica «a tutti i provvedimenti di congelamento e tutti i provvedimenti di confisca emessi nel quadro di un provvedimento penale». Esso comprende sequestri e confische preventive, fondati comunque sulla «pericolosità sociale» dei soggetti colpiti. Un punto a favore dunque della lotta alle mafie, passato sotto silenzio in un dibattito concentrato sulla pandemia e sulla crisi politica in corso nel Paese.
La confisca e il congelamento dei beni da oggi si estende oltre i confini nazionali
Ma di cosa si tratta? In pratica l’autorità «di emissione», ossia il pubblico ministero o il giudice, della confisca o congelamento dei beni può ora inviare il provvedimento a quella di esecuzione situata anche nello Stato estero dove si trova il bene mafioso per applicare ad esso il proprio mandato nonostante la sua residenzialità esterna ai confini nazionali.
Sotto questo punto di vista, per la prima volta, l’autorità di esecuzione del provvedimento, anche se appartenente ad un paese estero dell’Ue, deve procedere «senza ritardo», afferma il regolamento dell’Unione, alla sua applicazione per riuscire ad incidere con potenza inusuale sul bene mafioso. Per l’Italia, ricorda il prefetto Messina, «il Ministero della Giustizia è stato designato quale autorità centrale responsabile della trasmissione e ricezione amministrativa dei certificati di congelamento e confisca». I questori dovranno così informare le loro divisioni anticrimimine «in collaborazione con le autorità giudiziarie» non appena ci sarà una «esecuzione in territorio estero di provvedimenti di sequestro e confisca».
Il consolidamento europeo di un pilastro della nostra normativa antimafia
La portata del nuovo regolamento Ue è significativa. Essa, infatti, introduce per i sequestri e le confische il principio del mutuo riconoscimento tra gli Stati dell’Unione, superando le difficoltà o l’impossibilità di cooperazione antimafia finora giustificate dai diversi modelli di confisca nei paesi membri. Si tratta di un altro passo in avanti nel consolidamento europeo di una legge italiana visionaria e illuminata, la Rognoni-La Torre del 1982, pilastro della nostra normativa antimafia ed orgoglio per tutti coloro che ne conoscono la genesi e l’importanza. La Torre perse la vita per il suo impegno antimafia in una Sicilia governata troppo spesso da un sistema colluso politico-mafioso ma anche capace di esprimere un movimento antimafia che ha saputo scrivere pagine straordinarie, anche se a volte macchiate dal sangue di innocenti.
Criminalità e Covid-19: la mafia nella busta della spesa
La nuova normativa europea coinvolge le procure, compresa quella nazionale Antimafia, i tribunali e le forze dell’ordine, a partire dall’Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza, con la delega di polizia giudiziaria, ma anche gli uffici giudiziari, i questori e la Dia per le misure di prevenzione. Sul piano operativo, si rafforza il collegamento tra questori e direzione Anticrimine e si intensifica il ruolo dello Sca (servizio centrale anticrimine) ricordato nella circolare e con esso aumentano le speranze di vedere presto definitivamente scomparire dal nostro Paese e in Europa ogni mafia e loro interesse patrimoniale. Probabilmente Falcone, Borsellino, Cassarà, Caponnetto, La Torre, Mattarella e molti altri uomini e donne che hanno dato la loro vita per lottare contro le mafie sarebbero oggi felici di questo provvedimento e sicuramente più determinati a contrastare questo fenomeno criminale.